venerdì, maggio 21, 2010

Brasil


Bom dia!
Ero partito preparandomi al sub-continente come se fossimo nel 1983: bossa nova, futbol e cajpirinha.
Ma siamo nel 2010 e in Brasile un milionario ormai può dormire al proprio lato, come asserisce l'utimo numero di Veja, una sorta di Espresso verdeoro (ricordate di aver mai letto un titolo tanto euforico in Italia, ma anche in Europa?).
Il Brasile è sì religione, carnevale e futbol, ma se andate per lavoro state tranquilli: non vi si metteranno a ballare in face non appena aperta la porta della sala riunioni.

San Paolo in effetti dà quella sensazione, intendo quella che si prova solo in certi posti come New York, Los Angeles, Tokyo. Il senso che non finisca mai e che non abbia senso. Però poi a poco a poco la si scopre e si realizza che le code sulle strade sono sì infinite, ma solo nelle ore di punta, in fondo. La sera e a mezzogiorno si scorre veloci e tra i quartieri di Itaim e Jardins ci si impiega 15 minuti appena.
Ci sono il calcio, la Formala 1, la moda (decine e decine di ateliér giusto dietro il nostro hotel), gli hotel a 6 stelle, alcuni dei più sfacciatamente lussuosi shopping center del mondo, il 40% dl PIL del paese, una quantità enorme di belle ragazze, il secondo mercato al mondo per la blindatura delle auto, ristoranti scichi (il modo paulista di leggere chic!) con cucine internazionali, un costo della vita che cambia da quartiere a quartiere come dalla Grecia al Lussemburgo, una società giovane e fiduciosa come mai prima d'ora.
Merito della gente al governo? La questione è aperta e le imminenti elezioni di ottobre aiuteranno a capire, ad ogni modo nessuno mette in dubbio che il Brasile continuerà a crescere molto anche nei prossimi anni, fino a diventare la quinta economia del pianeta entro il 2017 (fonte: la pubblicità sul poggiatesta del seggiolino sul volo TAM di trasferimento interno) .
C'è un'intera via di concessionari auto, tra cui svettano brillanti quelle Ferrari (pare ce ne siano 5 in città), Laborghini e Aston Martin. Le monster 696 come la mia Violante costano 39900 reais, ci sono disco che arrivano a 100 reais per l'ingresso e almeno 20 enormi shopping center creati per il Grupo "A" (un modo a mio vedere volgare ma efficace di segmentare la popolazione della metropoli in base alla ricchezza).
La gente vive il quartiere come se fosse una piccola città nella grande metropoli, raramente ci esce.
I super ricchi abbandonano le ville ("possono essere assaltate!" mi ha detto l'interprete) per i piani alti dei più alti grattacieli (nel senso che le abitazioni sono 3-4 interi piani, gli ultimi, cosine da 2000-3000 mq di appartamentino), protetti da guardie e sorveglianza armata.
C'è un culto per la cucina naturale, per i frullati di frutti tropicali e vitamine, le ragazze sono in genere curatissime e ben vestite ma non mancano giovani obesi e in ciabatte, rigorosamente havaians.

La lingua e i suoi fonemi sono per me ammalianti, bellissimi e vorrei tanto studiarla per arrivare a biascicarlo un pò, il portoghese. Rimane la sensazione di un posto metropolitano e non certo facile, in cui il denaro a disposizione determina la classe sociale di appartenenza e quindi i luoghi a cui avere accesso, senza limiti sia verso l'alto che il basso. Difficile pensare di uscire la sera a fare 4 passi, ci si muove da punto a punto con le antenne dritte. Anche a maggio inoltrato è in genere caldo; al primo refolo di vento in faccia voltando l'angolo non sorprendetevi a sentire un paulista lamentarsi: "ma che frrrreddo!".
Secondo me, in 5 anni diventerà ancora qualcosa di molto diverso e accoglierà tonnellate di lavoratori europei e statunitensi. Lo shock culturale di essere paracadutati in una "società giovane" rimane per me sempre molto difficile da digerire, ma allo stesso tempo bello.
Per la strada tutti vanno a passo spedito, spesso le belle gnocche con il collo del piede o la spalla tatuata ondeggiano, sculettano e ammiccano. Ma nessuna al semaforo si mette a ballare una batucada mannaggia! Tà??

