lunedì, agosto 30, 2010

Somewhere, c'è un imbuto

Ciao. Ho delle cose da dire, ma non sono ispirato per nulla. Vado avanti, vediamo.

... innanzi tutto: tornando al post precedente, ci sono altre cose che farei con te: per esempio, ti porterei al Festival del Cinema di Venezia, e magari ci imbucheremo alla festa delle produzioni indipendenti a San Servolo. Poi, chissà, sarebbe il turno del Sundance Film Festival, con annessa capatina nella mia beloved Bay Area, nella rada del Berkeley Marina.... potremmo noleggiare un piccolo cabinato e fare qualche bordo di bolina.. ma sono fantasie. Ah! Ti canterei "Something" di George Harrison, appena un sussurro nell'orecchio. E invece chissà che fai, tu.


Vacanze lente ed istruttive ridanciane cenistiche nel posto più bello e idoneo nel mondo, l'Italia.
In questa coda dell'estate c'è chi fa figli, siano esse famiglie di amici o blogger ex "easy going".

Io invece ho fatto un pò di bilancio di metà anno e devo dire che di cose in questo 2010 ne ho intraprese. Tutte, dico tutte, mi hanno lasciato quella sensazione, in coda.

Ho fatto del "quasi teatro", e all'ultima lezione ho colto quell'attimo che mi faceva intravedere tutto quello che ci sarebbe stato dietro&poi, una volta riuscito a spogliarmi di tutte le sovrastrutture.
Sono stato a Parigi, poi Valencia visitando expat che potevo essere io, poi solo per un attimo sono riuscito a cogliere quel che davvero si prova vivendo quell'esperienza. Appena cercavo di rispiegarmelo però, era già scivolato via.
Ho fatto un corso di vela vivendo una bellissima settimana, ma anche lì solo per un momento ho realizzato cosa volesse dire vivere come un equipaggio, in perfetta armonia ma anche in totale balìa degli elementi della natura.
Bellissima sensazione, un soffio di vento che se ne era già andato però.


Tutte esperienze così, interrotte o perlomeno non completate. Cosa potrà significare?


L'itinerare porta consiglio, ma annacqua e rischia di far fare valutazioni sbagliate: le radici, se non ci sono, vanno create. Mia mamma, Fellini, una telefonata o un pomeriggio in piscina hanno irrobustito le mie, così come una sera spera a ricordare i giorni adolescenti al liceo.

Penso che da qualche parte ci sia un imbuto sufficientemente grande da poter buttarci dentro tutto quello che vorrei fare, imparare, esplorare e conoscere, grazie al quale poter poi raccogliere una scelta dall'altra parte. Ma mica la più intelligente o redditizia, no!
Dico la prima che viene fuori, quella presa a cuor leggero dopo aver finalmente sentito la proria vocina dire "ora"! Dicono che è così, che va..
Comunque: quando si realizza finalmente di conoscere un pò di più sè stessi, tutto cambia prospettiva. Sembra quasi di essere curiosi per la prima volta, domandandosi dove si fosse nascosto tutto questo gusto, fino al giorno prima.

Poi sono andato a Mosca, come sempre più o meno di volata, svogliato più che mai. Naturalmente sono rimasto per questo travolto dall'euforia e dal caos, ma anche oppresso dalla bruttezza di certe facciate e di alcuni atteggiamenti. Ma anche quell'esperienza mi ha lasciato un insegnamento. Quando la giovane e rampante civettuola, Managing Director di questa multinazionale tascabilissima ma arcigna (lo si capiva dalla spilletta a forma di utensile appuntata con orgoglio all'occhiello all'occhiello della giacca del suo socio, orribile ma portata con un orgoglio tale che sembrava una rosa), se ne è uscita con questa bordata: "Sognare è bello, ma dire di sì è la cosa in assoluto più bella di tutte!". E pensare che lungo tutti quei giorni, dalle attese all'areoporto ai trasferimenti in taxi, ho tenuto fermo Storytelling dei Bluvertigo dal mio ipod. Ti assicuro che avere i panorami di Mosca davanti agli occhi e sentire "Complicitààààà, il sogno di sempre.." nelle orecchie è davvero qualcosa di strano.




Ho ben chiari nella testa un progetto di business, uno da lanciare in radio (quasi pronto al lancio!) e uno di fotografia ancora in embrione. Penso che in ogni caso vadano covati e portati alla luce, con qualsiasi futuro dinnanzi. Come mai non sto mai fermo, ne trovo sempre una nuova?? Mah! Ad ogni modo, voglia di mettere le energie sull'attività lavorativa pari a zero.

C'è chi va a Londra, chi rivaluta le cose da Parigi, chi riparte dal punto interroto e chi, spero, esplora nuove strade.

Hai letto "Un giorno" di David Nicholls? Il libro più bello degli ultimi 10 anni, davvero. Ognuno di noi vive con una Em o un Dex, vicino o lontano, prima o poi. Stanno già lavorando al film, ma tu prendi e leggi il libro.

Negli ultimi anni ho scoperto Sofia Coppola e credo che il suo tocco - sia come sceneggiatrice che come regista - sia magico, e che quella scena finale di Lost in Translation abbia pochi pari, almeno negli ultimi 10 anni.

Poi, nell'autunno del 2009, durante i miei giri parigini ri-scopro i Phoenix e quel loro indovinatissimo sound dei primi tre pezzi d'acchito di Wolfgang Amadeus Phoenix, uno stile e un ritmo da Tshirt e gilet leggero, foto sfocate controluce e rayban wayfarer addosso.

E ora che ti scopro? Che Thomas Mars cantante e cantautore dei Phoenix è il compagno della Sofia, e che hanno pure due bimbe, Romy e Cosima (!). Vivono a Parigi, dove la luce è perfetta per girare scene, anche soltanto con gli occhi e le mani allungate a mimare un frame. Non vedo l'ora di vedere il suo prossimo imminente lavoro, Somewhere, in lancio al Festival del Cinema di Venezia venerdì 3 settembre. Anche per capire com'è che ci sono così tanti camei interpretati da attrici italiane, anzi pare che una parte del lungometraggio sia ambientata in Italia. Si finisce sempre lì... esiste ancora oggi "La dolce vita" italiana? Nella cucina, forse?? nel patrimonio artistico??
Irene Tinagli qualche settimana fa su La Stampa ha compiuto la solita lucidissima e spietata analisi su quanto si stia drammaticamente perdendo anche questo aspetto ora, a causa di incapacità e politiche della mano tesa laddove occorrerebbe solo pianificazione. Ma ne parlo nel prossimo post.

Scritto di merda, ma forse utile come promemoria sta sbrodolata! Vi lascio con il trailer di Somewhere
PS: come vedete le foto che metto a corredo dei post saranno pure reali e spesso scattate in condizioni di fortuna, o di fretta. Ma fanno cagare!! Amici fotografi, vi va di collaborare matchando qualche vostro scatto con i miei prossimi sproloqui??!







domenica, agosto 15, 2010

Il senso sfocato dei desideri

Ti scriverei un racconto, ti scatterei una foto, ti prenderei per mano lungo Cow Hollow, guardando il Golden Gate.

Mimeremmo le scene dei film della Nouvelle Vague e sorrideresti sotto il broncio alla lounge dell'aeroporto, ripensando alla vista dallo Unique.

"Moon Safari" solo per le nostre orecchie, da Rue Dautancourt fino alla nostra zattera attraccata fuori la metro di Chalk Farm.

O "Somersault", che arriva piano da una finestra mentre mi fai l'apologia di Barcellona e dell'anarchia come forma di governo.

Ti benderei fino al posto 3A, decisi a visitare gli amici d'oriente e di occidente. Saluteresti tutti con due baci sulle guance.

.. e poi ai tavolini di Revoire, Dovesi, dell'Ambasciatori, del Poliziano, dell'Antidote, del Cafè Trieste, al Philosophes, Greco e chissà quanti altri, commenteremmo la folla che passeggia, immaginando le vite degli altri, vizi e virtù.

