lunedì, novembre 20, 2017

il mio derby in testa

Insomma dai, io tifo per due squadre.

La mia squadra è la Fiorentina, lo è da sempre, visceralmente. L'ho vista dal vivo 53729 volte, da Roma a Glasgow, da Imola a Gubbio. Mi ha fatto piangere e soffrire. Perchè il calcio è sofferenza. Mi ha fatto sentire parte di qualcosa. Mi ha insegnato tanto. 
La mia amica è la Spal, la squadra della mia mia città. L'ho vissuta a 18 anni con gli amici, trasferte bellissime che sono state un pò la mia formazione sul campo, poi è stata il bar sport la domenica con gli amici, il posto dove ritrovarsi, poi di nuovo a 40 con gli stessi amici, è tornata ad essere incredibilmente fonte di passione, dopo essersi fatta dimenticare per tanto tempo. E ieri, come in una catarsi, per la prima volta incontrava mia moglie, quella con cui ho la condivisione dei beni immateriali.

Ecco l'ho detto. E so che non si deve. E so che, in fondo, siete in tanti come me.
E d'altronde com'era possibile che andasse diversamente.. mi sono appassionato di calcio subito dopo i mondiali dell'82, il Mundial, e mio padre mi portava a vedere quella squadra che aveva quel capellone biondo con la maglia numero 10, quello sfortunato che non aveva mai vinto niente, ma un mondiale sì, e guardava le stelle. A mio padre della Spal è sempre interessato poco, da quando ha avuto qualche soldo in tasca era già nelle paludi della B e C, e chi glielo faceva fare allora.

E allora ci pensava mio nonno, provava lui a tenere accesa la fiammella, andavo ogni tanto in gradinata con lui ma sarete d'accordo con me che innamorarsi di Paradiso o di Primizio non era facile (di Fermanelli forse sì, ma lì ci sarebbe da aprire un capitolo a parte..) quando alla tv (e nel mio caso, allo stadio ogni tanto con papà) vedevi dei campioni così grandi e iconici.Come me, lo so benissimo, tutti i miei amici d'infanzia e d'adolescenza. E pure tanti di quanti ho conosciuto dopo. La Spal stava simpatica a tutti, molti andavano allo stadio e conoscevano i cori della curva fin da bimbi, ma principalmente seguivano le squadre con le strisce, le punizioni di Platini e i tiri di Rumenigge, e dopo dei 3 olandesi. 
Poi si andava alla Spal, quasi come che non fosse peccato, tanto era come un altro sport, tante erano le categorie che la distanziavano dalle squadre che si vedevano in tv alla domenica.Ogni tanto sbucava un ragazzo che diceva che lui era della Spal, e gli altri di rimando a sollecitarlo "no dai, non è possibile.. ok siamo tutti della Spal, ma qual'è la squadra forte per cui fai il tifo?!"

Crescere in un clima così ti distrae da tante domande, ti sembra possibile fare ed accettare più o meno tutto, anche vedere il sabato un Fiorentina-Juventus dal vivo poi il giorno successivo invadere Cento per il derby della C2, tanto "sono sport diversi". E' come avere una moglie e una migliore amica, che poi col tempo scopri che è possibile anche questo, nella vita vera: altrochè se è possibile. Puoi pure finirci a letto con l'amica, poi tornare dalla moglie. E continuare a farti domande.

Il tifo per lo squadrone, col tempo, ad alcuni si è radicato ad altri meno, principalmente per cause indipendenti la nostra volontà. Una cosa la so per certa: dopo l'ubriacatura di stadio e trasferte al seguito della Spal dei primi anni 90, le cose si sono messe male così a lungo che i puri spallini li abbiamo potuti contare, perchè erano pochi. Io non so se loro oggi contano più degli altri, ma io li guardo con grande ammirazione. Partite a Modena, Rovigo o Cesena ho continuato a vederne, più per affetto e appartenenza alla mia città che altro, e ho vissuto giornate al Mazza davvero umilianti, che mi convincevano a disertarlo per qualche mese per poi, inevitabilmente , ritornarci. A volte con gli amici, a volte magari col nostro stendardino che un pò tutti ci rappresenta, i miei amici ed io. 
Al contempo a Firenze arrivava Cecchi Gori, poi Batistuta e Rui Costa e gli anni dell'università si dipingevano indelebilmente di viola, con il denaro settimanale consegnato dal babbo per la settimana di studio e vita a Forlì che si trasformava in budget per vedere la viola a San Siro o in Fiesole, e il resto della settimana a mangiare creckers e tonno. Anni stupendi e anche un pò pericolosi, trasferte memorabili e ricordi perenni.

Quello della Spal sembrava sempre un altro sport, una passione che non va via ma che accarezzi perchè sai che è debole ed indifesa, perchè ti vergogni quando associano la tua città alla tua squadra che forse non esisterà più. Poi le cose accadono con una velocità tale che non fai in tempo a metabolizzare e ti ritrovi a San Siro che sì, cazzo, pensi e ora come faccio?!
So che qualcuno di quelli che sta leggendo mi ritiene un perfetto idiota e ha la risposta pronta per me: beh che lo faccia, che mi scriva. Io la risposta, non ce l'ho. 
E badate bene: io non sono una di quelli che ormai pensa che il calcio sia un hobby. per me il calcio rimane la solita passione e sofferenza di sempre, allo stadio vado tutte le volte che posso, ne parlo, ho amicizie profonde legate a Firenze, e gravitano quasi tutte attorno alla Spal quelle di Ferrara (e amo Bologna, ma non voglio terrorizzarvi del tutto con questa mia confessione odierna). 
Ma non chiedo di essere capito.

Io sono uno di quelli che "sua moglie", la squadra che si era scelto da bambino, anche grazie all'influenza del babbo, non la dimenticherà mai. Sarà sempre il primo risultato che guardo la domenica sul telefono Ma al contempo, cresce inevitabilmente quest'altra cosa che... "son ferrarese e me ne vanto!" lo cantavo a Bologna nel 1993, perchè ora no? Ora che ho trovato una società che mi fa sentire orgoglioso? Lo so, lo so.. gli psicologi stanno fregandosi le mani, che sti problemi li abbiamo in tanti (e no, non si curano)

Tifare due squadre non è il demonio, è una cosa che accade. E ritrovarsi al terzo anello di San Siro a urlare indiavolati è una cosa che da un lato aspettavi da una vita, dall'altro non avresti mai voluto vivere perchè era il terreno degli squadroni, e ora ci sono anche le maglie biancoazzurre. 
D'un tratto mi sembrano chiari tutti i paragrafi senza senso nei libri di Nick Hornby, ma è così: il tifo non conosce ragione e non ha comandamenti. 
Le gioie non si moltiplicano, le sofferenze sì, e ieri per Spal-Fiorentina il mio sistema interno è andato in tilt e non ce l'ho fatta a entrare. Avrei sofferto troppo. Forse mi sono fregato da solo, forse doveva andare così e basta.
“No, domani non ci vengo alla Spal. Io tifo Fiorentina ma sarei comunque troppo dispiaciuto se perde la Spal. E troppo incazzato se perde la viola! Questa partita era meglio non farla del tutto” così ha sintetizzato il mio babbo, molto più bravo di me.


Il giorno dopo, purtroppo, sto ancora male.

venerdì, ottobre 20, 2017

Sono i piani che muovono tutto

Sbaglio la chiave da infilare nella toppa per aprire casa.
Poi, l'altra mattina, non mi veniva più in mente nessuna delle mille password che utilizzo al lavoro.
Perchè sono mancato due settimane, certo. Ma anche per qualcosa in più, perchè ho avuto la testa in vacanza. Vado a fare la spesa e pago col bancomat, PIN: primo, secondo, ultimo tentativo..
Ok ho resettato, e ora non so se voglio davvero tornare a questo mondo qua, o lasciarmi in quello alle spalle.

Ormai un pò più di qualche giorno è passato, e il ritmo del sudamerica forse mi è già uscito di dosso, però credo che sia qualcosa che vada trattenuto, per quanto possibile, riassaporato ancora una volta perchè è qualcosa che - almeno su di me - fa effetto, ha la forza di un cambio permanente e la fascinazione del viaggio mai del tutto concluso, quindi col mistero un pò incorporato.

Un semplice momento offre il fianco allo spleen. Andrea mi lascia lungo la Avenida Forest, saranno le 5 del pomeriggio, veniamo da una giornata di chiacchiere lavoro e idee al Peru Beach, dove sono finalmente riuscito a mettere in fila un pò di contenuti per il progetto del podcast sullo Spallino, o quel che sia, e non mi par vero.
"Per arrivare all'hotel entra di qui, nelle stradine a sinistra. E' Colegiales, dicono sia il quartiere con la più alta qualità di vita della capitale, ci sentiamo domani!" e le ultime parole erano davvero corrette, perchè da allora ci saremmo inviati sfilze di messaggi vocali.

Cammino in questo quartiere ordinato, di case basse e tipiche e mi ritrovo a pensare alla loro storia, chi le aveva costruite e quando, il loro prezzo, come vivono la vita questi, che potrebbero essere i miei vicini. I ciotoli rettangolari delle strade, tutti intarsiati e levigati, con macchie di asfalto talmente perfette nel loro essere sgarruppate, che mi sa che mi sono innamorato.
Cazzo, come sempre nella vita: quel che mi piace una volta poi mi ruba il cuore per sempre, che si tratti di ragazze canzoni, istanti, oggetti, abitudini e, sì, città. Ci ho fatto 40 puntate di un romanzo radiofonico, ricordate?!
Dromomania: ebbene, più passa il tempo e più mi convinco che sia davvero Buenos Aires la città che è la mia malattia e la mia cura.