Poi vi dico di Belo Horizonci, per ora um abraco!

giovedì, maggio 06, 2010

Il calcetto e i sussidi francesi

Durante il mio breve soggiorno a Buenos Aires ho sostenuto tanti incontri per lavoro, qualcun altro extralavorativo e in generale passato delle piacevoli giornate. Mi è rimasto quel senso di possibile, esplorabile che credo meriterà repliche.
Ma una cosa, più di ogni altra, dà il senso della vicinanza culturale e dell'umanità della città.
Da tempo seguivo a debita distanza il blog largentina.org e il suo fantastico collettivo di contastorie, giovani neotanos che per seguire un amore o riappropriarsi del tempo sono fuggiti dal belpaese sulle vie di quella che è stata la più grande emigrazione del secolo scorso, ovvero tra le sponde dell'Atlantico: Stati Uniti certo, ma non esiste alcun luogo in cui l'influenza culturale italiana sia più forte che a Baires.
Questi giovani italiani, ragazzi di Alessandria, Bergamo, Roma (ma anche ragazze di Trieste o Latina..) nei giorni scorsi hanno lanciato una sorta di "convocazione" per un calcetto della miglior tradizione pallonara internazionale, Argentina-Italia.
Stanchi di ricorrere ai "Camoranesi" ossia oriundi naturalizzati per quell'ora e mezza, e consapevoli che di giovani italiani nella capitale portena ne vivono a bizzeffe, chiedevano di raggiungere un campetto per sgranchirsi le gambe e levigare la panza.
Beh, succede che rispondo io, per quanto trapiantato per soli 5 giorni. La disponibilità trovata in quel quarto d'ora di chiacchere pre match, parlando con quei ragazzi, non potrò dimenticarla facilmente. Gente dai sorrisi sereni e teste estremamente acute, che in 5 minuti mi hanno fatto sentire uno di loro e con i quali ho proseguito le presentazioni dopo la partita, tirata e forse additittura vinta (la nebbia al cervello dopo troppe - 4 - corse è per me una conseguenza inevitabile).

Non so, mi è parso che quello che ho vissuto sia molto difficilmente replicabile nelle nostre città, almeno al nord, se si ha più di 15 anni. L'agenda va riempita, il tempo e l'orologio guidano le nostre giornate e un pò di grigio e pioggia continuiamo a portarcelo dentro.
Ecco, quei ragazzi mi son sembrati degli adulti adolescenti, nella sua accezioni più fresca e leggera. Gente che, pur con il lavoro e i pargoli a casa, vive in un contesto sconclusionato ma umano e disponibile, in grado di permetterti di vivere il tempo. Chi di voi riesce a riunire in un giorno feriale qualunque, in poche ore, 10 persone per un calcetto all'ultimo sangue e birretta a seguire?

E poi la solita capatina parigina, a godere del bello e del consapevole che c'è da quelle parti: consapevolezza che le tasse diventano automaticamente servizi, che i sussidi sanitari o per la disoccupazione non sono sussidiarietà ma reale sostegno per una vita comunque di qualità, all'interno di una società impeccabile e sempre ricca di stile e di sé. Ecco, quello forse rimane un problema con il quale avrei difficoltà a mischiarmi, alla lunga.
Là le relazioni diffuse e "lente" paiono più essere più rare, un privilegio tra i privilegi.. ma questo aspetto mi rendo conto rappresentare sempre più, per me, la grande difficile e inestimabile ricchezza da accumulare e di cui godere nei prossimi anni, per non dire decenni.

Chiudete gli occhi per due minuti e mezzo.. e sentite questa: