giovedì, dicembre 30, 2010

In viaggio verso Agadir


Un secchio, una tazza e una stanza caldissima e umida.
Apro un rubinetto, scende acqua bollente che lo riempie.
Poi, col mio secchio in mano e in mutande, guardo tra l’aria densa e vedo alcune persone nella stanza, tutta piastrelle bianche vapore e luci soffuse.

Una in particolare mi fa segno di sedermi accanto a lui e, parlando un esperanto potenzialmente comprensibile o ignoto a chiunque, mi chiede da dove venga.
Alla mia risposta, mi sorride e asserisce, sempre in un mix di parole e gesti, che gli italiani sì, quelli per lui sono i più simpatici di tutti. Addirittura ha 5 parenti che vivono in Italia, anche se non sa dirmi dove.
Hamman in un quartiere popolare, a fianco della Medina di Marrakesh. In questo preciso momento le mie 3 compagne sono dall’altra parte del muro, nella zona riservata alle donne.
Qui da me invece, saremo almeno una decina divisi in due stanze.
Guardo gli altri, sono un po’ indeciso su quello che devo fare. Allora il mio nuovo amico, con baffoni e mutande griffate Ferrari, mi allunga un sapone, mi spiega a gesti come debba passarmi l’acqua bollente lungo i fianchi e le gambe, poi mi dice di stendermi.

Così è un attimo avere la testa libera, o meglio libera di ripensare alle ultime 24 ore.
Il viaggio da Fez è stato agile lungo l’autostrada, la sosta in un’aria di servizio all’altezza di Casablanca ci ha fatto intuire quanto quella città probabilmente sia la più occidentale nei costumi, poi altre 3 ore di strada e l’ingresso a Marrakesh mentre il paesaggio comincia a cambiare davvero, le alture si fanno più sinuose e maestose e il verde comincia ad accompagnarsi a colori più caldi.

L’arrivo alle porte della Medina è giorno del giudizio, mentre la Stefy guida la freccia del deserto tra auto, motorini, autobus, pedoni, pullman turistici, calessi, pedoni, poche biciclette in una babele dei mezzi di trasporto che solo le città del nordafrica sanno esprimere.

La ricerca di una sistemazione, che pareva drammatica, si risolve in breve grazie alla scoperta di un riad semplice quanto accogliente, una vera casa marocchina adattata per ospitare viaggiatori come noi.
La piazza Shmal El Fna è a 5 minuti di cammino e così decidiamo di prendere subito confidenza con quell’insieme di umanità, beni di consumo e colori, grida colori e stregonerie che la popolano. Ci sono molti turisti, provenienti un po’ da tutte le nazioni europee e non solo, ma tutto ciò si spiega con la bellezza e l’unicità di questo luogo che davvero va visto almeno una volta nella vita.
Mentre i venditori di arance ci gridano da lontano e gli incantatori di serpenti e gli stregoni ci vengono incontro, le mani delle mie tre compagne di viaggio vengono sequestrate da una sorridente signora che, con fare noncurante e allegro, comincia a disegnar loro le mani. E’ davvero una professionista, in quattro e quattr’otto ha finito il suo lavoro e le mani di Aurore, Stefania e Simona sono ornate da dolci ghirigori. La trattativa per il pagamento a prestazione eseguita è la parte più bella dello spettacolo, ma come sempre in Marocco è una lotta impari e finisce con un chiaro vincitore.
Poi finiamo a cena in un posto molto chic, trattandoci davvero bene per una sera e sfruttando la possibilità di utilizzare la connessione wifi. Se ci avesse visto, Mark Zukkemberg sarebbe stato fiero di noi.
Ad ogni modo, è un piacere essere turisti qui a Marrakesh.

Senza alcun preavviso, il mio amico di Hamman comincia a massaggiarmi la schiena con le nocche delle dita, premendo verso l’esterno. Una sensazione bellissima.
Alzo lo sguardo e vedo che un po’ tutti si aiutano a distendere i muscoli, massaggiarsi e agevolare il riposo.
E poi, alcuni minuti dopo mentre ci rivestiamo, prosegue una piacevole conversazione fatta di gesti e parole più che altro intuite, ma molto simpatica. Che diversità culturale, ma vicinanza umana.
E’ già ora di ripartire.
Non c’è niente da fare, aveva ragione Cedro: a noi ci ha davvero rovinato il cristianesimo.

mercoledì, dicembre 29, 2010

Diario di Viaggio - "On the road" in Marocco


Fez, 29 dicembre 2010. Ore 10, ripartiti dalla Medina.

Finalmente l’Africa del nord. Voglia di contatto e rapporto diverso con le persone e con le cose. Noi europei sinceramente non siamo pronti a tutto questo, così lo subiamo, lo commentiamo, ne restiamo rapiti.
Marocco dopo le lunghe procedure alle frontiere e l’attraversamento della zona franca di Tangeri, ci appare lussureggiante di verde, di animali allo stato brado, di natura e di alture agresti.

Bello, qualcosa di inaspettato. Pensavo che fosse subito l’Africa della sabbia e degli orizzonti assolati, ma va bene così. Quello che mi aspettavo sono invece le persone, omini sgarruppati e con gli occhi ora spiritati, ora vispi che appena sentono da lontano l’odore di un turista occidentale si accendono e si propongono per qualsiasi cosa, dalla guida turistica al delivery di sostanze naturali, che qui sono parte della tradizione popolare, intrinseci alla cultura di base del paese, come in Italia può esserlo un buon bicchiere di vino in compagnia..

La strada è accogliente, ma diventa insidiosa in un lampo, tra buche, trattori contromano, coppie di ragazzi che camminano sul ciglio noncuranti. La nostra “freccia del deserto” ci dà forza anche quando, improvvisa, sopraggiunge l’oscurità a rendere ancora più complicato il nostro lento cammino tra Chef Chaouan e Fez, lungo un collegamento secondario che si snoda tra le montagne.
 Certe scene rurali al calare della notte ci lasciano senza parole, come l’incedere incessante di pedoni lungo il lato della strada, diretti chissà dove attraverso il nulla. Così ripensiamo quanto facile sia il nostro continuo spostamento quotidiano, quello per andare al lavoro, addirittura anche quello che da Milano ci ha catapultato in 31 ore a Tarifa, estremo lembo meridionale della Spagna. Duemila chilometri tutti d’un fiato e in sicurezza, mentre qui le certezze rischiano di precipitare in una buca improvvisa dietro una curva, o nell’incrocio pericoloso con un camion disattento.

Arriviamo a Fez molto stanchi, vogliosi solo di trovare una sistemazione in fretta e di mangiare. Una quadrupla umida come i Garnì di alta montagna prima di accendere il riscaldamento sarà il nostro posto per la notte, mentre chi sta in condizioni un po’ più critiche viene aiutato con i farmaci giusti e l’immediata cura del sonno. E’ davvero basico sto posto, con turche e docce ai piani e gente che dorme nell’androne, ma la stanchezza e il costo di 200 dirham ce lo fa sembrare adatto.

Scendiamo nella medina che ci appare inestricabile e fredda, e mentre i negozietti chiudono, i ragazzi ci fermano chiedendoci qualunque cosa e offrendo le loro disponibilità a presentarci la città. Abbiamo poca voglia di conoscere a fondo questo labirinto, così finiamo a cena, gustando la fantastica cucina marocchina fatta di couscous, spiedini, thè alla menta lunghe occhiate agli altri tavoli dove affascinanti turisti francesi o statunitensi, sostanzialmente fanno lo stesso.

Bella l’Africa, così diversa e così piena. Piena di colore, di luce, di storia, di voglia di interagire in modo così diverso dal nostro, non importa se sia vero oppure o recitato.
La mattina dopo c’è il tempo di un secondo giro della Medina, che ci fa scoprire le facciate delle moschee, l’improvvisa guida di Abdul, che senza remore ci dice di parlare 5 lingue ma di non sapere né leggere né scrivere, e un baretto fantastico per assaggiare la straordinaria tradizione pasticcera marocchina.
Di fronte a me le mie compagne continuano a scattare foto compulsivamente, mentre io penso alle opportunità perdute di certi ragazzi, e come spesso mi accade alle mie fortune.
E’ già ora di ripartire, un lungo tragitto verso Marrakkech ci attende e la nostra voglia di Hamman dovrà fare i conti con le lunghe ore pigiati sulla Punto.
Avanti, piano piano, lungo il crinale del Marocco e della nostra Dromomania.

giovedì, dicembre 23, 2010

Dromomania, ecco il colpo di scena

Eccoci, la storia comincia a entrare nel vivo: l'intervista alla specialista ci dirà qualcosa in più.