martedì, agosto 10, 2010

Caprera, Polinesia

Succede che con le persone che ti stanno intorno, persone che non hai mai visto prima e che hanno età, provenienze e lavori diversissimi dai tuoi, nasce qualcosa. Una cosa che non è solo amicizia perché li conosci da troppo poco tempo, una cosa che non è amore perché quello lo riconosceresti. E' una cosa che non hai mai provato perché non sei mai stato in un posto che sembra il paradiso con l'odore del mirto e del mare, perché non hai mai passato 7 ore in mare ogni giorno, perché ogni sera sei stravolto e sei felice e le facce abbronzate che ti stanno intorno assomigliano alla tua, perché sono sorridenti. Allora capisci che non è amore, non è amicizia, è qualcosa di più è come se le persone che ti stanno intorno fossero un po' anche te, come se l'isola e la scuola fossero uno specchio in cui ognuno scopre una parte di sé che non conosceva, e tutti la sera in camerata prima di addormentarsi sentono quel muscolo nuovo che vibra sotto la pelle, e sanno finalmente dargli un nome: si chiama passione e un po' ti fa capire chi sei, perché finalmente hai capito cosa ti piace".
C'è forse qualcosa da aggiungere? Forse sì: che questa è la descrizione del Centro Velico Caprera che diede Matteo Caccia nella sua trasmissione Vendotutto, qualce mese fa, il giorno in cui mise all'asta un corso settimanale di vela.
Le passioni possono essere intrinseche a noi, oppure possiamo scovarle in noi: io ancora non so se mai ho "trovato" una nuova passione nella vela, quindi non so se ho scoperto finalmente qualcos'altro di me, però ho capito il significato di quelle frasi virgolettate là sopra.
L'ho capito perchè ho trascorso una settimana a Caprera, inizialmente tra stanchezza, paura e paura del disinteresse, presto sostituito da desiderio di apprendimento e "distacco" temporaneo dal mio mondo, a loro volta divenuti presto senso di sopraffazione degli elementi naturali sui propri pensieri, incapacità di pensare a tutto quanto era stato lasciato fuori da quell'arcipelago.
In fondo è un pò come sentirsi proiettati in una dimensione paragonabile a quella di "Lost", con un gruppo "nostro" e uno riferibile agli "altri", un senso di mistero e uno di condivisione sempre presenti, le due parti del cerchio come in un Tao.
Ci sono soprannomi che, al solo pronunciarli, hanno il potere di sentirsi come dopo una settimana in una Spa ("Polinesiaaaa!!"), c'è un vocabolario che descrive un mondo di componenti e di azioni nautiche che sembra aramaico all'inizio, e diviene naturale dopo solo una settimana.
C'è che il ritmo è incalzante e sembra di essere sopraffatti, ma come sempre il fisico reagisce prima della mente e la guida al nuovo lifestyle, con naturalezza. Si scoprono compagni di corso che sembrano te, coi loro atteggiamenti e pensieri sull'Italia decadente (ebbene sì, pure lì!), l'altruismo e il cameratismo in barca.
L'ineffabile senso di intima soddisfazione nel constatare che la parola equipaggio significa uno e gruppo allo stesso momento, e che si sta facendo una bella figura nel farne parte.

Poi ci si cerca, si commenta, si condivide una bottiglia di mirto a collo, si canta attorno ad una chitarra. Ci si sente adolescenti a 35 anni, adulti a 18, entusiasti a 60. E poi il discorso di commiato che ci coinvolge e ci commuove. "un pezzo del vostro cuore s'è già staccato e giace sul fondo di Porto Palma"; "Una volta caprerini, per sempre caprerini"; "potrete parlare di tutto questo solo con chi ha vissuto le stesse esperienze: quando vi sembrerà di aver dimenticato tutto, un colpo di vento tra i palazzi in città, o l'azionarsi del tergicristallo, aprirà il portone dei ricordi e un fiume in piena si riverserà su di voi aprendo un mare di sinapsi".
Certe frasi colpiscono duro.
Ancor più forte poi è ritrovarsi a sbirciare all'aeroporto due istruttori scambiarsi effusioni e versare lacrime, dimentichi delle famiglie che li aspettano a casa.
Non so se la vela sia già diventata una mia passione, saranno i prossimi mesi a dirlo. Ad ogni modo Caprera è stata una bellissima esperienza che consiglio a tutti, anche in età adulta. L'insegnamento più grande è sulle passioni in sè: scovarle è un pò come imparare a conoscere sè stessi, qualcosa di straordinario che per questo va inseguito lungo tutto il corso della propria vita. Chi ha passioni, si ricordi di alimentarle sempre; chi non le ha, si dia da fare per trovarne. Il segreto? il solito: mettersi in gioco.