Ti starai chiedendo perchè ne sia così convint, quasi ti sento.. io lo so perchè: mi ritrovo dopo un altro pò di passi - e ti giuro non mi capita quasi mai, a onor del vero - a pensare alla felicità. Sarà la luce che filtra tra le grandi foglie dei platani e delle acacie e si stampa sui murales magnifici alle pareti, sarà la primavera, Sarà quella ragazza che passa in bici o quello che porta una nuvola di cani al guinzaglio. Sarà questo inutile giorno perfetto: cos'è la Felicità? La risposta, quella, è sempre la stessa, ormai da un pò di tempo a questa parte. La felicità è la libertà, e qui mi sento libero di poterlo finalmente pensare.

Raggiungo l'hotel e parlo un pò con la barista, che ama la mia parlata strampalata e sogna l'Italia. Gemelli diversi e perfetti sconosciuti, questo sono i ragazzi sbarbati che prestano servizio in quest'hotel, in confronto agli italiani: a me sembrano più che simili, ma con attitudini tutte diverse. Qui c'è tutto da fare, tutto è scalfito e da rinnovare, disincantato e accessibile. In Italia è scintillante o in disuso, perfetto o malandato e soprattutto inaccessibile e con l'eterna sensazione del "tutto già fatto". Fanculo, come mi ha reso sociologo questa passeggiata nella capitale.
C'è la musica di Amy Winehouse nell'aria, ma dovete sentirla anche voi, proprio in questo momento, per ricevere un pò di quelll'atmosfera che si respirava in quel momento, che sto tentando di raccontare: dai schiaccia qui.
Come fai a non pensare che la vita è bella.
Svegliarsi la mattina e stare bene, tutti i pianeti perfettamente disposti e anche l'energia giusta e la testa sgombra.. ecco, sta tutto tutto qui.
La vita è bella e la vita è sofferenza, qualunque cosa canti Amy a me mi arriva sempre questo insieme di feelings struggenti come un tango che però non è un tango e quasi non riesco a definirlo, lo stile di Amy. Però arrivo in un attimo alla conclusione che allora va bene, l'amiamo e soffriamo per lei, la vita. Intendo queste sfaccettature della vita, quelle che mi hanno portato qua, e prima in Colombia e dopo chissà dove. L'apertura, l'imprevedibilità, i piani, ché sono i piani che muovono tutto.

Ho buttato via una vita, per l'effimero di un lavoro e tante miglia aeree? oppure ho costruito il castello dei miei ricordi e delle mie idee che solo così, vivendo in diagonale come volevo, ho potuto far crescere? Ah boh, non lo saprò mai. Non rimane che godersela. Che non sai quanta ne resta, e i piani è bello realizzarli per poi farne degli altri. Da troppo, troppo ne scrivo e basta.

Buenos Aires che è la malattia e la cura.. avevo un ricordo speciale, una cosa che avevo scritto a una persona luminosa, immaginandomela accanto a me, e mi sale alla mente lì, a dodicimila chilometri da casa e a pochi metri dal mio sogno, quello di avere un motivo per ritornarci. Ci ripenso tutto il giorno, e quello dopo. Perchè questa sinapsi proprio adesso?


Andare a ritroso a leggere i messaggi, i post, le annotazioni e trasalire quando sale alla mente quell'idea pulita, cristallina come allora... ma 5 anni dopo ormai non è più lucida, è impolverata, e tu improvvisamente ti senti inadatto e senza appigli. Ma è un momento appena, perchè la testa è così in sincrono e la colonna sonora di questo vagabonding sudamericano è così perfetta che non c'è tanto tempo per fare i nostalgici.
E' una città che mi vedo vivere, con un lavoro e una famiglia, o senza lavoro e senza famiglia, ma trovando occasioni stupide per andare alla cancha o da Salgado Alimentos con Andrea per parlare di politica internazionale e figa, di import di passeggini upscale e del significato del profilo Instagram di Bonucci, di meditazione, tinder e del situazionismo di Guy Debord... Andrea, uno che ne trovi forse dieci nella vita con un mood così perfettamente in linea con il mio. Lo vorrei incontrare tutti i giorni, Andrea. E invece mi basterebbe incontrarlo due mesi l'anno e per il resto mi accontenterei di un pò di messaggi vocali al giorno, mentre la tecnologia fa il suo corso.
Frequenterei anche Valentina, con la quale vorrei tanto lavorare perchè un pizzico di riminesità nel tessuto bonarense produce un risultato quasi perfetto. Sono certo che mi farebbe iscrivere al suo circolo, giocare a tennis e magari correre una maratona. E poi Nacho e Gus e chissà chi altri, pure le nuove generazioni con i servizi a domicilio.
Fai delle liste di desideri Emanuele, colleziona tempo, comincia subito, perchè poi saranno tutti da realizzare.

Vagabonding aveva significato Bogotà prima, mai visitata prima e palestra di confronto sulle mie teorie curative del sudamerica. Sensazione di pericolo e natura selvaggia, classe ricca e classe povera, il mito di Escobar e il terrore di Escobar, "si senor" e "con mucho gusto" infilati ovunque, il bad feeling dell'imperialismo americano che penetra e inquina tutto, appiattisce tutto. E poi Sabrina, a cui sarò sempre grato, che lascia l'adorato Ecuador è marcia 25 ore di pullman per vedermi un pomeriggio, pranzare e passeggiare insieme e poi parlare di fronte a un caffè italiano (in un bar italiano, con una macchina del caffè italiana, un bancone frigorifero del gelato italiano, uniformi dei camerieri a marca italiana, scooter sul marciapiede con bandiere italiane e adesivi "46" e alcuni "58" appiccicati a tutti i motorini sparsi attorno a noi, tanto che ripenso al "Hey man, Italy still means something" che mi disse Tolga sul lungomare di Izmir e penso che sì, ha davvero ragione) di come il suo pellegrinare dalla fine del mondo fino a lì l'abbia resa una persona migliore e piena di risorse, ma anche di fiducia verso l'altro, verso il mondo. Un messaggio bellissimo che mi è rimasto addosso e conto di non scordarmelo nei prossimi scontrosi giorni di lavoro. Sabri in qualche modo irradia positività, profondità e benessere come poche altre persone al mondo e tante volte mi sono ritrovato a pensare a lei, immagino che certo non sarà un caso.

Non è tutto ordinato, lo so, perchè arriva da qualcosa di molto intimo dentro di me. Anzi, è tutto così sconclusionato che concludo dall'inizio, dal momento in cui dopo un paio di anni rivedo Andrea davanti a una birra, in un bel quartiere di una città e un paese dove il calcio è allegoria del vissuto quotidiano, dove arrabattarsi si traslittera in "parare i rigori" e chiedere un aiuto inevitabilmente diventa "supplicare un cross al centro".
Con Andrea si parla di convenevoli e poi lui in 4 minuti, 5 al massimo, mi racconta che va dallo psicologo con cui parla di questo e quello, poi va a fare meditazione e quel momento di bilanciamento gli risulta essenziale per riequilibrare l'utilizzo di mente e corpo, di pensieri di ansia e consapevolezza. Scatta il salvavita interno e - sospeso in un limbo per qualche secondo - finisco col pensare da quanto cazzo di tempo non ho una conversazione così profonda e allo stesso tempo semplice, disincantata e istruttiva. Al che lui dice qualcosa tipo "e poi arriva un contatto umano e il castello delle tue convinzioni cerebrali cade!", e al contempo mi tocca la mano, ed è come uno spleen, un momento che non so perchè mi ricorderò a lungo. E' lui il testimone di una vita piena solo di metropoli e pampa ma anche vissuta in Technicolor, più vivida e il perchè è il suo presente. Ragazzi lo so che non avete capito, ma vi basti sapere che questi diventeranno un giorno soci, e ci ritroveremo a discutere come impostare il piano strategico per il biennio successivo mangiandoci una pizza Nel Forno. Sarà un golazo de mitad de cancha! Sto posto pazzo e incompleto, furbo e creativo, dove presentano il tg dalla tv di stato in minigonna e con un'energia tutta sua, quella di tutta l'America Latina, che come dice Massi "non si può dimenticare una volta che la si conosce".

Chiudo con una considerazione: il blog non è più il mezzo adatto per queste sbrodolate romantiche e desolanti. Ma che ne so cosa sia giusto utilizzare, nel 2017? un video in slowmotion su cui io racconto i miei pensieri? Un grande direttore della fotografia per uno sfondo con i panorami mozzafiato, mentre un'assistente suadente legge le mie note? Un ologramma che si siede sul divano e ti trasmette la mia esperienza?
Non lo so, io so solo che sono stati momenti di pace e di riappropriazione di me, di piacere e di gioia di vivere. Tutto il resto, lo sapevate già.




martedì, giugno 27, 2017

il concerto che mi suonerà sempre in testa

Sabato sono andato a vedere il concerto di Eddie Vedder, e ho scoperto almeno 3 cose





Se hai qualcosa dentro, diventi qualcosa di diverso da quello che eri
Per fare una serata magica ci vuole più di una magia
Siamo ancora giovani finchè continuiamo a sommare


Ma fatemi spiegare.

Io non ci dovevo andare, è stata la mia amica Alessandra, refrattaria ai concerti, che mi ha suggerito questo appuntamento, che ha preso i biglietti.. per poi non venire. Chiaro, finisce sempre così no? Alla fine sono andato con la mia vecchia-nuova compagna di avventure musicali Emma, con la quale siamo ormai a una bella somma di serate sotto un palco. Ma non è certo solo questo.

C'è che io la voce di Eddie Vedder la conosco da un quarto di secolo, quando forse nemmeno diciottenne cominciavo a sofisticare i miei gusti e ho capito che no, i Pearl Jam non mi piacevano.
Per un sofisticato come me era più bello il suono inglese, meno corrosivo di questi cappelloni di Seattle.. si ok i Nirvana e Kurt Cobain avevano un fascino indiscutibile, ma forse - ripensandoci oggi - è stato "Achtung Baby" degli U2, uscito verso natale del 1991, a segnare una divaricazione netta tra quell'ammasso di musica che ascoltavo prima, e le scelte che sarebbero seguite.

Prima c'erano sì i Pink Floyd, ma c'era anche Vasco, Ligabue (ebbene sì), c'era qualcosa di Bowie, i "vecchi" U2, i Simple Minds..  c'era tanta merda contemporanea (ma tanta, tra fine 80s e inizio 90s..) e poi sono entrate "about a gilr" con la voce sempre indietro, sempre roca di Kurt Cobain, e quasi in contemporanea il suono nuovo degli U2 di Mysterious Ways, e io insomma ho scelto la seconda via. Che in poco tempo è diventata Massive Attack, poi Oasis, poi tante, tante cose... ma tutte abbastanza distanti dal suono ruvido e la voce lirica dei Pearl Jam, che ascoltavo sempre di straforo come un pò tutto il grunge (anche se sono sempre stato pazzo per quel diamante grezzo che è "Jar of Flies" degli Alice in Chains).

Tutto sto pippone per dire due cose, fondamentalmente: che nei primi anni 90 girava della gran musica, davvero. Losing my religion dei REM e Enjoy the Silence dei DM hanno contribuito a farmi capire che amavo il suono più pulito, più curato.. per dire. E poi che io quella musica là, chitarre e magari teste rotanti e salti e urla non lo prendevo, non pretendevo di capirlo ma non riuscivo davvero a salirci sopra. Poi Cobain si è sparato e quel sottile filo che mi teneva legato a quel mondo di Rock&Roll ruvido, scivolato nel grunge, si è spezzato per tanti, tanti anni.

Per questo sì conoscevo Vedder, ma forse senza la spinta di Ale non ci sarei mai andato, a sentirlo dal vivo.. perchè temevo la musica violenta del rock, e da ignorante e fortunato quale sono, manco sapevo che avrebbe suonato per due ore accompagnato solo da una chitarra elettrica, una acustica, un ukulele e un mandolino, solo per il breve tratto finale insieme a un altro grande musicista come Glen Hansard. Io non sapevo, ma Eddie Vedder, senza più l'impalcatura dei Pearl Jam, era evoluto fino a regalarci un concerto intimissimo per cinquantamila persone, e dio solo sa quanto intimo per ognuno di noi, sabato sera.
Per i vecchi fans dei Pearl Jam, per quelli che l'hanno conosciuto con la voce vecchia e il suono nuovo della colonna sonora di "Into the wild", per quelli che l'hanno conosciuto davvero sabato scorso, come me.
E qui lui ha dimostrato davvero di avere qualcosa dentro che lo ha fatto evolvere fino a riuscire a creare quell'epifania musicale che solo il primo concerto del Boss era riuscita a suscitare, almeno su di me.

Musica che non mi piaceva, che forse ora mi piace ma che non so se mai sarà la prima scelta, se devo mettere su un disco o un cd (scusate, sono vecchio e la musica prevalentemente la ascolto ancora così... che poi credo sia il segreto per capirci qualcosa, nella frenesia senza senso che ci circonda quotidianamente oggi, con i ricordi o le foto che si cancellano dopo poco.. ma vabbè non voglio uscire dal tema). Musica che lo so che non è la mia preferita, nemmeno oggi.. ma che mi emoziona.
Partecipazione forte, emozioni che partono dal palco e arrivano a noi lì sotto e poi ritornano al palco sotto forma di energia che genera nuova energia.. ecco quella cosa circolare lì credo di averla trovata, dal vivo, forse solo nei concerti di Springsteen e di Vedder sabato, che ripeto non sono "la mia musica prima", la mia scelta nè credo saranno mai la musica del mio funerale.

Ma forse la musica è una sola, sotto il cielo stellato.

Appunto. La magia di quella sera si respirava nell'aria, tra vecchi fans e facce del rock ormai belle pulite e con le braccia e le schiene tatuate. Ecco, forse una frattura della storia è avvenuta quando è caduto il muro di Berlino; una seconda frattura è avvenuta con l'avvento di internet; una terza è avvenuta con l'uscita di Achtung Baby (tutte in 5 anni fateci caso)... e la quarta frattura enorme della storia è successa nel momento in cui i tatuaggi hanno smesso di essere brutti e fatti male e addosso a gente borderline .. e hanno cominciato ad apparire addosso a gente figa, e sempre più grandi e colorati. Quando lo fissiamo sto momento? Boh.. prima dei selfie di sicuro, prima del ritorno dei vinili forse, prima dell'avvento dei voli lowcost forse... vabbè un'altra volta fuori tema. I titoli li ho scritti all'inizio, stavolta, facile rientrare nei binari.

Insomma: una serata perfetta si ha solo con la combinazione di magie, quindi non solo un biglietto comprato per te da altri senza nemmeno esserne del tutto convinti. Alla serata perfetta occorrono i compagni di sempre e quelli nuovi. Occorrono le sigarette simpatiche, occorre un suono sorprendente, occorre un tramonto perfetto coi fuochi sulle città del cuore, occorre che uno sconosciuto ti regali due braccialetti per il pit quando nemmeno di pensavamo. Occorre che quell'uomo enorme sul palco moltiplichi le emozioni con una serie di cover fantastiche, così che tutti si sentano un pò più vicini, un pò più dentro alla serata, con i Pink Floyd ne catturi tanti, con Neil Young altrettanti, con Imagine di John Lennon li catturi proprio tutti.
E con una stella cometa proprio alla fine di quel pezzo, una stella così pazzesca che tutti pensiamo sia un effetto speciale per quanto sia perfetta e ancora alla fine ce lo domandiamo, ma no è davvero una stella come come forse non ne rivedremo più per il resto della nostra vita.. beh allora è davvero questa, la serata perfetta, dove commuoversi per un pezzo sconosciuto che però arriva dritto al profondo, e scava ancora. Voce e chitarra e pensieri e speranze, tutto insieme e tutto bello distinto.
Questo sarà per sempre il concerto della stella cometa alla fine di Imagine, che lo vogliate o no, fans della prima ora e gente un pò lì per caso. Ma sarà, anche questo per sempre, anche molto di più, in un modo che io con le parole certo non riesco a spiegare.

Sul fatto che siamo giovani perchè accumuliamo ci ho pensato il giorno dopo, impilando il biglietto del concerto e il braccialetto del pit sopra a tanti altri.

Una volta lessi un post bellissimo su un blog altrettanto meraviglioso, in cui si ragionava che la vecchiaia comincia per sottrazione: si perdono capelli, ricordi, altezza, poi anche di più, se si subiscono operazioni. Poi si perde contatto e si entra in un dimensione diversa, mano a mano.
Noi sabato abbiamo lavorato invece sul lato dell'accumulazione: un nuovo biglietto, un nuovo cantante da seguire aspettandone il ritorno, un nuovo ricordo da mettere alle spalle, una nuova idea di come le persone che hanno davvero qualcosa da dire, lo possano dire evolvendo, in modi nuovi, senza perdere magnetismo. Poi ho fatto pace con l'unica canzone che mi è sempre piaciuta dei Pearl Jam, Black, che alla fine del viaggio di sabato, con sola voce e chitarra, mi è sembrata più bella che mai e mi ha fatto ritrovare il ragazzino che aveva fatto altre scelte, ma che ora in armonia fa spazio a suoni vecchi che diventano nuovi, a ricordi un pò ruvidi che diventano veri. Chissà... agli U2 il 16 luglio nuove sentenze!

W la musica, viva le notti sotto le stelle.

sabato, novembre 19, 2016

West coast e quel feeling che mentre lo capisci, scappa

Cos'è successo?!
Della gran roba, oh yeah.

Turchia e la differenza tra obiettivi e desideri, mesi persi a far piani invece che vivere piani, estate scivolata via, tanta tanta musica e concerti, il tempo che inizia a scivolare via veloce.

Poi sono andato in USA, a San Francisco, come ogni anno nel periodo di Halloween.
E lungo la passeggiata più bella, quella che ogni anno faccio e per me è come un rito, come un bilancio, come ferragosto e capodanno (quella tra il Ferry Building e la fine della Marina lungo il bayside, in pratica dal Bay Bridge al Golden Gate), lungo quella passeggiata ho fatto un pò il punto.

Viste dall'America le cose ti sembrano sempre un pò più facili e un pò più semplici, o meglio ti ritrovi addosso un carico maggiore di energia per affrontarle. Che vuol dire tanto.
La parola "progetto" assume un significato diverso, ci si sente un pò più pronti a partire.

Avere sulla quarantina vuol dire tanto: con contatti ed esperienza, prospettive e ambizione, libertà e ottimismo. Adesso capisco perchè molti la indicano come l'età ideale.

Nel mio caso c'è ancora tanto da fare ma la paura di un tempo lascia posto ai pensieri positivi, alle svariate possibilità ancora possibili, a un diverso utilizzo del tempo. E mentre penso "ecco l'ho capito cosa vuol dire avere 40 anni, aspetta che me lo segn..." niente, è già scappato via. La ricerca, continua!

Che poi ci penso spesso: quanto ne spreco ogni giorno, quanto ne regalo a gente che non ne merita, a progetti nati morti? Per il primo periodo della mia vita mi ritrovo a pensare davvero che il tempo è qualcosa di finito e di prezioso, va gestito. penso più al tempo che ai soldi, forse per la prima volta. Un cambio epocale. E guardo sempre più alla gente che ha fatto scelte di gestione del tempo, piuttosto che scelte di carriera. E trovo che siano i più fighi di tutti, e trovo che sia un'evoluzione.

Fermarsi e studiare bene bene almeno l'inglese sarebbe la cosa da fare, per tenere aperte tutte le possibilità, dagli USA al medio ed estremo oriente. Allora perchè no? Vedo una luce.

Poi ho capito che piaccio ai bambini, e mi piacciono i bambini. Ce ne sono due in California che attendono il mio ritorno, che è sempre una figata. C'è Giulia che in pratica è innamorata di me e anche (soprattutto forse!) se si tratta di una bimba di 7 anni anni, fa tanto piacere e porta enorme benessere. Quando una mattina in casa ha tirato fuori da un enorme armadio un libro illustrato che le avevo regalato l'anno scorso e mi ha detto "remember, I like it very much!!" confesso che quasi mi sono sciolto.
L'ultima mattina ho dovuto addirittura accompagnarli a scola, fin dentro in classe insieme al loro papà, per evitare un ammutinamento di massa!

Poi ho fatto una serata di Halloween con Massi, un pò come ai vecchi tempi con la testa dei quarantenni e il cuore di due ragazzi che hanno ancora voglia di divertirsi, e alla fine avevo un pò un senso di velata nostalgia, anzi forse saudade perchè già sentivo che quel feeling mi sarebbe mancato nelle settimane successive, nei mesi a venire perchè non farò più serate con Massi e invece ho capito proprio che se abitassimo vicini oh sì che ne faremmo ancora, hai voglia. Quindi.
Quindi si è parlato poco di politica in quel paese a stelle e striscie, energia ed esaltazione che ad aprile su una costa mi celebrava la via al socialismo di Bernie e a novembre nell'altra costa mi ha fatto intuire che invece la realtà era un'altra, la gente vuole prima di tutto essere libera di autodeterminarsi, pochi o nessun laccio addosso, siano essi aiuti ai salari minimi o tasse per la sanità a tutti. D'altra parte quelle idee possono essere viste come una limitazione alla via del proprio personale successo (e noi in Italia lo sappiamo bene: tu lavori in un posto dove se sei bravo e dai il massimo, e ottieni il massimo, puoi davvero ambire al massimo? noi siamo per "non lasciare indietro nessuno" che però si è trasformato nel pensiero contorto "tanto non mi lasciano indietro" e quindi non va quasi più un cazzo) e invece no, in America si desidera morbosamente che esista una via al totale successo per tutti, e passa attraverso fatica e dolore, gente lasciata indietro e calvinismo, lotta gli uni contro gli altri in un campo di battaglia aperto. Forse non ci capiremo mai.. l'ho scritto a Jennifer commentando le elezioni e lei per tutta risposta mi ha dato scacco "Manu non abbiamo parlato di politica ma forse abbiamo impiegato meglio il nostro tempo facendo suggestive ipotesi di lavoro, non trovi? E' il tempo di investire al meglio il proprio tempo" e.. sì, è davvero come dice lei.

Ho pensato davvero al tempo, a come ormai se lo penso come banconote dentro il mio portafoglio "sento" di averne spesa qualcuna ma in fondo è ancora bello gonfio, con un allineamento che ora è abbastanza perfetto e bello figo ma presto andrà verso una sua deriva, quindi c'è un tempo per spendere quell'idea, fare quella cosa proprio per il piacere dell'armonia, che va fatta solo adesso o sennò si suonerà stonati. Mentre pensavo a quella cosa, viaggiando come un pazzo per 630 miglia tra Napa e Las Vegas, attraversando lo Yosemite Park, Reno, il deserto con i suoi laghi incredibili e i paesaggi di una certa letteratura di chi è cresciuto leggendo Kerouac e guardando un pò di film sugli indiani e i cowboys.. dicevo mentre correvo lungo quelle strade infinite, avrò superato i limiti di velocità prima di 5, poi di 10 poi di infinite miglia e questo ha portato a una disavventura di cui parlerò presto, una roba da raccontare ai nipoti o al palco del dontellmuymom anche se temo non sarò mai così bravo da trasformare in un bel racconto il momento di folle terrore e succerssiva epifania che ho vissuto, mentre uno sconosciuto mi apostrofava con un "buddy" e dalla radio, sotto un cielo stellato come mai avevo visto prima, nell'oscurità del deserto, partiva "kiss from a rose" di Seal.
A Las Vegas ho capito poi che con gli anni, se vuoi, lavori di più e meglio perchè finalmente hai le cose in mano. Ho capito che investire sulle persone giuste paga sempre in fatto di redemption, ho capito che le cose vanno bene e che i contanti servono a poco.
Addirittura ho capito perchè le radio là trasmettono a manetta gli anni ottanta, Michael Jackson, Madonna, No Doubt, U2 o Metallica che siano. Perchè sono stati gli anni dell'energia più che della melodia, di ritmo e l'America ne ha sempre, e ancora, bisogno.

Ho scoperto che "Big Yellow Taxi" dei Counting Crows è una cover e il pezzo è di Joni Mitchell!

Don't it always seems to go, that you don't know what you got till it's gone.... the paved paradise and put it a parking lot. Quanto cazzo è vera sta frase? E come ci sta perfetta (how it perfectly match!!) il panorama tutto intorno mentre si fa ritorno in macchina lungo il deserto, verso LAX.
Scusate ragazzi, ognuno ha i suoi ricordi "unici". Questi sono ricordi che può capire solo chi viaggia per lavoro (spesso solo) in giro per il mondo. Firmo per altri 15-18 anni così!

Durante la dieci giorni in USA ho shazammato live questa musica qua, ti fa sentire un pò dentro a Friends, un pò nel film "giovani carini e disoccupati" e un pò allegri, fatene buon uso!
No music, no life!!!

Poi sono tornato dall'America e sono arrivato a Londra, ho fatto ancora il check up alla città che non morirà mai e forse è pronta a trasformarsi, per poi giungere in italia che, al contrario, non si trasformerà mai ma forse morirà (ma Bologna è una bolla), ma di questo scriverò un'altra volta.










martedì, luglio 05, 2016

Dreams Are Alive Tonite

Avrei mille e un post da scrivere, di cosa cazzo mi sia passato per la testa quando sono andato a Seul, o a New York, o di quando ho faticato una notte in bici, lungo il nostro fiume, o ancora di quando ho passato delle belle giornate con i bimbi e gli amici preferiti, ma i post del 2016 sono quelli che più picchiano sulla grancassa delle emozioni, quei pochi che sento più miei quest'anno ed ecco perchè ho scritto sul #dotellmymom e perchè scrivo oggi, dopo il concerto di Bruce Springsteen a Milano di ieri sera.
Era solo il mio sesto concerto, sono entrato in empatia con lui tanto tardi ma credo che in fondo non sia mai davvero così tardi, se poi le cose hanno il loro tempo di maturazione e ti trovi a tuo agio in quel divenire, in quella lentezza.

A me la musica piace, e tanto: mi piace soprattutto il suono elegante ed innovativo inglese, la natura tutta loro degli isolani di cambiare, modificare, innovare, industrializzare la musica. Ci ho speso un'intera gioventù e mille viaggi a Londra per questo, che se ne potranno anche andare dalla UE ma saranno sempre vicini al nostro cuore in fondo, perchè sono la colonna sonora dei nostri ricordi.
Il suono rock del Boss è qualcosa di diverso, sa di libertà jeans maglietta mano sporca d'olio di motore e zanzaroni nei campi del New Jersey. Un pò distante dal mio modo di essere, perchè occorre camminare a testa alta quando si ascolta quella musica e fare la faccia pulita di chi ha sempre la risposta giusta, mentre io spesso mi sono nascosto nei miei dubbi e ambiguità, e nella musica che raccontava questo.
Ci siamo annusati Bruce ed io per tanti anni dicevo, poi è scattato l'amore in una notte di uragano, subito dopo un terremoto che ci aveva reso così fragili ai sentimenti. Da allora l'innamoramento è diventato amore, fatto di incomprensioni e fasi alterne, notti appassionate e un pò di silenzi. Alcuni suoi album faccio ancora fatica ad ascoltarli, ma l'interesse covava forte e ho mano a mano studiato, chiesto al Ciccio che ne sapeva più di tutti, convinto Emma a mollare Ex Factor e fare un test, che in fondo il mondo si divide tra chi ama Springsteen, e chi non è mai stato a un suo concerto.

Stavolta a San Siro è stata magia pura, tra coreografie degne di un derby e 4 ore di salti in infradito a prato; tra scambi di macchine tra Rimini, Bologna Modena e Milano e tappi di bottiglia infilati nelle mutande; tra scambi di messaggi e foto ai gradoni di San Siro (perchè come dice Tracey Torne noi che abbiamo ricordi degli anni '80 siamo troppo vecchi per credere ai selfies); tra scambi di sguardi per indovinare il pezzo alla seconda nota e 14 brani di "The River", il disco che solo a 40 anni puoi compredere appieno e che, secondo le parole del Ciccio "rappresenta l'album per eccellenza del Boss su rapporti, amore, famiglia, genitori, figli, amicizia".
E allora tu cominci a crederci.
Credere che quella sciorinata al pianoforte sia l'inizio di NYC Serenade ma no, è Point Blank che conosci ma non bene ma la senti e dice:

.. you didn't answer when I called out your name, you just turned, and then you looked away.
Like just another stranger waiting to get blown away, Point Blank ...

e allora ha ragione la Stefi che la voleva così tanto, perche è stata una catarsi, e che quel pezzo vale la ballata più bella perchè ti tira fuori quel ricordo che volevi tenere lontano.
Poi succede che vado a prendere da bere, e decido di fare la strada più lunga fino al bar più lontano, e passare attraverso queste facce del popolo di Bruce, e parte Trapped.

In che album è questa, Ciccio? "No, nessun album, questa non l'ha mai editata ma è speciale, molto speciale" ma io parto che la sete mi divora e ho voglia di fare due passi in quel momento di calma.
Ma sbatto sulle facce del popolo di Bruce, e capisco in un lungo istante che sì, quella gente l'amerò per sempre. Il pezzo monta, sale e a un certo punto Bruce sputa fuori queste parole:

... now it seems like I've been playng your game way too long, and it seems the game I've played has made you strong.. Because I'm trapped OOooohh yeahh, I'm trapped, ooohh yeeeahh...

E quell'oooohh... beh cazzo sembra durare all'infinito, e la gente che attorno a me chiude gli occhi e lancia le braccia al cielo come a dichiararsi prigioniera, intrappolata. Allora mi fermo e scatto questa foto mentre nessuno ci fa caso, e d'un tratto un piccolo groppo in gola sale, mentre seguito a camminare.

Verso le torri delle luci c'è un plaid steso a terra e sopra sono coricati dei bimbi, avranno 5-6 anni, i genitori dietro che si muovono in sincrono abbracciati, un occhio ai figli e uno al palco mentre parte la terza ballad, The Promised Land.
"Stronzo!" penso, un'infilata del genere non ce la dovevi mandare, che scuote i tori una roba così ma ormai niente: ormai sono alla cassa e chiedo un'acqua e una coca e l'armonica parte e la troveremo mai noi la terra promessa, o moriremo a cercarla? C'ho sta domanda che rimbomba in testa mentre cerco i 5 euro.

Poi mi giro e, fermo per 10 secondi con le bottigliette in mano, tutto San Siro attorno a me, il palco nel suo splendore e un carico di vite tutt'attorno che sembrano un pò lì, un pò dallo psicanalista (il mio caro amico Fede dal pit, springsteeniano di ferro al trentesimo concerto, mi scriverà questo messaggio il giorno dopo "Sono morto, credo di avere espiato i miei peccati ieri. Ho ballato, cantato urlato e pianto. Grazie. Non ce n'è per nessuno, Bruce è il più grande di sempre") d'un tratto dalle casse esce:

... I've done my best to live the right way, I get up every morning and go to work each day
But your eyes go blind and your blood runs cold, Sometimes I feel so weak I just want to explode...

Poi riparte l'armonica e lì oramai mi sale anche a me, e sento che sto per esplodere anche io - e che va bene così e che dai che siamo arrivati fino a qui e tutto andrà bene e tutta quella roba lì, che tutta insieme non sai mica se fa male o bene - allora cerco un appoggio dove fermarmi e l'unico che trovo è la rampa dove ci sono i tizi in carrozzina, così coi gomiti poggiati sulle travi di legno alzo per un attimo lo sguardo e c'è questa ragazza con le braccia al cielo  e il culo inchiodato tra le ruote di ferro che si dimena con tutta sé stessa.. e allora mi mando a cagare e sospiro.In un'attimo perfetto mi appare tutto chiaro ed evidente. 

Sì, di concerti di Bruce ne abbiamo uno tutti i giorni, e la scaletta la decidiamo noi. 

Il ritorno da Ciccio Emma e gli altri è il più lento possibile, vorrei perdermi nelle vite degli altri con cui divido diverse gioie, sogni, rinunce, sfighe, amarezze, porte in faccia, apatia e musica. Perchè in fondo siamo un pò la musica che ascoltiamo e la musica è un pò quello che siamo. 
Finalmente un pò di pace entra dentro, attacca "Born in the USA" che è ora di saltare. 
Alla rabbia e alle recriminazioni, penseremo da domani.

sabato, maggio 14, 2016

Dontellmymom visto da me

Quando scatto questa foto è un pò il momento in cui l'adrenalina e la fatica, vera e tanta, lasciano spazio alla felicità, che sarà presto rimpiazzata, dopo pochi secondi, dai mille complimenti e dai "bello ma" e dai "se me lo dicevi" e poi "scusa stiamo scappando", "stupendo ma non si potevano comprare le T-shirt", "hai fatto bene ma ho visto pochi depliant distribuiti", "come si chiamava quello là", "hai ancora delle drink card", "facciamo una foto", "hai due minuti", "vieni qui un secondo" e tante altre che dopo una giornata ho ormai rimosso, tutte chiaramente nello stesso momento.
Ma tra il prima  e il dopo c'è questo istante bello che diventa subito stiva per la memoria: gente allegra, tanti amici sparsi che si sono goduti una gran bella serata confezionata da me, quel che ho sempre sognato di fare. Eccola!

Ma la storia comincia molto, molto prima. Dalla prima volta che assito alle serate #dontellmymom a Milano, a cura dal grande Matteo Caccia. Un pò di tipico stalking elegante, come lo definisco io, e mi sono infilato tra la curiosità di Matteo. Un #dontellmymom a Bologna? Chissà!
Incomincio a cullare la mia idea, mi faccio sempre vedere e stalkerizzo con sapienza, conquisto il palco di dontellmymom Milano un paio di vole e poi sferro l'attacco decisivo: quando la facciamo a Bologna, Matteo?!

E ora lo so, cosa vi state chiedendo voi che leggete: e che cazzo è #dontellmymom? bella domanda. E' uno storyshow. Si sale sul palco e si raccontano episodi esileranti o iperboli o anche episodi più riflessivi, intimisti e si evita così di andare dall'analista, e magari ci scappa pure il drink offerto.

Per fare questo o qualsiasi altro evento ci vogliono un pò di cose, ecco le mie istruzioni per l'uso:

Ci vuole che occorre avere qualcosa che ti piace e che puoi sentire raggiungibile. Se sei quel figo senza pari di Fabio Zaffagnini il tuo sogno può essere anche quello di far qualcosa di mai pensato prima, con tutte le conseguenze. Se sei Emanuele, qualcosa di meno mastodontico ma non meno sentito, perchè le storie mi sono sempre piaciute in ogni loro forma.

Occorre dunque trovare la tua strada, che mentre la fai la serendipità ti farà trovare al fianco i temi e i compagni giusti. Seguo Matteo Caccia alla radio da secoli, ormai (posso dirlo?) sono suo amico e quindi, dopo aver inviato alcuni racconti ai suoi programmi, dopo aver assistito ad alcune serate milanesi di #dontellmymom e addirittura dopo essere salito sul palco due volte a raccontare le mie storielle, come dicevo sopra decido che è ora di passare allo step successivo e rompo gli indugi pronunciando la frase che dà il via a tutto: "Matteo, lo facciamo un #dontellmymom a Bologna?!" il suo sì d'istinto mi conforta.

E poi e poi. Ci vuole la consapevolezza che non sei perfetto in nulla ma sei intimamente convinto di essere bravo in un pò di cose diverse, e che ti piace organizzare. Qui spiegavo, su linkedin, nel momento in cui avevo compreso che stavo portando avanti un evento che era un hobby in modo professionale, perchè ricercavo nella nuova avventura quello che ora non riesco a trovare nel mio lavoro, che pure afferisce all'organizzare dei grandi eventi, delle rassegne. Mi ci ritrovo al 100% anche ora, rileggendolo.

Ci vogliono soci: pensare una cosa è bello, ma negli eventi come nella vita fantasticare e portare avanti le cose insieme è molto più bello. E allora si ragiona con l'amico bolognese più esperto sulla perfetta location, si passano notti e si spendono migliaia di messaggi con l'amica Stefy fan di Matteo Caccia su come sviluppare il progetto, che immagine dargli, da chi farsi aiutare (anche se non le perdono la sua arrendevolezza e l'essere arrivata dopo gli altri contastorie quella sera: eri la produzione e l'hai dimenticato!). Grazie a lei reclutiamo Marta e Silvia, ragazze splendide che accettano con un entusiasmo, illegale come la loro giovinezza, di aiutarci in tutto, dal volantinaggio nei locali della città alla raccolta delle email la sera dell'evento: davvero impagabili. Ricorda sempre, se non hai una crew con cui ti riconosci, il progetto nasce già stanco.

Ci vogliono intuizioni: grazie ai contatti di lavoro recluto 2 amici/sponsors che finanzieranno le spese (ridotte ben al di sotto del minimo) e mi permetteranno di invitare Matteo e altri ospiti da fuori Bologna e di realizzare flyers e locandine progettate dalla Stefy. Denaro e fantasia sono un pò vasi comunicanti nella realizzazione di eventi, e quando manca il primo di contrasto sale esponenzialmente la seconda. Con Stefy ragioniamo sulla possibilità di intrattenere il pubblico tra le 19,30 e le 21 quando è previsto che cominci la serata. E allora perchè non invitare i comuni amici Pretty Green che fanno del bellissimo brit rock e poi ci daranno microfono e ampli per l'evento?
Infine, da un aperitivo delle 20 con Serena esce la sua richiesta di aiutarci, e così un evento nato per riempire una serata di maggio diventa qualcosa che ha addirittura un ufficio stampa professionale e annunci che verranno rilanciati su tutti i media locali il giorno di #dontellmymom.
Che figata, il network è davvero tutto.

Ci vuole perseveranza, quando ti ritrovi che quelli del locale ti dicono che forse quella sera avranno un altro evento e tu sei nuovo e forse ti spostano, quando la tua socia ti dice che se non ce la facciamo possiamo sempre rinunciare, quando Caccia ti annuncia che arriverà con la morosa Marta alle 21,20 e dovrai pregare il Dio di Trenitalia che il treno arrivi puntuale, quando mancano i soldi e tutti coloro a cui chiedi un aiuto non ti rispondono o ti danno rispostine ironiche (non mi ricorderò di voi perchè non è il mio carattere, ma mi sono segnato tutto! hehe) e quando accadono tante, tante altre cose che per fortuna ho già dimenticato.

Ci vuole che occorre ascoltare la tua vocina, quando tutti cominciano a sussurrarti cose nelle orecchie, a ridosso dell'evento. Ci vuole il palco, no è lo stesso. Le luci vanno chiare sennò non si vede!! E poi, soprattutto e prima di tutto, #dontellmymom si compone di una serie di persone che salgono sul palco e se Matteo e l'ineffabile scrittore Ugo Cornia (da lui reclutato e da me nemmeno salutato, magia degli eventi) ci sono, gli altri 5? La Stefy afferma di volerlo fare e tutti tranne me le danno fiducia, il responso della sua performance è qui.
Serena oltre alla stampa e alle pr che porteranno ad avere nella sala il doppio della gente che umanamente ci poteva stare, è una miniera inesauribile di contatti e intuizioni e grazie a lei arriva Ivo Germano, un poliedrico accademico della parola e poi io punto su Stefano Bottoni, ideatore del Ferrara Buskers Festival che nelle notti in cui prestavo servizio da pischello (non uscirò mai dagli anni 90..) ci ha raccontato episodi straordinari ma forse non è la persona più adatta a salire su un palco ma alla fine  - spinto anche dalla figlia Rebecca grane fan di Matteo Caccia - viene e, spero tanto, si diverte.


Poi per una serie unica di circostanze arriva un tizio che di professione fa il General Manager ma invece che dall'
analista, ha capito che i cazzi suoi è meglio se li racconta da un palco e lo fa in modo meraviglioso. Con lui nasce una naturale empatia fatta di scambi di tweet e messaggi telefonici. Sarà lui a regalarmi il momento più esilerante della serata quando, in attesa di entrare in pizzeria a mezzanotte e mezza sotto il diluvio universale e con una sigaretta simpatica in bocca, mi svelerà il suo segreto per essere un manager con grande self control.
Infine, Zaffagnini. Già lo avevo stalkerato l'anno scorso in una assurda e bella giornata con la Fede e alla sera, una volta seduto al tavolo con lui, avevo capito quanto puro, speciale e sereno fosse.
Ecco perchè era riuscito in un sogno talmente assurdo, quello del rockin 1000 dell'anno scorso, che ha portato 1000 musicisti a suonare insieme un pezzo-tributo ai Foo Fighters e poi avere il loro world tour modificato per fare una tappa a Cesena, una roba talmente incredibile che "non sembra nemmeno una storia italiana". Mi ci voleva lui per rendere la serata #dontellmymom Bologna davvero da ricordare e, tra missed calls e l'aiuto impagabile di Agustina amica sua, alla fine ce l'ho fatta.
Ma ti assicuro che i 7 storyteller che sono riuscito a raccogliere quella sera sono la sintesi di almeno 50 a cui abbiamo pensato, di almeno 20 a cui ho scritto o telefonato, a tanti no che ho ricevuto. Per questo ho capito, ancora una volta, che..

Occorre sbattersi: creare gruppi su whats'app, negoziare i free drink col manager del locale, salire sul palco e scattare la foto che vedete sopra, fare volantinaggio settimane prima, spostare decine di sedie per vedere di fare sedere tutti, salutare gli amici e conoscere il numero possibile di sconosciuti che sono venuti lì apposta per vedere qualcosa che hai voluto per primo tu; sono tutte azioni indispensabile e di pari dignità e mi dispiace se qualcuno non l'ha intuito.
Dopo che avrò finito questo post che sancisce il tributo al lavoro e alla libidine mia e vostra per la realizzazione di #dontellmymom Bologna, creerò un file excel per inviare tutte le email dei partecipanti registrati allo sponsor che me le ha già richieste, come parte del nostro agreement, e vi assicuro che andrei tanto volentieri a farmi un aperitivo!

Vivere l'imponderabile con il giusto karma: a un certo punto la stegista Silvia mi dice di straforo che c'è anche Matilda De Angelis la coprotagonista con Accorsi di "Veloce come il vento", quel film bellissimo sulle corse ambientato in Emilia. Ebbene io vado, saluto lei e le sue amiche e le dico che "è fortissima!!", ma cazzo vedo che le sede sono finite e so che a minuti se ne andrà e nemmeno ho l'intuizione di farmi una foto con lei, ma è comunque un bel momento che solo sere del genere, belle e organizzate pensando a tutti i particolari, ti possono regalare.
E poi l'avere avuto storyteller fighissimi mi ha consentito di conoscere, ad esempio, la storia di Fabio Zaffagnini che, senza tendone prima messo a disposizione poi ritirato da parte del management dei Foo Fighters che poteva contenere 50 mila persone, ha letteralmente perso un mucchio di soldi per la sua organizzazione ma nonostante questo, con la sua faccia serafica e allargando le braccia, si è goduto da Re squattrinato quel folle concerto di Cesena in loro onore

Occorre imparare a godere delle tue creature. Ma  è un processo lungo. Perchè #dontellmymom ha avuto tanti aiuti e lodevole supporto ma senza di me non si sarebbe mai realizzato, è la semplice verità. E qui sono molto scarso, fatico a gioire delle cose anche se vengono bene, sono sempre troppo focalizzato sul seppur banale aspetto che non è andato come previsto, scervellandomi da subito su come migliorarlo per la prossima volta, anche se potrebbe non esserci mai, una prossima volta.

Ingrediente fondamentale, il primo e l'ultimo in tutti i progetti che decidi di realizzare, sono gli amici. Quelli che ti dicono che verranno prima ancora che gli dici di cosa si tratta; quelli che ti mandano messaggi di "in bocca al lupo" dalla Thailandia, Londra, Brasile. Quelle che ti chiedono com'è andata il giorno dopo. Quelli che arrivano, si prendono una birretta, stanno in disparte perchè vedono che non hai il tempo di cagarli eppure ti sorridono, quelli che ti scrivono il giorno dopo per riportare l'entusiasmo di altri ancora, quelli che ti vedono in difficoltà e ti aiutano la sera stessa, e lo fanno sorridendo. Alla fine l'equazione dei Beatles è ancora quella che muove il mondo: l'amore che dai e quello che ricevi si equivalgono.

Infine, ho avuto l'ennesima conferma che ci vuole una voglia feroce di fare le cose che sai che ti piacciono, perchè presto sarà tardi e solo tempo di rimpianti. E senza lotta anche il premio sarà meno dolce.
Così invece, si passano 3-4 giorni di naturale depressione post parto, poi si ricomincia alla grande con tutti i nuovi contatti aperti da esplorare, la tara dei pros and cons da valutare, le idee nuove da sviluppare e quelle note da sedimentare.


Dopo pochi secondi da quella foto ispirata dai rituali di fine concerto dei Subsonica, quando è la band che fotografa il suo pubblico, sono sceso e mi è venuta incontro Emma abbracciandomi. Era andata, dai, avevo regalato belle impagabili ore ai miei amici e a chi aveva scommesso una sera sulle storie e su chi le avrebbe raccontate, e d'improvviso mi sono ritrovato le spalle più larghe, capaci di sostenere tutta la fatica che c'era stata dietro.

Dopo un'oretta circa da quella foto eravamo in pizzeria, noi dello staff e i performer della serata. Tra le cazzate di Matteo sulla juvemerda e le imitazioni strampalate; la confessione di Fabio che sì sta meglio ora di un anno fa ma non sa dove andrà a finire e che alla fine il suo sogno starebbe stare tutto il giorno sdraiato sul divano a vedere "Boris" alla TV; le sigarette simpatiche di un direttore generale figli di partigiani che ha combinato più cazzate in vita sua che tutto il Gruppo Fefo messo insieme.. beh in mezzo a tutto questo mi si è aperto un sorrisino perchè ho avuto la conferma, con esempi pratici che mangiavano una pizza intorno a me in quel momento, che "occorre essere molto seri per poter apparire stupidi" (cit.)

lunedì, febbraio 22, 2016

Cambiano i ruoli, siamo sempre le nostre relazioni

Tu ci provi a tracciare la rotta, ti metti anche ad armeggiare con le squadrette e il compasso, ma se non sai fare a leggere la mappa, se non trovi la fora di studiare, se non hai una crew che ti tira avanti, non ce la farai mai.
Sarai al massimo il capitano di una nave in bottiglia, nella cieca illusione di ordinare manovre che vedi solo tu, mentra qualcuno sposta te e la tua imbarcazione da una mensola all'altra.
Nel frattempo, cambiano i ruoli. E tu te ne accorgi vivendo, che la mamma di un caro amico si agghinda e sembra splendente, ma lei sì ha smarrito la bussola e lui la tiene mentalmente per un braccio nel resto del suo percorso, e sta trovando le parole giuste per dirtelo e tu sai che l'unico modo per essere un amico, è fare un sorriso e uno spergiuro di saluti.
Poi l'amico saggio che sbanderna completamente e diventa quello che va aiutato o perlomeno sostenuto per partito preso, che lui ha una situazione brutta ora e non puoi lasciarlo solo. E poi, dopo un anno e un pò, si rivela lui il vigile dei sentimenti e ti traccia una possibile rotta, ti dà una sveglia, ti dice hey sporcati le mani, che l'amore è comunque amore.
Nel frattempo cerchi dei stringere la tua comunità e per un tratto capisci che se è così difficile farlo è perchè ci sarà un motivo, che tutti sono impegnati a saltellare da una parte all'altra del ring della loro personalissima battaglia quotidiano, e allora ti viene da giustificare tutti, da far pace con tutti, da addirittura cercare di aiutare tutti, che poi alla fine è una faciloneria romantica anche questa e allora finisci col dire eccheccazzo o è troppo presto, o è troppo tardi e comunque non va mai bene nulla.
Senti tua madre che ti parla in modo un pò diverso, quasi capisce un pò delle tue non scelte, e si crea un'alchimia nuova che speri tanto che duri.
Poi un amico che ti chiamava boss si rimette in contatto, e vive nella città più bella del mondo e ha trovato una donna piacevole che lo ama e che gli ha dato un figlio, e pensi che il boss sia lui e la sola cosa da fare sia andarlo a trovare.
Ti scrivi per il secondo anno consecutivo le stesse resolution sul diario, le stesse identiche dell'anno scorso, che hai passato 365 giorni accarezzando l'idea di intraprenderli quei propositi e poi nulla, e ti viene un pò di freddo lungo la schiena impaurendoti che possa passare una vita, nell'attesa finalmente di vivere.
Ti rileggi un libro che hai sugli scaffali dal 1997 e decidi che lì dentro, che tu abbia 20 anni o 40, c'è tutto. Ne rileggi un altro uscito pochi mesi fa e rifai il ragionamento, perchè l'obiettivo ormai non è più catalogare, pianificare o confrontare, ma semplicemente sottrarre.

Tiritrovi a pensare che stai vivendo un periodo perfetto tra azione, sogno e consapevolezza e ti lamenti che sai che sarà breve, e la fretta torna, maledetta.
Mentre lavi i piatti, fai delle pensate della madonna e quindi maledici le lavastoviglie: siamo sempre la somma delle relazioni che abbiamo, e per il tempo che le abbiamo, e per la loro profondità e verità. Ci illudiamo di poter avere il controllo ma non è così, abbiamo solo il controllo della miscela delle relazioni, che è un pò una fregatura e un pò una salvezza.

Certi momenti vanno fotografati, pensi mentre guardi quella scatola rossa e ripensi al continente obliato e tutto quello che c'era stato prima.

giovedì, febbraio 18, 2016

Risposte

Carissimo,
In questo inizio d'anno, come ormai mi accade da qualche anno a questa parte, mi sono scritto gli obiettivi, le resolutions, e anche un breviario delle cose che devono essere fatte sempre.
hai presente no? Andare in palestra, perdere meno tempo sui social networks, socializzare, dimagrire, scopare, ascoltare musica. Dall'anno scorso, alla svolta del decennio, grazie al sempre più mitico mentor ne ho aggiunto uno: fare una cazzata al mese, che pare sia l'elisir per ottenere delle risposte. Da sé stessi, naturalmente.

Per esempio: tu lo sai a come reagirai se salissi su un palco a raccontare, solo con te stesso, una storia a un pubblico di un locale, un lunedì sera, col le luci puntate contro come i loro distratti giudizi denigratori? No, non credo. Io nemmeno. So che mi piacciono le storie, al limite mi piace raccontarle agli amici. Ora so, più o meno per certo, che mi piace anche raccontarle in pubblico (ora non immaginatevi una folla, intendo 70-80 persone, ma vi assicuro che anche solo strappare un sorriso a un perfetto sconosciuto che ti guarda interrogativo, beh è una bella prova di forza, altroché il colloquio di lavoro. Ammetto che mi ero preparato, che mi ero portato la claque, che avevo bevuto un gintonic preventivo, ma quando ho preso il microfono ed ero sul palco con i faretti di fronte ad accecarmi, beh mi è tremata la voce. Poi sono andato, mi hanno applaudito e addirittura fatto gli uuuuhhhh di approvazione, che alla fine mi è pianto il cuore a dover scendere. Ho avuto una risposta, cazzata di gennaio checked!

Ho scritto una lettera bella, appassionata. L'ho scritta, letta, riletta, riscritta. Gettata, ripresa, copiata in parte, chiusa in un puzzle di due belle storie. L'ho spedita a una persona che mi piace e mi piacerà sempre, per quello che è e come lo è, che ho avuto la fortuna di conoscere bene l'anno scorso. Contavo su di una risposta, chissà se mai l'avrò.

Ho finalmente aggiornato il mio curriculum, ci ho messo dentro tutto scopiazzando da quelli belli e spruzzandoci un pò del mio, alla fine, come un profumo prima di infilarsi il giubbotto. Che coglione.. dopo solo una giornata sono qui che ansimo per leggere la risposta, di quanto sono stato apprezzato, che mi stanno aspettando per un colloquio, che voglio me. Quanta insicurezza, che tragico bisogno di essere lodati.

Ho chiesto a una ragazza il suo numero e lei mi ha risposto parlando d'altro, poi le ho richiesto del tempo che fa e abbiamo attaccato a parlare, e poi ci siamo ritrovati al cinema uno accanto all'altro, a confessarci quanto fosse palloso, e lei che non la smetteva più di parlare.

Ho letto distrattamente, conosciuto autori mitici della mia adolescenza rivelarsi belle persone, ma collegate a serate strane non me ne sono fatto nulla, e alla fine ho ripensato che uno dei comandamenti d'oro che ho imparato è che i miti devono continuare a rimanere miti, che è meglio per tutti e soprattutto per quel senso inevitabile che di ha di voler ottenere delle risposte che loro in fondo sanno di non poterti offrire.

Ho chiesto ad un amico cosa si prova a diventare padre, e lui mi ha registrato un file audio notturno di questa specie di gatto che rantola, e lui che ride in sottofondo. Un'altra risposta.

Ho sentito i discorsi di un'amica che aveva tutto il sentiero perfetto di fronte e ora di ritrova tra le curve del Gran Premio di Montecarlo, e vorrebbe solo ripartire a razzo nel circuito di prima, e chissà se ce la farà.

Ho letto di Massi dopo un mese a San Paolo: scrive che all'inizio era preoccupato e con le aspettative bassissime, ora dice che anche solo dopo un mese, "sente" che ne è valsa la pena e poi usa quella formula che spesso ho usato io, che un pò mi appartiene, e di certo non lo fa a caso. La risposta sta nelle persone, solo andando verso di loro ci si può avvicinare.

Per ora basta così, a presto.




venerdì, ottobre 02, 2015

2 ottobre 1995 - 2 ottobre 2015

Vent'anni fa oggi, 2 ottobre, entravo al Virgin Megastore di Piccadilly Square a Londra e compravo questo disco. E la mia vita, come quella di tanti come me che sono cresciuti con il suono del BritPop, il mito del calcio inglese e i primi due libri di Nick Hornby, non sarebbe stata più la stessa. Ma molto più bella. Alcuni dei miei ricordi più incancellabili si legano indissolubilmente ai suoni di questo disco e per sempre, sempre lo saranno.
Perché il suono dei Beatles, Rolling Stones, Who o Springsteen era già storia per noi, ma avere 20 anni nel 1995 ha significato crescere con il suono del grunge, britpop e la elettronica di allora, è stato dunque un provilegio che i poveracci che hanno 20 anni oggi nemmeno possono immaginare.
La sera stessa andammo a vedere lo showcase a HMW in Oxford St. chiusa al traffico e Liam come menava quel tamburello, fu il mio primo "concerto" degli Oasis. Tanti ne sono seguiti.
Il sabato successivo, allo scambio della metropolitana di Hammersmith, due rude boys rientrando dalla partita del Chelsea, calciando una lattina di Coors, attaccarono a cantare "sheees iletttricc!!" e fu subito chiaro che quell'album avrebbe fatto la storia della working class inglese, quella che sembra non esistere più, per molti anni a venire.
E prima di tornare ci andammo anche noi, all'alba delle 6 a.m., lungo la stretta Berwick st. a farci fare una foto come quella sulla copertina, camminando strafottenti senza pensare a niente.
E se anche per voi, come per me, il momento più bello é quell'attimo di silenzio tra la track 3 e 4 di questo album, allora vuol dire che anche voi avete ricordi indelebili impigliati in queste canzoni.
20 anni fa.
Believe. Belief. Beyond.

dedicato a Richy, Vitto, Mirko, Sandro e a tutti quelli che hanno condiviso i suoni e i ricordi. 

mercoledì, settembre 23, 2015

Se davvero fosse una questione di soldi e tempo

Hola gente!

stamani mi sono svegliato e alla radio parlavano di soldi, costo della vita. Poi di lavoro, torna-si-stabilizza-ma-va-là non ce n'è e altre robe simili.
Poi al bar, una signora che parlava con altri due che hanno aumentato la retta dell'asilo, poi s'è rotta la macchina e boia che due maroni non ce la fa, che deve correre al lavoro via via che la stanno già aspettando, per portare a casa lo stipendio, che senza sarebbero rovinati.
Poi sento di amici, o amici di amici, che perdono il lavoro e per fortuna che il suo ragazzo ha un buon posto; di altri che una volta dicevano che l'equilibrio è tutto e ora fanno le 21 a lavorare tutti i giorni e poi si spendono tutto in weekend nei resort e quelle cose lì.
Poi ce ne sono altri ancora che gli dici "ci vediamo per un aperitivo"? e quello ti risponde "eeeh magari guarda ho una giornata tremenda, poi domani a Roma e poi giovedì a Londra in giornata e poi sabato mi sa che devo stare in casa che ho da recuperare le lezioni del master!!".
E magari c'è quell'altro che "il mio contratto di lavoro prevede 7 ore e 40 al giorno, perchè dovrei farne di più"?
Quello che sono due soci e si separano, e non sanno come andranno a finire.
Quelli che se gli chiedi "ma cosa farai nei prossimi anni" ti guardano come se gli avessi domandato dove ha seppellito il cadavere.
Quelli che "bisogna pur far qualcosa!", quelli che imperterriti inseguono il loro sogno anche se il presente è misero, quelle che hanno studiato un casino e poi finiscono col fare la mamma.

Insomma un pò un casino, gli equilibri di un tempo si sono del tutto perduti e direi che siamo molto lontani dal ritrovarne di nuovi.

La domanda che mi è venuta stamattina, mentre sorseggiavo il mio caffè, è la seguente: se tu, proprio tu che leggi, da domattina ricevessi esattamente lo stipendio che stai ricevendo ora ma così, come dicono quelli, di cittadinanza, cioè potendo rimanere a casa, cosa faresti? Immaginiamo che lo puoi ricevere, lo stipendio, solo se hai ufficialmente qualcosa su cui vuoi dedicarti.

Io organizzerei un gruppo, nel senso di una banda proprio (naturalmente prima dovrei imparare a suonare un minimo uno strumento, una chitarra direi) e suonerei, anzi proverei a suonare, tutti i giorni.

Poi farei in modo tale che quel bar diventasse anche il mio bar, dove chiamare i miei amici e commentare quella partita, quella ragazza e quella vacanza.

Andrei in barca a vela fino a diventare un vero marinaio, ma sempre in Sardegna o comunque nel Tirreno. Vivrei tra Emilia e Romagna, con frequenti viaggi a Londra, diviso tra i progetti sostenibili delle Serre dei Giardini di Kilowatt, quelli folli di Fabio e la sua crew di Rockin'1000, quelli miei raccolti sotto l'effige di Dromomania, perchè devi sempre avere tutta la strada davanti.

Di certo vedrei molte persone, passerei molto tempo con loro poichè per l'alchimia ci vuole tempo, e di persone con cui vorrei passare tanto tempo insieme ne conosco, sia da decenni che da pochi mesi o settimane. Organizzerei dei pranzi della domenica e delle cene tutti insieme, ecco.

Il tempo andrebbe stampato in tagli da 1 ora, una giornata, un weekend, una settimana e messo nel portafoglio, a fianco delle banconote.

Leggerei Infinite Jest di DFW, guarderei una lista lunga così di film che non riesco più a guardare.

Finirei quel progetto di Cyclica con il Mentor Achab.

Farei il PoletoPole dall'Alaska alla Terra del Fuoco con Cristiano e Niccolò.

Andrei a Buenos Aires per comprare una casettina, in cui stare un paio di mesi l'anno.

Farei un corso di pasticcere, un programma radio e forse un MBA. Incontrerei Baggio, Springsteen e Obama, anche Papa Francesco e Mujica.

Calcolando che anche tu, e tutti, avremmo un sacco di tempo disponibile, sono convinto che trasformeremmo il mondo in un posto infinitamente migliore. Basterebbero due anni, direi.

Il fatto è che sono convinto che, con tutto il tempo del mondo a disposizione, non è mica vero che il mondo si fermerebbe: molti non farebbero più un cazzo o al massimo andrebbero a correre al parco, molti altri farebbero più di adesso, liberando la loro fantasia repressa. Dite di no? In fondo, io mi son scritto sta roba solo per avere una bussola delle cose da fare, perchè lavoro o non lavoro, se vuoi fare le cose, il tempo lo trovi e le fai.

Infine, ascolterei musica, più musica tutto il giorno, fantasticando su quale concerto andare, cosa comprare.. tutte queste cose qua. Magari aprire un negozio di dischi, e se fosse oggi, il 23 settembre, suonare Springsteen tutto il giorno. Auguri Boss!

E tu, se da domani ti trovassi sul conto in banca il tuo stipendio senza lavorare, cosa faresti?


martedì, settembre 01, 2015

Liolà

Ci scrivo poco ormai quassù ma stavolta, come alcune vecchie abitudini, so che mi servirà e mi piacerà, così lo faccio.
Estate, vacanze. Alla mia età funziona così: hai famiglia, già a Natale sai che destino ti attende. Sei accoppiato, spesso te ne finisci una settimana in un luogo super ameno con la tua metà, uno di quelli mai visti prima né da te e né da lei.
Se non sei accompagnato, il gioco si fa più complicato perchè crescono sia i rischi che le opportunità. Rischi di rimanere tagliato fuori, di non sapere che fare, di litigare con i tuoi amici su dove andare, di cullare sogni di viaggi incredibili poi non riuscire a metterli in pratica.
Opportunità di fare davvero quel che ti piace, di visitare i luoghi del cuore, di decidere in piena libertà chi avere accanto, di aprirsi alle possibilità novità.

Il mix di questa roba qua, per me, significa una e una sola cosa: salire su una barca a vela in Sardegna. L'anno scorso avevo tirato la moneta ed era uscita una vacanza bellissima e un feeling che non se ne voleva andare via. Quest'anno, penso, quei ragazzi li voglio ritrovare. Anzi sarebbero davvero perfetti per me, persone con le quali ho speso due settimane lo scorso anno, con i quali mi sono trovato benissimo e che soprattutto non sanno nulla del mio quotidiano, delle beghe al lavoro o della tipa con cui sto uscendo, se ho problemi economici o se sto attendendo l'esito di quel colloquio per un lavoro a Milano. So solo che sono due ragazzi con cui sono stato bene, quindi certamente lo sarò di nuovo, e che in fondo il gruppo su whatsapp dopo la vacanza dell'anno scorso proprio a questo scopo, in fondo, serve.


Occorre cercare la barca: la quarta compagna della vacanza lo scorso anno, così unica nel suo modo di essere, aggressiva ma simpatica e quasi materna, ci suggerisce di cercare sul web questo scafo, Liolà, e parlare con i proprietari, che anche lei vorrebbe venire ma tra amici che arrivano dal Brasile a trovarla e gli hosts di Airbnb che le occupano casa, sta nei casini - chi ha queste vite tumultuose, fateci caso, sta sempre nei casini.
Noi ci mandiamo un pò di messaggi poi diciamo che sì, Antonia ha ragione: dalle foto la barca appare molto bella, l'itinerario previsto ci piace, la ragazza che ci spiega un pò le cose ci ispira molta simpatia e poi abbiamo tutti questa voglia di rivederci, così sincera e così forte. Naturalmente, siamo liberi da impegni e siamo arrivati al 30 luglio che ancora non sappiamo cosa fare e quindi la tendenza a dire sì è piuttosto naturale.
Alessandra, che funge da collegamento tra il Comandante di Liolà e i vacanzieri con basici rudimenti velistici (e apprenderemo dopo essere la sua compagna, ritrovandocela in barca alla partenza), ci informa che una cabina è già stata presa da due ragazze tempo prima, due tipe molto tranquille e sulla trentina, ci fa lei.
Il meteo nella nostra testa passa da sereno con bonaccia a variabile, con possibile moto ondoso in aumento.
Sì perchè - chi ha mai fatto vacanze in barca lo sa bene - lo spazio a bordo, per definizione è angusto, non c'è un bar dove andare se si vuole stare soli, occorre stabilire insieme tutta una serie di cose (dalla cambusa alle rotte, ai tempi di stazionamento in una determinata caletta) e poi vai tu a sapere che cazzo di alchimia si può creare a bordo? Quella è sempre un terno al lotto. In cuor nostro, speriamo che Antonia (la nostra compagna dell'anno prima) si decida a unirsi a noi, in modo da formare una solida maggioranza a bordo, collaudata e in grado di "gestire" le cose in ogni momento in cui c'è da prendere una decisione. E invece no: una mattina, Alessandra ci informa che ha dato conferma ad un'altra ragazza, amica di amici suoi, che arriverà in traghetto e che conosceremo alla stazione marittima di Olbia.
Le mie sensazioni sono positive ma alcune nubi, in questa estate dei concerti e dei cieli tersi, si addensano nella mia testa. E se le 3 ragazze non andassero d'accordo tra loro? E se, peggio ancora, fossero in qualche maniera inutilmente coalizzate con lo scopo di crearci imbarazzi, una volta a bordo?
Chissà: fatto sta che ci si presenta e subito veniamo spediti tutti a fare la spesa per la cambusa, poi a bordo e via, rotta verso la Corsica.
Noi 3 ragazzi sappiamo come si stia bene insieme, gli argomenti da toccare e quelli meno interessanti, le confessioni da tirare fuori la prima sera e tutte queste robe qua. Veniamo a sapere che per le ragazze a bordo si tratta della prima esperienza velica ma appaiono sorridenti e strafottenti, anche quando finiscono di corsa al bagno per vomitare, che nelle bocche il mare è agitato. Sorridono, trasmettono un feeling di benessere e complicità aiutato dal fatto che il Comandante e Alessandra sono cordiali e pieni di esperienza per farci superare le piccole barriere iniziali.

Il resto, beh il resto non lo posso raccontare.
Perchè non ci sono le parole, o perlomeno perchè io non le conosco. Le parole per descrivere l'assoluta bellezza e ineffabilità di quei sette giorni spesi tra il mare, rade e località stupendi e soprattutto ognuno un pò, sempre di più, dentro il tempo degli altri, con il piacere puro di stare insieme, conoscersi, confrontarsi, parlarsi. E ridere.. mamma mia da quanto tempo non ridevo così tanto.
E come sempre mi sono ritrovato a constatare che buttarsi, alzarsi dal letto e fare qualcosa porta con sé il potere fortissimo di aprirsi alla serendipità, apprendere da ciò che si sente, ciò che accade.
Ho imparato tantissime cose, che spero di portare con me il più a lungo possibile.
Ho imparato che andavamo verso Bonifacio, Cala della Rondinara o Lavezzi ma in realtà andavamo ogni giorno di più verso Isabel, Gigi, Eleonora, Paolino, Rosa con la grande fortuna di avere accanto persone che sono un pò così anche nella vita reale, un pò sono davvero quelle che sono state accanto a me in quei meravigliosi giorni intorno all'arcipelago della Maddalena, anche se le incroci al supermercato sotto casa. Che culo, ragazzi miei, avervi incontrato.

La vela è vita perchè impari a capire che non puoi cambiare il vento, ma puoi sempre regolare le vele.
La vela è vita anche perchè ti mette a stretto contatto con gli altri e ti impone di cercare il miglior te stesso da offrire agli altri, che la barca così sarà molto più stabile.

A volte ho fatto questo gioco di trovare i "momenti perfetti" e sono stato fortunato quest'estate perchè ne ho vissuto più di uno. Nella settimana passata su Liolà ce n'è stato uno che vi voglio raccontare.
Saranno state le tre del pomeriggio, o forse le quattro, nel rarefarsi del tempo che solo il sole sulla pelle e alcuni giorni nomadici in barca avela ti possono dare. Non riesci più a pensare a niente, anzi meglio: finalmente riesci a non pensare più a niente, che se ti chiedessero il numero del pin del bancomat rimarresti a bocca aperta per mezz'ora. La barca è quasi deserta, siamo rimasti  a bordo in tre, che tutti gli altri hanno deciso di nuotare fino a riva, battigia dell'isola di Cavallo, per quel poco che la si può calpestare visto che è privata e popolata da rade, meravigliose ville.
Io sono a prua, steso al sole, apro "L'estate infinita" di Edoardo Nesi e ne leggo alcune pagine, poi cado addormentato. Dopo un pò mi sveglio, mi guardo attorno, scambio due parole con il Comandante e realizzo che sono le 4 appena. Tutto il pomeriggio davanti. Magari potrei fare un tuffo, oppure mi rimetto a leggere, e stasera potremo giocare a indovinare i film mimandone i titoli, oppure raccontarci gli ultimi 3 anni della nostra vita.
E' ancora quel momento lì quello che a me piace più di tutti.

Con tutto il mare davanti
Con tutto il libro da leggere
Con tutto il tempo per aspettare gli altri che torneranno.

Che poi sceglieremo insieme una canzone, ci passeremo l'accendino e fantasticheremo su un possibile ritrovo ad ottobre. "Momenti perfetti", li chiamo io e sono la cartina al tornasole di una vacanza perfetta, che per fortuna si sta trasformando in una fine estate di nuovi contatti e progetti.