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giovedì, dicembre 16, 2010

Caldo, oppressione e paure: Dubai

La Dromomania di Emanuele lo conduce a Dubai, tra i cantieri e la ricchezza, il caldo e le contraddizionni.
Voi ci andreste, anche solo in vacanza.
Sapete che là c'è chi si professa smemorato e ricorda di sé solo attraverso gli occhi della sua ragazza?
Mi aspetta una lunga intervista con la specialista..


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mercoledì, dicembre 08, 2010

Il Dromomaniaco a Roma, un'alba depressa, l'ipocrisia, i bar e Violante

Nuova puntata di Dromomania, stavolta a Roma.
L'alba solitaria affligge Emanuele, che pensa a ciò che non ha.



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Rivivi la bellezza e l'ipocrisia di Roma con le sue parole.
Lo salveranno gli avventori dei Bar? O l'inseguimento a Violante?

Gabin, from Rome.

giovedì, dicembre 02, 2010

La dromomania fa tappa a Londra: fare i conti con i nostri miti



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Mentre tutti si affannano a porre rimedio ai problemi di streaming ora presenti su tutte le puntate postate sotto, la dromomania non cessa un momento di manifestarsi e continuare a far spostare Emanuele.

Lo specialista l'ha spedito a Londra, città della Tube, della musica, del calcio, dei libri. Dei miti.
Sei pronto a fare i conti con i miti del tuo passato? E' forse ora di aggiornarli, o magari di eliminarli?

martedì, novembre 30, 2010

Sabotaggio! come faranno i miei lettori/ascoltatori dal Japan??!

Accidenti!!
Un amico mi riferisce che tutti i link delle precedenti puntate di Dromomania rimandano a una penosa nenia con la chitarra acustica, niente più tracce delle prima sei puntate di Dromomania. Aaaaahh!!

Sabotaggio!

Nei furenti giorni delle rivelazioni su Wikileaks e di conseguenze rischio di guerra termonucleare globale, era in fondo scontato che anche lamezzastagione non potesse rimanere estranea dagli attacchi delle forze plutocratiche.

La risposta sarà decisa e immediata. Sennò, come mai potranno sopravvivere i miei lettori/ascoltatori dal japan (facciamo che uso il singolare, va là..)???! Vedi qui!


A proposito, che ne dici di questo logo per il programma Dromomania, sabotatori inclusi?

sabato, novembre 27, 2010

13 modi di risponderti

Ben ritrovato. Tanto per cominciare metto un po’ di musica.





Spingi play, per favore. Accenditi una sigaretta....
Poi scusami, ma devo rispondere a un sms. Le risposte possono essere tante..


Ma uffa!


Ti sei goduta, almeno, la giornata di sole?


Certo, mi attaccherò al cioccolato!


Fai finta che non te l'abbia detto, ma vai avanti così


Ti sei persa un grande spettacolo a Teatro, ieri


Sì, ok, ma vieni con me a Londra?


Vorrà dire che mi escogiterò qualcosa per far finta di non essere in attesa!


E' figo costruirsi le storie in testa, al di là di quello che accade :-)


Hai ragione tu, Dai! un altro pò e ce la fai!


Non chiedermi il perché ma dilaterei queste giornate all'infinito


-- poi quelli pensati mentre si parte per la tangente --


Nessuno è un'isola, o siamo tutti isole?


Tanto ti prendo..


"I listen to the people on the street they say; There's never gonna be another, never gonna be another like you.."


-- No, questo no.. è troppo! Però questo pezzo quanto vorrei sussurartelo nell' orecchio... --

mercoledì, novembre 24, 2010

Passione o tradimento? Il dromomaniaco a Barcellona!

Ciao ragazzi,

ecco in anteprima la nuova puntata: il dromomaniaco vola due giorni a Barcellona!


La prossima sarà la puntata chiave, London.. o si svolta o si torna a cantare sotto la doccia!

Il blog lamezzastagione pare poi che sia protagonista il prossimo lunedì su Radio24, nel programma "Io sono qui" di Caccia, Bonini ed Co. Inutile dirvi che non sto nella pelle.

Allo stesso tempo però, queste settimane del cesello radiofonico mi stanno richiamando una grande voglia di riflessioni da scrittura: magari nei prossimi giorni.. 

sabato, novembre 20, 2010

Movimento e allucinazione: Las Vegas

MI contraddico e invece di scrivere continuo a inventare, viaggiare, copiare, arrangiarmi, sognare, incastrare, illudermi... inparando a parlare! Il Dromomaniaco a Las Vegas

sabato, novembre 13, 2010

San Francisco, la città del mondo nuovo

‎".. si dice che tutte le persone che scompaiono vengano poi avvistate a San Francisco, pare che lì si ricostruiscano una vita perchè è l'unico posto che ha tutto quanto occorre per vivere nel mondo nuovo!"
Quarta puntata di Dromomania, dalla California del nord.



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venerdì, novembre 05, 2010

Il dromomane fa tappa a Parigi

Eccomi a Parigi.. ormai oltre a non saper scrivere pare sempre più evidente che peggioro sempre più anche nel parlato, ma un pò lo so il perchè. Senza talento, almeno occorre l'artigianato dello studio. Invece io, nulla!
Prometto di tornare presto alla tastiera, appena la dromomania mi da tregua.

Bye!



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mercoledì, ottobre 27, 2010

La Dromomania prosegue..

Lo so che questo è il posto per scrivere, non ascoltare. Ma tant'è.
Dai questa è un'anteprima, solo qui il programma con un giorno di anticipo!
Tokyo guarirà il Dromomaniaco?

Poi ovviamente torno anche a scrivere.. quando arriveranno cose giuste in testa.
SF mi aspetta per il badge del settimo check in nella Baia. Arrivo! Bye!


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giovedì, ottobre 21, 2010

Dromomania - conoscere le città attraverso la cura del viaggio

Ve ne parlerò meglio molto presto, ma ora fidatevi e ascoltatevi questo robo. E commentate, criticate, partecipate! Buenos Aires curerà il Dromomaniaco?



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martedì, ottobre 19, 2010

Le voglie. Non ho voglia, ho voglia.. come faccio a fare senza??!

Non so come la vedete voi, ma io non so cedere alle tentazioni. E non si tratta di Wilde.
Non so come la vivete voi, ma le voglie sbocciano nella mia testa impreviste, magiche, complete nella loro proposta. Stronze!
Intendo le piccole cose, quelle appunto che più mi lasciano basito per come si manifestano: un atto estremamente preciso ma al tempo stesso irrazionale per il metodo stesso in cui nasce.
Succede che l'altro giorno sto facendo una doccia bollente e improvvisament, salendo da chissà dove, mi invade un bisogno disperato di caffè espresso.
Ma non di una generica tazzina di buona miscela arabica 100%, questa è proprio una specifica voglia di quella tazzina fumente e schiumosa di un macchiato del Bar Vogue (ma non voglio dilungarmi in particolari, ognuno ci metta il suo caffè, il suo bar, il suo barrista, e avrete capito).

Cazzo da sta cosa qua sono del tutto affascinato! Voi no?
Cioè intendo dire: in quale recondito angolo del nostro cervello si attiva la sinapsi che scatena tutto questo?? Ve lo siete mai chiesti per davvero? E riuscite a resisterle, o cedete ad essa il più presto possibile?
Queste dinamiche sotto il profilo scientifico mi sono completamente sconosciute, come immagino a te che stai leggendo, ma proprio per questo finisco inevitabilmente col ficcarci il naso ben dentro.

Tornando al caffè del bar, da buon visivo mi è apparsa l'intera volta celeste della scena: l'ambientazione, le persone, il bancone in marmo rosso, la luce di traverso, i giornali macchiati di marmellata e zucchero a velo aperti e spiegazzati su ltavolo e l'immagine delle volute di fumo che dalle tazzine salivano dritte al mio naso.
Un auditivo, magari avrebbe avvertito risuonare il rimpallo delle ceramiche del piattino sul bancone, o per lo meno le due botte sulla leva del macinino per far scendere la miscela tostata.
Un cinestesico poi, sarebbe stato sopraffatto dall'aroma virtuale mischiato all'odore della pastafrolla, dalla sensazione del contatto tra labbra e tazzina e dell'aria pungente che d'incanto si interrompe, appena con le mani spinge le porte basculanti del bar.

Ognuno ha i propri interruttori di sinapsi, chiaro, è inevitabile. Ma quel che mi domando è perchè accade in quel dato momento e non in altri, e perchè accade? Questo, è un vero mistero.
E non credo siano situazioni strettamente legate al mondo dorato e subdolo del marketing, dinamiche che talvolta riesco a leggere e indirizzare meglio.
Si tratta proprio di "voglie" piccole, spesso gratuite e quasi sempre del tutto scollegate con quanto si sta facendo in quel momento.
Voglia di giocare a pallone sotto la pioggia, di sentire la voce di quell'amico, di rivedere la scena di quel film. Oppure, la voglia di aprire il giornale per primo e  sentire quella senzasione di carta e inchiostro sulle dita, di parlare alla mamma, di nuotare, di passeggiare fumandosi una sigaretta.
Una figata, non c'è che dire. Ma come caspita nascono, queste benedette voglie che ci fanno così imprevedibili e tutti diversi? Che causa scatenante le "attiva"??! Bah!!

E le "non voglie"? Ma ti rendo conto di quante energie spendiamo e quante balle inventiamo con il solo scopo di evitare di fare le cose che dovremmo, ma non vogliamo fare? Ma questo, forse, è un altro discorso.

Dai raccontami le tue piccole, pazze, inevitabili voglie, con cui combatti e alle quali spesso ti arrendi dolcemente. Ma soprattutto dove ti si generano, qual'è la tua causa scatenante? E se non ci hai mai pensato.. beh fallo! C'è un mondo dietro!

Quel tardo pomeriggio, trafelato sotto la doccia, ero ovviamente ed inevitabilmente in ritardo. Ritardo per un appuntamento, una cena o non so nemmeno io che: ma, come sempre, in ritardo.
Eppure, salendo sulla macchina di corsa, mi sono ritrovato ad allungarel'itinerario appositamente e poi, una volta parcheggiato, sono sceso con tutta calma nonostante ciò facesse crescere il ritardo ulteriormente. Volevo gustarmi la scena.
E come me lo sono gustato, quel caffè espresso!
Infine, la solita piccola vezzosa bugia ha "coperto" (per modo di dire, ormai sono veri e propri scketch quelli tra me e lo sfortunato di turno che si ritrova ad aspettarmi, gentil sesso incluso!) le lancette fuggite avanti di una mezzora buona.

Ma vuoi mettere? Mi ero appena "tolto la voglia"!

mercoledì, settembre 29, 2010

Chi sono in 40 domande

Sì lo so, sono cose che non si fanno (scrivere due post al giorno e postare degli elenchi di domande un pochino inutili).
Però ho ricevuto questa lista da una rivistina spagnola del settore in cui lavoro, per una prossima intervista. Queste semplici domande hanno un pregio, quello di costringerti a scegliere. Sempre difficile.

Se vi va scrivetemi la vostra versione del test. Ciao!

Estudios: Relazioni Internazionali
Idiomas: Inglese benino, spagnolo malino
Equipo: beh..
Aficiones: Football, musica, cinema, vela
De joven quería ser…: calciatore, o diplomatico
Coche: la Volvo C30 ma soprattutto la 696, violante
Taller de confianza: questo è lavoro..
Admira: chi possiede umanità
No invitaría a comer: nessun politico italiano
Un recuerdo: l'arrivo a Caprera
Una pena: un terribile incidente d'auto
Un placer: il mare
Una fobia: dimenticarsi qualcosa di importante
Un anhelo: l'equilibrio
Una satisfacción: molte
Un convencimiento: credo nell'amicizia
Un secreto: sono sempre in ritardo
Una ciudad: Londra, San francisco, Buenos Aires
Un país: Brasile
Último libro que ha leído: "One day", David Nicholls
Una película: 8 e 1/2 del maestro fellini
Una canciòn: "Lucky man" dei the Verve
Comida preferida: il pesce
Mejor amigo en el sector: anche quì è lavoro
¿Es creyente? agnostico
¿Y practicante? no, da anni
¿Supersticioso? a volte
¿Qué le hace reír? i bambini
¿A qué le tiene miedo? obbligarmi ad aspettare
¿En qué personaje le gustaría reencarnarse? Gilles Villeneuve
¿Cualquier tiempo pasado fue mejor? quello dell'infanzia
¿Qué es lo primero que ve en una mujer? gli occhi
¿A quién llevaría a una isla desierta? il Gruppo Fefo, Richi, Dr. Pirani, Aurore, Emma, Ale, Sandro, Ghedo, Cristiano, Massi, tanti..
¿A quién abandonaría en una isla desierta? tutti quelli che hanno troppi privilegi
Lo mejor de su carácter: dicono la bontà
Lo peor: dicono la lunaticità
¿Se siente valorado en su profesión? sicuramente
¿Y fuera de ella? molto di più
Los fines de semana… continuo a viaggiare
Por último, cuélguese una medalla. Una medaglia per ogni idea tradotta in progetto concreto, o almeno in cui ho cominciato a lavorare credendoci

e tu?

PS: Aurore, Ghedo, voi fotografi! se vi va passatemi la foto "giusta" da affiancare a questo post, ok?

Ai tifosi succede

Questo post è dedicato ai tifosi. Quelli che partono la domenica mattina per Lecce o Bassano del Grappa. I tifosi di calcio, basket, motori o solo del proprio figlio, o di sé stessi.
Quelli che prendono le ferie per una semifinale di coppa o associano le persone alle squadre per cui tifano. Che vanno bene i tornelli, il biglietto nominale e la tessera del tifoso, basta tifare. Oppure no.

"Succede che si prende la neve, tanta neve sulla Futa per arrivare, poi tanta pioggia in curva per vedere quel pelato scaraventare la palla nell'angolo. Poi bestemmiare, parecchio.

Succede che ci sono tanti cazzi a cui pensare, pure parecchi succhiatempi
che distraggono in rete.

Poi succede che si annusa la partenza del Mister (purtroppo abbastanza
presto), ci si scogliona e finisce la stagione.

Poi l'estate, provo a trovare la linea della bolina perfetta, odio i
quotidiani sportivi e mi rifornisco solo dei brevi dispacci del babbo, che mi dice Mister cambiato, l'ala parte,ci vuole una punta.
Non è disamore, sono colori sbiaditi. Poi la tessera del tifoso, tutto il mio disinteresse.

Poi la cittadella che in fondo è un sogno, che forse la mia città avrà prima un Presidente del Consiglio di un centro sportivo all'altezza. Tutto tira nella direzione sbagliata, come la decisione di fare scorrere e non rinnovare l'abbo. Esiste la crisi del ventottesimo anno da tifoso?

Non so. Ma so che tornerò. Perchè le cose belle, le cose mie, posso sì
perderle, ma solo per un attimo.
Poi, perchè in questi mesi ho tifato a modo mio: viaggiando con la
famiglia quest'estate ci siamo ritrovati al ritiro, dopo un allenamento. Beh vedere mia madre che diceva "sei bello!!" al portiere, oppure "hey tu bolognese!" al difensore, mi ha fatto sentire un alieno. Ma fiero!

Poi a Mosca, per l'ennesima fiera (con annesse gare di bicchierini di
vodka, il resto non lo dico!) che a un certo punto incontro quello semisconosciuto dell'azienda quasi concorrente, che dopo i saluti mi fa "ma è vera quella diceria che tu tifi per loro?", e da lì è un attimo passare a dissertare su quanto ci manca questo, della fattività di quello, di come si possa sfruttare l'assenza dall'Europa. Si ricorda Monaco e Glasgow, i gol del passato e pure quelli del trapassato.

Ci son tanti modi di essere tifosi. La nostra squadra è dov'è ugnuno di noi,ogni giorno."

Da iscf

martedì, settembre 21, 2010

Twitter, Foursquare, fb-like or more. Business tools?!

Questo è Twitter. Più il Bay Bridge, più Frisco, più un bel sogno e delle belle menti



E questo sarà Twitbook a breve, il prossimo "bar" virtuale.



Di Foursquare nemmeno ne parlo, che ci ho capito troppo poco finora (ma sono già Mayor del leggendario stadio Paolo Mazza!).
Secondo voi possono questi essere veri strumenti per generare ed aumentare l'attività di new business personale?
E dove nel mndo: il USA, Europa, Italia? Oppure in Italia E Europa E USA?
Davvero, morirei dalla voglia di mettermi davvero alla prova con questo progetto, hungry&foolish come agli inizi. Vediamo..

mercoledì, settembre 08, 2010

"Amore di alimento": stile di vita italiano?


.. ti inviterei al Festival della Letteratura, alla ricerca di un autografo d'autore. Poi insieme pianificheremmo una fuga romantica d'autunno, a Parigi o Lisbona. Ti farei sbalordire.. 

Beh insomma succede che dieci giorni fa tornavo da Mosca, areoporto Domodedovo.
Che poi nel frattempo sono tornato, poi andato al lavoro e a gozzovigliare alcuni giorni, poi volato in Germania, trasferito su strade amene in Polonia, gozzovigliato alla morte, tornato. Ma questa è la prossima storia.
Beh insomma sono venuti a prelevarmi all'hotel alle 7 a.m., tenete presente che avevo l'aereo alle 13. Sai c'è un traffico terrificante, mi hanno detto, poi i controlli ai passaporti etc etc.
Se solo parti alle 8 am. rischi di non farcela, credimi! Questo il solito refrain. Beh insomma alle 9 a.m. ero già oltre i controlli, con 4 belle ore di cazzeggio puro davanti a me.
Zero voglia di leggere, di lavorare, di starmene seduto in un angolo. Grande voglia di osservare la gente, come sempre.
Allora comincio a gironzolare, osservo i vari negozi, le persone che passeggia, quelli che ingannano il tempo in attesa davanti ai counter, quelli che vanno di fretta.
Allora, Mosca sta letteralmente galoppando, intendo dire che l'economia è un treno in corsa e, più o meno come ho osservato mesi fa in Brasile, in questo momento tutte le classi sociali riescono a goderne i vantaggi. Giusto per fare un esempio, l'interprete-standista in fiera ci diceva che ormai lei compra abbigliamento solo in Italia, dato che per loro risulta molto conveniente. Un volo low cost prenotato in anticipo, alcune decine di migliaia di rubli in borsetta e via, una fuga a Milano risulta assai più economica dello shopping del sabato ai magazzini Gum, che certo un tempo erano il luogo dove si distribuiva pane e farina in quantità uguale per tutti, mentre oggi è uno dei mall più esclusivi del mondo.
Però questo influsso modernizzatore non ha ancora toccato gli aeroporti, e Domodedovo non fa eccezione: ambienti spartani, poche e scomode sedie e panchine, zero musica e lounge fighe. Prendi l'aereo e levati dalle palle! Ecco il senso di ciò che emana quel luogo.

Camminando, arrivo al food court, un'area affollata di bar e un paio di ristoranti, e subito mi cade l'attenzione su quanto apparentemente italiano sembri in quel luogo. Il bar principale è Sbarro, che pur essendo credo una catena di origine statunitense, scimmiotta nei colori e in tutto il resto il cibo italiano.
Giro lo sguardo in alto e quasi casco all'indietro dalle risate!

C'è un cartello enorme, giusto sopra la testa della cameriera, che accanto all'immagine in bianco e nero di una giovane intenta a ricevere un bacio, very Made in Italy, recita testualmente "Amore di alimento".
Io, invece, mi innamoro di quel cartello.
Chissà cosa volevano dirci gli ideatori, cioè se davvero sapevano che stavano inventando in quel momento un neologismo che non significa nulla e mira solo a richiamare l'Italia citando a caso due termini chiave, oppure c'è sotto l'errore del traduttore. Mah!

Sotto, teglie e casseruole colme di cibi informi, dagli stufati di verdure alle salse improbabili, ad ogni modo nulla di paragonabile con quanto si trova la mattina dietro le vetrine dei bar che frequentiamo di solito.

Così, ripensavo allo stile di vita italiano a cui faceva riferimento Irene Tinagli nel suo articolo sulla Stampa che avevo già linkato, della necessità di elevare il valore culturale delle nostre eccellenze, tra cui ovviamente dobbiamo inserire la cucina. Dice la giovane economista fuggita a Madrid "è la cultura e la vita di un popola a marcarne lo stile e a proiettarne l'immagine nel mondo. Ma noi non ci abbiamo mai pensato, non ci siamo mai davvero interrogati su cosa caratterizzasse il nostro stile di vita rendendolo affascinante e attrattivo per milioni di cittadini in tutto il mondo".
E dunque, perché ora chiunque ci scimmiotta e, nel farlo, ci offende culturalmente e ci svilisce economicamente?
Questo esempio a me è sembrato clamoroso, ma pensa all'idea forza che sta dietro a Starbucks: acquistare e oziare al bar, emblema stesso del nostro stile di vita ideale, clonato e messo in scala come business planetario. Oppure Caffè Nero a Londra, ma l'elenco potrebbe essere infinito.

Come mai a Domodevo c'è un bar che imita lo stile di vita culinario italiano e non quello, che so, della Francia con Pain au chocolate e Croissant ridicoli, Foie Gras tiepido e Brie al sapor di burro? Mah.

Però penso che valga la pena domandarselo, poiché come ormai si legge e si ascolta ovunque tra i guru dell'economia e non solo, il nostro futuro passa da questo tipo di offerte, quelle soft, in grado di trasferire messaggi legati a sensazioni e stili di vita. Se non lo sapranno trasformare in business le nostre imprese in modo corretto, saranno altre a farlo e ovviamente male, visto che non hanno né storia né cultura per farlo al meglio.

Un chicco di questa filosofia me l'ha offerta, sempre a Domodedovo, il bar a fianco: "Espressamente" by Illy. Certo il caffè mi è stato servito nel cartoncino, e la spremuta faceva pena, però si denotava l'impegno e il quadro d'insieme non era così male (vedi foto). Che dite?

Un grande esempio di filosofia del cibo italiano di qualità da esportazione è invece costituito da Eataly, la genialata di Farinetti che dopo Torino e Bologna ora lancia la sfida internazionale con l'apertura di questi luoghi dell'eccellenza culinaria italiana nel mondo. Tra loro, enorme la sfida lanciata con l'inaugurazione di New York, di cui parla Bonilli nel suo Papero Giallo. Certo le discussioni non mancano, così come le posizioni radicali che spesso non coniugano il business quindi sono destinate a soccombere, ma certo occorre sottolineare l'enormità dell'operazione anche come grande spot culturale per il nostro paese, comunicato attraverso una delle nostri grandi bandiere che il mondo ci invidia, il cibo.
Non a caso, il genio ideatore Farinetti s'è mosso per avere i due sindaci, Bloomberg e Chiamparino, all'inaugurazione dello spazio tra Broadway e 5th Avenue.

Ecco gli esempi di cui parlare, da cui prendere spunto. La nostra storia e il nostro innato fascino vanno protetti, se vogliamo che siano ancora il volano del nostro benessere prossimo venturo. In caso contrario, lasceremo spazio ai barbari finché anche noi non lo saremo diventati, e purtroppo la china intrapresa sembra quella.

Ma nel frattempo, cacchio, sono reduce da un matrimonio in Polonia! Perla del weekend, uno degli invitati confessandosi con me dopo il novantesimo "piombo" di Vodka Wiborowa al grido di "Nosdrovje!": "... siamo italiani,,, siamo puttanieri.. eeehh.. così è caro mio! Io finché riesco non pago, poi alla fine ... pagherò pur'io.. c'aggiafà!"
Ineffabile. !

lunedì, agosto 30, 2010

Somewhere, c'è un imbuto

Ciao. Ho delle cose da dire, ma non sono ispirato per nulla. Vado avanti, vediamo.

... innanzi tutto: tornando al post precedente, ci sono altre cose che farei con te: per esempio, ti porterei al Festival del Cinema di Venezia, e magari ci imbucheremo alla festa delle produzioni indipendenti a San Servolo. Poi, chissà, sarebbe il turno del Sundance Film Festival, con annessa capatina nella mia beloved Bay Area, nella rada del Berkeley Marina.... potremmo noleggiare un piccolo cabinato e fare qualche bordo di bolina.. ma sono fantasie. Ah! Ti canterei "Something" di George Harrison, appena un sussurro nell'orecchio. E invece chissà che fai, tu.


Vacanze lente ed istruttive ridanciane cenistiche nel posto più bello e idoneo nel mondo, l'Italia.
In questa coda dell'estate c'è chi fa figli, siano esse famiglie di amici o blogger ex "easy going".

Io invece ho fatto un pò di bilancio di metà anno e devo dire che di cose in questo 2010 ne ho intraprese. Tutte, dico tutte, mi hanno lasciato quella sensazione, in coda.

Ho fatto del "quasi teatro", e all'ultima lezione ho colto quell'attimo che mi faceva intravedere tutto quello che ci sarebbe stato dietro&poi, una volta riuscito a spogliarmi di tutte le sovrastrutture.
Sono stato a Parigi, poi Valencia visitando expat che potevo essere io, poi solo per un attimo sono riuscito a cogliere quel che davvero si prova vivendo quell'esperienza. Appena cercavo di rispiegarmelo però, era già scivolato via.
Ho fatto un corso di vela vivendo una bellissima settimana, ma anche lì solo per un momento ho realizzato cosa volesse dire vivere come un equipaggio, in perfetta armonia ma anche in totale balìa degli elementi della natura.
Bellissima sensazione, un soffio di vento che se ne era già andato però.


Tutte esperienze così, interrotte o perlomeno non completate. Cosa potrà significare?


L'itinerare porta consiglio, ma annacqua e rischia di far fare valutazioni sbagliate: le radici, se non ci sono, vanno create. Mia mamma, Fellini, una telefonata o un pomeriggio in piscina hanno irrobustito le mie, così come una sera spera a ricordare i giorni adolescenti al liceo.

Penso che da qualche parte ci sia un imbuto sufficientemente grande da poter buttarci dentro tutto quello che vorrei fare, imparare, esplorare e conoscere, grazie al quale poter poi raccogliere una scelta dall'altra parte. Ma mica la più intelligente o redditizia, no!
Dico la prima che viene fuori, quella presa a cuor leggero dopo aver finalmente sentito la proria vocina dire "ora"! Dicono che è così, che va..
Comunque: quando si realizza finalmente di conoscere un pò di più sè stessi, tutto cambia prospettiva. Sembra quasi di essere curiosi per la prima volta, domandandosi dove si fosse nascosto tutto questo gusto, fino al giorno prima.

Poi sono andato a Mosca, come sempre più o meno di volata, svogliato più che mai. Naturalmente sono rimasto per questo travolto dall'euforia e dal caos, ma anche oppresso dalla bruttezza di certe facciate e di alcuni atteggiamenti. Ma anche quell'esperienza mi ha lasciato un insegnamento. Quando la giovane e rampante civettuola, Managing Director di questa multinazionale tascabilissima ma arcigna (lo si capiva dalla spilletta a forma di utensile appuntata con orgoglio all'occhiello all'occhiello della giacca del suo socio, orribile ma portata con un orgoglio tale che sembrava una rosa), se ne è uscita con questa bordata: "Sognare è bello, ma dire di sì è la cosa in assoluto più bella di tutte!". E pensare che lungo tutti quei giorni, dalle attese all'areoporto ai trasferimenti in taxi, ho tenuto fermo Storytelling dei Bluvertigo dal mio ipod. Ti assicuro che avere i panorami di Mosca davanti agli occhi e sentire "Complicitààààà, il sogno di sempre.." nelle orecchie è davvero qualcosa di strano.




Ho ben chiari nella testa un progetto di business, uno da lanciare in radio (quasi pronto al lancio!) e uno di fotografia ancora in embrione. Penso che in ogni caso vadano covati e portati alla luce, con qualsiasi futuro dinnanzi. Come mai non sto mai fermo, ne trovo sempre una nuova?? Mah! Ad ogni modo, voglia di mettere le energie sull'attività lavorativa pari a zero.

C'è chi va a Londra, chi rivaluta le cose da Parigi, chi riparte dal punto interroto e chi, spero, esplora nuove strade.

Hai letto "Un giorno" di David Nicholls? Il libro più bello degli ultimi 10 anni, davvero. Ognuno di noi vive con una Em o un Dex, vicino o lontano, prima o poi. Stanno già lavorando al film, ma tu prendi e leggi il libro.

Negli ultimi anni ho scoperto Sofia Coppola e credo che il suo tocco - sia come sceneggiatrice che come regista - sia magico, e che quella scena finale di Lost in Translation abbia pochi pari, almeno negli ultimi 10 anni.

Poi, nell'autunno del 2009, durante i miei giri parigini ri-scopro i Phoenix e quel loro indovinatissimo sound dei primi tre pezzi d'acchito di Wolfgang Amadeus Phoenix, uno stile e un ritmo da Tshirt e gilet leggero, foto sfocate controluce e rayban wayfarer addosso.

E ora che ti scopro? Che Thomas Mars cantante e cantautore dei Phoenix è il compagno della Sofia, e che hanno pure due bimbe, Romy e Cosima (!). Vivono a Parigi, dove la luce è perfetta per girare scene, anche soltanto con gli occhi e le mani allungate a mimare un frame. Non vedo l'ora di vedere il suo prossimo imminente lavoro, Somewhere, in lancio al Festival del Cinema di Venezia venerdì 3 settembre. Anche per capire com'è che ci sono così tanti camei interpretati da attrici italiane, anzi pare che una parte del lungometraggio sia ambientata in Italia. Si finisce sempre lì... esiste ancora oggi "La dolce vita" italiana? Nella cucina, forse?? nel patrimonio artistico??
Irene Tinagli qualche settimana fa su La Stampa ha compiuto la solita lucidissima e spietata analisi su quanto si stia drammaticamente perdendo anche questo aspetto ora, a causa di incapacità e politiche della mano tesa laddove occorrerebbe solo pianificazione. Ma ne parlo nel prossimo post.

Scritto di merda, ma forse utile come promemoria sta sbrodolata! Vi lascio con il trailer di Somewhere
PS: come vedete le foto che metto a corredo dei post saranno pure reali e spesso scattate in condizioni di fortuna, o di fretta. Ma fanno cagare!! Amici fotografi, vi va di collaborare matchando qualche vostro scatto con i miei prossimi sproloqui??!







domenica, agosto 15, 2010

Il senso sfocato dei desideri

Ti scriverei un racconto, ti scatterei una foto, ti prenderei per mano lungo Cow Hollow, guardando il Golden Gate.

Mimeremmo le scene dei film della Nouvelle Vague e sorrideresti sotto il broncio alla lounge dell'aeroporto, ripensando alla vista dallo Unique.

"Moon Safari" solo per le nostre orecchie, da Rue Dautancourt fino alla nostra zattera attraccata fuori la metro di Chalk Farm.

O "Somersault", che arriva piano da una finestra mentre mi fai l'apologia di Barcellona e dell'anarchia come forma di governo.

Ti benderei fino al posto 3A, decisi a visitare gli amici d'oriente e di occidente. Saluteresti tutti con due baci sulle guance.

.. e poi ai tavolini di Revoire, Dovesi, dell'Ambasciatori, del Poliziano, dell'Antidote, del Cafè Trieste, al Philosophes, Greco e chissà quanti altri, commenteremmo la folla che passeggia, immaginando le vite degli altri, vizi e virtù.

martedì, agosto 10, 2010

Caprera, Polinesia

Succede che con le persone che ti stanno intorno, persone che non hai mai visto prima e che hanno età, provenienze e lavori diversissimi dai tuoi, nasce qualcosa. Una cosa che non è solo amicizia perché li conosci da troppo poco tempo, una cosa che non è amore perché quello lo riconosceresti. E' una cosa che non hai mai provato perché non sei mai stato in un posto che sembra il paradiso con l'odore del mirto e del mare, perché non hai mai passato 7 ore in mare ogni giorno, perché ogni sera sei stravolto e sei felice e le facce abbronzate che ti stanno intorno assomigliano alla tua, perché sono sorridenti. Allora capisci che non è amore, non è amicizia, è qualcosa di più è come se le persone che ti stanno intorno fossero un po' anche te, come se l'isola e la scuola fossero uno specchio in cui ognuno scopre una parte di sé che non conosceva, e tutti la sera in camerata prima di addormentarsi sentono quel muscolo nuovo che vibra sotto la pelle, e sanno finalmente dargli un nome: si chiama passione e un po' ti fa capire chi sei, perché finalmente hai capito cosa ti piace".
C'è forse qualcosa da aggiungere? Forse sì: che questa è la descrizione del Centro Velico Caprera che diede Matteo Caccia nella sua trasmissione Vendotutto, qualce mese fa, il giorno in cui mise all'asta un corso settimanale di vela.
Le passioni possono essere intrinseche a noi, oppure possiamo scovarle in noi: io ancora non so se mai ho "trovato" una nuova passione nella vela, quindi non so se ho scoperto finalmente qualcos'altro di me, però ho capito il significato di quelle frasi virgolettate là sopra.
L'ho capito perchè ho trascorso una settimana a Caprera, inizialmente tra stanchezza, paura e paura del disinteresse, presto sostituito da desiderio di apprendimento e "distacco" temporaneo dal mio mondo, a loro volta divenuti presto senso di sopraffazione degli elementi naturali sui propri pensieri, incapacità di pensare a tutto quanto era stato lasciato fuori da quell'arcipelago.
In fondo è un pò come sentirsi proiettati in una dimensione paragonabile a quella di "Lost", con un gruppo "nostro" e uno riferibile agli "altri", un senso di mistero e uno di condivisione sempre presenti, le due parti del cerchio come in un Tao.
Ci sono soprannomi che, al solo pronunciarli, hanno il potere di sentirsi come dopo una settimana in una Spa ("Polinesiaaaa!!"), c'è un vocabolario che descrive un mondo di componenti e di azioni nautiche che sembra aramaico all'inizio, e diviene naturale dopo solo una settimana.
C'è che il ritmo è incalzante e sembra di essere sopraffatti, ma come sempre il fisico reagisce prima della mente e la guida al nuovo lifestyle, con naturalezza. Si scoprono compagni di corso che sembrano te, coi loro atteggiamenti e pensieri sull'Italia decadente (ebbene sì, pure lì!), l'altruismo e il cameratismo in barca.
L'ineffabile senso di intima soddisfazione nel constatare che la parola equipaggio significa uno e gruppo allo stesso momento, e che si sta facendo una bella figura nel farne parte.

Poi ci si cerca, si commenta, si condivide una bottiglia di mirto a collo, si canta attorno ad una chitarra. Ci si sente adolescenti a 35 anni, adulti a 18, entusiasti a 60. E poi il discorso di commiato che ci coinvolge e ci commuove. "un pezzo del vostro cuore s'è già staccato e giace sul fondo di Porto Palma"; "Una volta caprerini, per sempre caprerini"; "potrete parlare di tutto questo solo con chi ha vissuto le stesse esperienze: quando vi sembrerà di aver dimenticato tutto, un colpo di vento tra i palazzi in città, o l'azionarsi del tergicristallo, aprirà il portone dei ricordi e un fiume in piena si riverserà su di voi aprendo un mare di sinapsi".
Certe frasi colpiscono duro.
Ancor più forte poi è ritrovarsi a sbirciare all'aeroporto due istruttori scambiarsi effusioni e versare lacrime, dimentichi delle famiglie che li aspettano a casa.
Non so se la vela sia già diventata una mia passione, saranno i prossimi mesi a dirlo. Ad ogni modo Caprera è stata una bellissima esperienza che consiglio a tutti, anche in età adulta. L'insegnamento più grande è sulle passioni in sè: scovarle è un pò come imparare a conoscere sè stessi, qualcosa di straordinario che per questo va inseguito lungo tutto il corso della propria vita. Chi ha passioni, si ricordi di alimentarle sempre; chi non le ha, si dia da fare per trovarne. Il segreto? il solito: mettersi in gioco.

venerdì, luglio 30, 2010

Riprendiamo da: cene, ospitalità, aree di interesse condivise

"Boooh.. non lo so... VAADOOO??!?

N. mi ha invitato a casa di questo tale che manco conosco, per una grigliata.

Che poi io non ho nemmeno tanta fame. E sono pure stancotta dopo la giornataccia oggi al lavoro. Che faccio.. VAADOOO?! Massì.. almeno ci sarà anche la mia amica, così se non so con chi parlare, almeno non mi annoio. Poi magari con un pò di fortuna incontro qualcuno interessante, anche se di questi tempi.. mi accontento di uno appena simpatico GUAARDAA... con alcune aree di interesse condivise, semmai.

Poi mi dicono che ci si diverte là.. dai VADO!

Ok, eehh cosa mi metto??! Mah! direi che è perfetto per semplice top nero aperto dietro e le scarpe aperte davanti, così da far contenti i feticisti. Tutti sti maschi che vanno MAATTII per i piedi scoperti. Come quella volta che al mare ho sorpreso quel signore che me li fotografava col telefonino mentre fingeva di scrivere un sms, quel maiale.."

""Ka' madona ragazit, che FIGATA!! Vabbé ci sarà da tribolare ma vai trenqui che si fa volentieri, che intanto mi faccio quei 3-4 BIRRONI per carburare più 4 chiacchere coi ragazzi.

Da V. ci si SPAVANA sempre, che poi finisce sempre che arriva qualche bella PATATA inaspettata così almeno si sfoga l'occhio, se va bene ci scappa anche il suo telefono.. ANVEDLLORA guarda! Kà madona ac sirada! Che poi finisce che qualcuno SBOCCA nel giardino, nella migliore tradizione!! MOCCCIAAAO c'è anche il canale, amciapp su la canadapesGa che nel caso, una in acqua e una in bocca.. MUUUUAHAAAHAHAAHAHAHAAH!!!

Poi la prosima smana a vag a trùar al Principe MOCCIAAAAAOO!

Grandi salsicce, grandi pitone, grandi castagne!!!! MUAHAHAHAHAH!!! :-)))""


Non sapete la gioia per aver battuto questo record: il record di ospiti nella tradizionale grigliata d’estate a casa dei miei, intendo.

Ormai è una tradizione, ma il bello è che non si sa bene per chi sia una tradizione. Perché ci sono gli amici storici del Gruppo Fefo, ormai in conversione veloce verso il gruppo papà (scopatori!! BRRRA-VI!), poi altre persone che costituiscono la mia “rete” sociale e che muta, cresce, si modifica. Qualche stronzo viene depennato, stop.

Un’altra cosa bellissima, che mi rende estremamente orgoglioso, è che ognuno degli invitati sa che può portare con sé altri amici, sia che io li conosca o che mi siano sconosciuti. L’unica regola è che vengano accompagnati da sorrisi, felicità ed energia, non necessariamente in quest’ordine e tutti insieme.

Insomma l’importante è che si sia tanti, tantissimi, stretti, nel casino, accaldati e costretti a calmarli, mentre continuano a versarsi bicchierini di limoncino o si ostinano a girare la manopola del volume nell’amplificatore.

Come dice il Direttore Stefano Bottoni, in un’intervista a margine della conferenza stampa di presentaione della 23esima edizione del Ferrara Buskers Festival, happening per il quale non ci sono più aggettivi e che rischia di scivolare un pochino nell’ovvio, dicevo come dice lui “che bello!!!”.

Sì, è vero, chebbello!! Perché spesso ci dimentiamo di ricordarcelo e di sottolinearlo. Che ci sono cose che ci fanno stare bene, che ci inorgogliscono, che ci fanno felici.

"The little things that make me so happy..", come cantava Noel Gallagher in un vecchio trasognante B side che non andrebbe mai ascoltato senza essersi accertati di essere sufficientemente forti ed equilibrati, per non rischiare di ritrovarsi con un volto rigato di lacrime salate, ricordando quanto era eccitante fiancheggiare Marble Arch alle 8 e 40 ogni mattina.

A me fa felice l’ospitalità, aggregare persone meglio se per ludici motivi, mi appaga intimamente.

E chi se ne fotte se apparentemente non ho tempo, se tizio non è in buoni rapporti con caio, se costa qualcosa, se devo spendere qualche ora nei giorni precedenti nell’organizzazione, tra spesa preghiere ai miei e una slavina di sms. Se il risultato è quello del 20, mi ripaga di tutto e con altissimi tassi di interesse.

Ma la cosa più bella è data dagli amici che, per puro spirito di servizio e comunione d’intenti, si offrono per dare una mano, per preparare le braci o apparecchiare, offrono quella che rimane la cosa più preziosa: il loro tempo. “Che bello!!”.

Poi quest'anno c'era la coincidenza voluta del 20 luglio, che non ho annunciato ma sapevo essere “El dia del amigo”, celebrato un po’ in tutti i paesi sudamericani e secondo me segno lampante della superiorità culturale di quei modelli sociali rispetto al nostro, tutto stretto tra furberie e menefreghismo dalle gambe corte.

Il 20 luglio occorre fare qualcosa e spendere il proprio tempo per gli amici, e in questo credo davvero di avere assolto ai miei doveri.

Un tempo, credevo di essere bravino in questo tipo di iniziative ma poi, preso dall’ansia della prestazione e dalla cura dei particolari, finivo per non godermela, impegnato com’ero a sostenere la conversazione con chi tendeva ad isolarsi, trovare il ketchup a chi lo chiedeva o raccogliere i piatti per liberare i tavoli per il gelato.

Poi, molto aiutato dall’esperienza accumulata sul lavoro, ho modificato qualche atteggiamento e allentato l’ansia, con ottimi risultati. La Frabetti sarebbe orgogliosa del suo "cane ululante", che ulula ancora ma ha anche imparato a fermarsi, a volte.

Inviti sì, ma senza l’assillo di non avere nemmeno le sedie sufficienti per farli sedere; calcoli sì, ma poi chi se ne frega se c’erano piadine e coca cola per un reggimento e gelato solo per una selezionatissima parte degli invitati alla cena.

"Se ci sarà adesione, energia e promiscuità, tutto il resto andrà di conseguenza" ecco quel che ho pensato e credo di aver ben colto l’anima della serata.

Sapete cosa? Come le feste universitarie a Bologna e Forlì nei ruggenti 90's, anche se quel 2 è stato sostituito da un 3 nella prima casellina dell’età, sono convinto che qualcuno e qualcuna non se ne siano andati se non dopo una bella e sana limonata da sedicenni, magari solo promessa e poi realizzata nel weekend appena concluso. Dichiaratevi!! J

Purtroppo non sono tra quelli di questo gruppo eletto, essendo volato in Spagna la quale ancora una volta mi ha sbattuto in faccia i suoi pregi (tanti) e difetti (pochi ma tenaci): una visita a Valencia nel weekend a trovare gli ennesimi due expat romagnoli (belli e felici) mi ha dato due ulteriori certezze, che le tasse in Italia sono un polipo inesplicabile sennò non si spiegherebbe come le opere pubbliche della sola città che ospita Coppa America di Vela e GP di Formula 1 (con appena un milione di abitanti) siano maggiori delle intere nuove opere architettoniche che spuntano deboli lungo il nostro amato stivale nelgi ultimi 20 anni.

Punto due, strettamente collegato al punto uno: Valencia è una città italiana, nel senso che basta contare ciclicamente fino a 20 ed è semplicemente impossibile non imbattersi in un manipolo di connazionali, siano essi giovani al bar, famiglie all’Oceanografic o attempate signore in spiaggia. E nemmeno nomino i camerieri o ristoratori in genere.

Valencia, Italia.

Mi sa che ha ragione il mio amico Richi: se ci contiamo bene bene, e magari ci infiliamo tutti un mini chip sottocutaneo, scopriremo che siamo più dei cinesi e in un movimento continuo, a scimmiottare un alveare di api continuamente in moto per qualcosa.

Tutti in fuga, tutti a rimpiangere la pizza, il caffè e la bella gente italiana, che non esiste più.

giovedì, luglio 29, 2010

Cene, ospitalità, dromomania..

Avrei mille cose da scrivere, profonde suggestioni e mirabolanti aneddoti e dotte morali, ma cazzo non ho un minuto per scrivere.
Speriamo che il vento, la luce e il mare mi aiutino a ritrovare il mio tempo lento, un tempo profetizzato due anni fa, che sta per tornare. Oppure no.

Provate le nuove funzionalità e mettetevi un raggio di sole d'estate nel taschino :)

ev

domenica, giugno 27, 2010

Presidenti 2.0 a confronto

Tralasciando quello che fa quel sempre più abbronzato di Obama, scopro per caso che nei giorni scorsi il Presidente russo Medvedev ha visitato il quartier generale di Twitter, il programma di microblogging con sede a downtown SanFrancisco. Si è subito attivato un profilo.
Se pensiamo che il nostro presidente fa spesso uso di gogol, direi che siamo in una botte de féro, non trovate?

Ooooh! che Medvedev adesso non se la tiri: pur senza dire nulla di sensato, ho 65 followers pure io!

Due facce della stessa medaglia

Mi sono divertito da morire, che è quello che conta.
Si sono divertiti gli amici che mi hanno accompagnato, che è quello che conta ancora di più.
Ho ricevuto pensieri carinissimi, testimonianze di amicizia leggera che mi hanno anche sorpreso.

L'esperienza di finalista ad uno pseudoconcorso radioletterario, fianco a fianco con un direttore di rete RAI e qualche altra faccia nota del grande schermo credo che mai avrà un seguito, va presa per quel che è ma al contempo mi ha lasciato un piacevole gusto dolce in bocca, soprattutto grazie alle robuste ancate e ai gin tonic nel DJ set post concorso, tra gli autori e i conduttori del programma radiofonico che ha cadenzato le mie sedute di running e parecchie conversazioni non solo con Sandro, negli gli ultimi mesi.
Un racconto, come una fotografia, è luce, prospettiva, intuito e visione delle cose.


Una giornata come quella di Riva del Garda mi ha meravigliosamente richiamato l'attenzione alle relazioni umane, al gusto di raccontare e raccontarsi, alla raffinata goduria e quasi euforia mentale di entrare in contatto con persone affini, solo più talentuose. Mi sono ritrovato persino ad inseguire ragazzi alti barbuti e simpaticissimi per avere qualcosa di più di un'amabile confronto sulle virtù motoristiche della Audi A2, magari il suo numero di cellulare, manco fosse una bella ventenne con gli occhi verdi e la minigonna.

E poi quella è stata la celebrazione della parola in radio, e tanto bastava. Come dice Tiziano Bonini - uno degli autori e la "colonna sonora" di Vendo Tutto, il programma di Radio24 da cui tutto è partito - in una sua bellissima nota a margine, quello di Riva de Garda è stato un momento che ha ribaltato il concetto di radio per un giorno, da diffusa e invisibile a mostrata e raccolta. E' stata davvero come essere ne "La Repubblica" di Platone per una giornata, in cui si parla si racconta e si ascolta senza filtri e la voce segna il perimetro della repubblica stessa, una repubblica fondata sulla libertà di pensiero, sull'empatia e sulla radio, un bel sogno.

Sì insomma c'era da divertirti, ma anche qualcosa in più. Con un piccolo sforzo mi è parso chiaro che nel sottobosco dell'informazione, nonostante tutto, nonostante il digitale terrestre lottizzato e gli editoriali sul TG1, nonostante l'imbarbarimento della TV e "gli italiani hanno dai media quello che vogliono, non certo il contrario" (citazione che arriva dritta da una conversazione al ristorante nei miei giorni a Montreal, città meravigliosa della quale chissà mai se scriverò qui, come per Belo Horizonte. Tanto lo sapete che cosa direi, no?) .. beh nonostante tutto questo vale sempre la pena di cercare programmi come "Vendo Tutto" o "Dispenser", magari anche qualcosa sulla TV in grado di toccare le corde giuste. Perchè ci sono ancora Direttori che suonano la chitarra tra il pubblico o assistenti di redazione che, disponibilissime, si mettono in posa per una foto con te, tre volte se richiesto.
Conduttori che ti chiedono interessati "ma ti piace quel che fai?".
Ma anche amici che prenotano stanze a Riva del Garda senza nemmeno sapere quel che ci sarà, solo perchè consigliati da me e fiduciosi nel seguirmi, quasi sempre. E che poi addirittura mi comprano gli oggetti all'asta e mi ringraziano!!

Una sottile lingua di complicità è passata, limpida e fresca, quella sera. Ho tenuto quella faccia beota e la nostalgia allegra per almeno 3 giorni. Poi l'ho riacquistata dopo la serata di giovedi.

Perchè è chiaro che certe mattate notturne non sono più nelle mie corde, però una cena, un passito, una sigaretta e una magnifica conversazione sono ancora un'alchimia magica.
Anche questo mi ha riportato magnificamente l'attenzione alle relazioni umane, al gusto di raccontare e raccontarsi, alla raffinata goduria e quasi euforia mentale di entrare in contatto con persone affini, solo più talentuose, mannaggia a loro. Due facce della stessa medaglia, non credete?
Ben attento a non spingere troppo sull'aspetto emozionale sennò lei alla fine si sarebbe messa a piangere (eh sì!!), ho capito (ma lo sapevo già) di trovarmi a tavola con la persona più interessante e brillante che avessi conosciuto da mesi e mesi a questa parte.
Intraprendente, ironica, indipendente, intelligente, profonda, cretina, magnetica, piena di esperienze e mai banale. Voglio rubarle qualche segreto sul come faccia ad essere sempre così irresistibile, anche se sarà dura.
Quando mi ha detto, anzi confidato, alcuni suoi pensieri sul valore degli amici e dell'affidabilità, citandomi quasi ad esempio, mi sono sentito orgoglioso, anche se non l'ho dato a vedere.
Certe sere di giugno italiano, fuori da un ristorante greco, sono come una carezza tra i capelli e il collo: vorrei tanto che lo intendesse chi s'è mostrato così angosciato sul proprio futuro ma assolutamente senza alcun motivo ad esclusione della propria mancata pianificazione e capacità di auto-visione. Felicità è la chiave del successo, non certo il contrario. Capito?
Lo vedo su di me e sugli altri così nitidamente che ormai mi sento di fare il suggeritore di questo approccio, senza remore!

Venerdì, nell'arco di 4 ore, sono stato apostrofato da due persone per motivi diversi influenti su di me prima "troppo puro", poi con un " sei un ottimo vicino di tavolo - rimani così!".
Valeva la pena di prenderlo, quel Moment.

martedì, giugno 15, 2010

in finale!


..Travolti da una valanga di racconti e sfiniti da centinaia di ore di lettura, eccovi finalmente l’attesissima lista dei finalisti del concorso Vendoanch’io..




Con queste parole sono stato informato che .. beh sì, anche io sono stato inserito tra i 5 finalisti del Concorso "Vendo Anch'io", ideato dai curatori del programma Vendo Tutto su Radio24.

Per l'autostima, non c'è che dire, una bella botta!

Se sabato sera (il 19) verrete a fare il tifo per me a Riva del Garda, sono certo passerete una bella serata! Poi, mi farete enormemente felice e di certo mi renderete meno tremenda la lettura.. :-)
Sennò, almeno pensatemi profondamente!

Per saperne di più sulle modalità del concorso leggi qui
Per il programma della serata
leggi qui (guarda sotto!)
Per un'idea dei racconti dei miei 4 avversari
leggi qui

Per leggere in
anteprima il mio racconto, scrivimi un messaggio.
Grazie ragazzi, ci vediamo a Riva!

martedì, giugno 08, 2010

Arriva il Mondiale

Però nel paese dei Campioni del Mondo, che rimangono tali, lo si vive con molta tranquillità.

Altrove, una nazione si "sospende" per un mese e tutto, ma proprio tutto, va in secondo piano. Loro davvero, la loro passione per il futbol - e per la patria, potremmo aggiungere - e tutto quel che ne deriva hanno già vinto, prima ancora di scendere in campo. Guardate qui che spot trasmette la TV argentina:







Come si fa a non rimanere affascinati da questo paese che vive una relazione mistica col futbol? E il Brasile?? Per la prossima puntata.
Se vedete spot carini sull'Italia Mundial me li segnalate? Qualcosa un pò meglio di Totti e sua moglie tra le tariffe dei telefoni intendo. Guardate sopra, è ci siamo capiti!

venerdì, maggio 21, 2010

Brasil


Bom dia!
Ero partito preparandomi al sub-continente come se fossimo nel 1983: bossa nova, futbol e cajpirinha.
Ma siamo nel 2010 e in Brasile un milionario ormai può dormire al proprio lato, come asserisce l'utimo numero di Veja, una sorta di Espresso verdeoro (ricordate di aver mai letto un titolo tanto euforico in Italia, ma anche in Europa?).
Il Brasile è sì religione, carnevale e futbol, ma se andate per lavoro state tranquilli: non vi si metteranno a ballare in face non appena aperta la porta della sala riunioni.

San Paolo in effetti dà quella sensazione, intendo quella che si prova solo in certi posti come New York, Los Angeles, Tokyo. Il senso che non finisca mai e che non abbia senso. Però poi a poco a poco la si scopre e si realizza che le code sulle strade sono sì infinite, ma solo nelle ore di punta, in fondo. La sera e a mezzogiorno si scorre veloci e tra i quartieri di Itaim e Jardins ci si impiega 15 minuti appena.
Ci sono il calcio, la Formala 1, la moda (decine e decine di ateliér giusto dietro il nostro hotel), gli hotel a 6 stelle, alcuni dei più sfacciatamente lussuosi shopping center del mondo, il 40% dl PIL del paese, una quantità enorme di belle ragazze, il secondo mercato al mondo per la blindatura delle auto, ristoranti scichi (il modo paulista di leggere chic!) con cucine internazionali, un costo della vita che cambia da quartiere a quartiere come dalla Grecia al Lussemburgo, una società giovane e fiduciosa come mai prima d'ora.
Merito della gente al governo? La questione è aperta e le imminenti elezioni di ottobre aiuteranno a capire, ad ogni modo nessuno mette in dubbio che il Brasile continuerà a crescere molto anche nei prossimi anni, fino a diventare la quinta economia del pianeta entro il 2017 (fonte: la pubblicità sul poggiatesta del seggiolino sul volo TAM di trasferimento interno) .
C'è un'intera via di concessionari auto, tra cui svettano brillanti quelle Ferrari (pare ce ne siano 5 in città), Laborghini e Aston Martin. Le monster 696 come la mia Violante costano 39900 reais, ci sono disco che arrivano a 100 reais per l'ingresso e almeno 20 enormi shopping center creati per il Grupo "A" (un modo a mio vedere volgare ma efficace di segmentare la popolazione della metropoli in base alla ricchezza).
La gente vive il quartiere come se fosse una piccola città nella grande metropoli, raramente ci esce.
I super ricchi abbandonano le ville ("possono essere assaltate!" mi ha detto l'interprete) per i piani alti dei più alti grattacieli (nel senso che le abitazioni sono 3-4 interi piani, gli ultimi, cosine da 2000-3000 mq di appartamentino), protetti da guardie e sorveglianza armata.
C'è un culto per la cucina naturale, per i frullati di frutti tropicali e vitamine, le ragazze sono in genere curatissime e ben vestite ma non mancano giovani obesi e in ciabatte, rigorosamente havaians.

La lingua e i suoi fonemi sono per me ammalianti, bellissimi e vorrei tanto studiarla per arrivare a biascicarlo un pò, il portoghese. Rimane la sensazione di un posto metropolitano e non certo facile, in cui il denaro a disposizione determina la classe sociale di appartenenza e quindi i luoghi a cui avere accesso, senza limiti sia verso l'alto che il basso. Difficile pensare di uscire la sera a fare 4 passi, ci si muove da punto a punto con le antenne dritte. Anche a maggio inoltrato è in genere caldo; al primo refolo di vento in faccia voltando l'angolo non sorprendetevi a sentire un paulista lamentarsi: "ma che frrrreddo!".
Secondo me, in 5 anni diventerà ancora qualcosa di molto diverso e accoglierà tonnellate di lavoratori europei e statunitensi. Lo shock culturale di essere paracadutati in una "società giovane" rimane per me sempre molto difficile da digerire, ma allo stesso tempo bello.
Per la strada tutti vanno a passo spedito, spesso le belle gnocche con il collo del piede o la spalla tatuata ondeggiano, sculettano e ammiccano. Ma nessuna al semaforo si mette a ballare una batucada mannaggia! Tà??

Poi vi dico di Belo Horizonci, per ora um abraco!

giovedì, maggio 06, 2010

Il calcetto e i sussidi francesi

Durante il mio breve soggiorno a Buenos Aires ho sostenuto tanti incontri per lavoro, qualcun altro extralavorativo e in generale passato delle piacevoli giornate. Mi è rimasto quel senso di possibile, esplorabile che credo meriterà repliche.
Ma una cosa, più di ogni altra, dà il senso della vicinanza culturale e dell'umanità della città.
Da tempo seguivo a debita distanza il blog largentina.org e il suo fantastico collettivo di contastorie, giovani neotanos che per seguire un amore o riappropriarsi del tempo sono fuggiti dal belpaese sulle vie di quella che è stata la più grande emigrazione del secolo scorso, ovvero tra le sponde dell'Atlantico: Stati Uniti certo, ma non esiste alcun luogo in cui l'influenza culturale italiana sia più forte che a Baires.
Questi giovani italiani, ragazzi di Alessandria, Bergamo, Roma (ma anche ragazze di Trieste o Latina..) nei giorni scorsi hanno lanciato una sorta di "convocazione" per un calcetto della miglior tradizione pallonara internazionale, Argentina-Italia.
Stanchi di ricorrere ai "Camoranesi" ossia oriundi naturalizzati per quell'ora e mezza, e consapevoli che di giovani italiani nella capitale portena ne vivono a bizzeffe, chiedevano di raggiungere un campetto per sgranchirsi le gambe e levigare la panza.
Beh, succede che rispondo io, per quanto trapiantato per soli 5 giorni. La disponibilità trovata in quel quarto d'ora di chiacchere pre match, parlando con quei ragazzi, non potrò dimenticarla facilmente. Gente dai sorrisi sereni e teste estremamente acute, che in 5 minuti mi hanno fatto sentire uno di loro e con i quali ho proseguito le presentazioni dopo la partita, tirata e forse additittura vinta (la nebbia al cervello dopo troppe - 4 - corse è per me una conseguenza inevitabile).

Non so, mi è parso che quello che ho vissuto sia molto difficilmente replicabile nelle nostre città, almeno al nord, se si ha più di 15 anni. L'agenda va riempita, il tempo e l'orologio guidano le nostre giornate e un pò di grigio e pioggia continuiamo a portarcelo dentro.
Ecco, quei ragazzi mi son sembrati degli adulti adolescenti, nella sua accezioni più fresca e leggera. Gente che, pur con il lavoro e i pargoli a casa, vive in un contesto sconclusionato ma umano e disponibile, in grado di permetterti di vivere il tempo. Chi di voi riesce a riunire in un giorno feriale qualunque, in poche ore, 10 persone per un calcetto all'ultimo sangue e birretta a seguire?

E poi la solita capatina parigina, a godere del bello e del consapevole che c'è da quelle parti: consapevolezza che le tasse diventano automaticamente servizi, che i sussidi sanitari o per la disoccupazione non sono sussidiarietà ma reale sostegno per una vita comunque di qualità, all'interno di una società impeccabile e sempre ricca di stile e di sé. Ecco, quello forse rimane un problema con il quale avrei difficoltà a mischiarmi, alla lunga.
Là le relazioni diffuse e "lente" paiono più essere più rare, un privilegio tra i privilegi.. ma questo aspetto mi rendo conto rappresentare sempre più, per me, la grande difficile e inestimabile ricchezza da accumulare e di cui godere nei prossimi anni, per non dire decenni.

Chiudete gli occhi per due minuti e mezzo.. e sentite questa:



mercoledì, aprile 28, 2010

Baires, urcazza l'oca tu mi tenti città tanta!



Ci vieni per lavoro, pensi di non avere il tempo di nulla. Ma poi il tempo lo trovi.
Le partite alla cancha sono troppo invitanti, così come un cortado y dos alfajores, utilizzando un wifi diffuso dove spesso manco serve la password, si entra e via.
E poi i mille corsi, i ristoranti di design, le strade decadenti e romantiche, i barrios tutti diversi. E la gente, così piacevole. Una società giovane come può non entusiasmare un adultescente come me?
Le ragazze che, incrociandoti, abbassano lo sguardo, poi però lo rialzano.. e il Lunfardo! Ah, che suoni magici.

E poi, il cielo terso: basta alzare lo sguardo e ci si sente in vacanza, mentre sotto tutto si muove in un eccitante disordine, che continua a calamitare qui tanti, da tutto il mondo.
Urcazza l'oca, mi rendo conto che il mio piano B chiede più attenzione.