lunedì, maggio 02, 2011

Il racconto che mi racconta

Ancora una volta ci provo, e mando un raccontino alla redazione di "Io sono qui", che poi è un pò il seguito di "Vendo tutto". Sempre Radio 24, sempre Matteo Caccia, Tiziano Bonini, Stefano D'Andrea e gli altri.

C'è un concorso, ci saranno dei selezionati. Io ho già dato l'anno scorso, ma in fondo sono a credito di una borsa, dico bene?

Ditemi che ne pensate.

Dromomania

 
Marta scende dal treno dimenticando il suo libro sul sedile: “le città invisibili".


All’interno, leggo la biografia di Italo Calvino e apprendo che, per un periodo ha condotto una vita itinerante, muovendosi tra Torino, Parigi, Roma e New York in un circolo vizioso. In quella biografia viene definito dromomaniaco, un termine che mai avevo sentito prima.


Mi fermo, ci penso. Penso ai prossimi viaggi che mi attendono: Madrid, Montreal e Mosca.
Allora, questo sono io. Anche io sono così, penso.
Un’amica mi ripete sempre: tu sei malato di viaggio! Poi mi presenta un tale che lavora in una radio locale, suggerendo di trasformare i miei continui spostamenti in un programma. Lui, accetta entusiasta.


Cosi mi ritrovo a inventare uno script, un concetto per dare un senso a quell'appuntamento settimanale in radio: ribalto l’affermazione dell'amica lasciandone inalterato il significato, e comincio a raccontare la storia di un ragazzo che è costretto a viaggiare per non morire, un Dromomaniaco appunto.
Mi invento che la Dromomania è una malattia riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale, che una specialista dromomaniaca mi prescrive viaggi come “cura”. La realtà, un pó diversa, è che viaggio tanto soprattutto per lavoro, ma é questo il modo che ho deciso di utilizzare per trasformare e reinterpretare quel che faccio, con un pizzico di autoanalisi improvvisata. Incredibile, senza quasi accorgermene produco un programma in radio; le cose sono accadute da sole, è bastato solo seguirle con intuito.
Poi, raccontando le avventure di questo malato tra Buenos Aires e Tokyo, Parigi e Londra, mi scontro con il fatto che la sequenza di quelle puntate radio, pur condite da elementi romanzati e altri inventati di sana pianta, dicono di me più di quello che volessi.
Mano a mano, inevitabilmente, mi rendo conto che non sono più solo io a elaborare i racconti che scrivo, ma anche loro influenzano me. Divento sempre più le storie che racconto, creando addirittura falsi miti sul mio conto.


Ormai, per tutti, sono affetto da Dromomania: per questo non posso più derogare dal personaggio, persino nella vita reale. Sono in scacco.
Il programma radio favorisce paradossi che un po’ mi vergogno a raccontare: registro la puntata su Dubai a Londra, ad esempio. Oppure finisco le bozze della puntata su Istanbul alle 6, poi di filata al lavoro.


Ormai é la mia oasi della fantasia, il tentativo maldestro di aiutarmi a comprendere ciò che davvero mi serve a fare pulizia. Dromomania ed io siamo la stessa cosa.
I miei cari amici finiscono con il cascarci tutti dentro, chi con il ruolo della mia specialista presso cui sono in cura, chi leggendomi racconti dal Brasile o dagli USA, chi registrandomi le loro voci o semplicemente mandandomi email alle 4 del mattino con suggerimenti illuminanti.
Oggi, il programma non è finito. Mancano 5 puntate e ancora ignoro il finale. Ma un po’ mi rendo conto che è un’allegoria del mio destino.


Crearmi delle scadenze e poi rincorrerle; pensare al prossimo progetto senza concludere quello in corso; viaggiare senza soste per non correre il rischio di mettere radici; continuare a scegliere di non scegliere, rendersi conto che, in fondo, non si sta per niente male in questo stato d’animo.
Nei momenti difficili, mi basterà prendere un’altra pastiglia dalla scatola di Dromomania, la malattia che poi è anche la cura.