mercoledì, dicembre 28, 2011

L'Impero di Mezzo, "questa cosa qua" e quello di cui hanno bisogno le donne

E poi viene il momento che vai a Shanghai.


Che era una delle due sole città che mi ero "inventato" lungo il frenetico percorso di "Dromomania", e infatti era uscita proprio male.


Chi parla di "paesi" emergenti, di "BRIC", di "pericolo giallo" mica mai c'è stato, di solito.


Chi c'è stato invece, dice "Shanghai", "Pechino", "Guanzhou" e cioè città, luoghi fisici precisi; al massimo regioni o aree produttive. Perché la Cina è un concetto troppo ampio per essere spiegato: meglio parlare di qualcosa di più piccolo, comunque incomprensibile, decisamente inevitabile se vorremo - noi fragili europei - garantirci uno spazietto, nel futuro mondo del benessere.
Quindi meglio affidarsi a chi ci vive, a Shanghai. A chi lavora a stretto contatto, giorno dopo giorno, con i cinesi e che quindi ha afferrato almeno in parte i costumi, le abitudini.


Alessandro. 
Che è un pò il mio "Ambasciatore nelle terre d'Oriente", o forse addirittura il "Ministro per il Commercio Estero" del mio personalissimo governo, di cui un'altra volta scriverò.


Alessandro, dicevo. Lui è là, io viaggio. 
Allora, faccio in modo di andare là a visitare una fiera, di quelle fatte bene dai tedeschi, che non siamo nemmeno in grado di imitare, noi italiani della fine 2011, con lo spread a 500 che forse, dicono i più incoscienti, magari si rivela addirittura un vantaggio tanto l'interesse è all'8%, e l'Italia mica fallirà. 
Lui mi ospita, casa sua diventa il mio albergo a Shanghai. Vivo per 6 giorni nella sua vita, e decisamente, mi piace.


Shanghai è un rullo compressore in azione, punta di diamante di quel sistema non efficiente ma sicuramente efficace che è la Cina. Credo che mia madre, così come la madre di Alessandro, non riuscirebbero a sopravvivergli nemmeno per un weekend. Ti sovrasta con i suoi flussi, con l'assenza di ogni forma di natura e grazia, con l'equilibrismo di progetti senza programmi urbani, con la necessaria maleducazione dei suoi cittadini.


Che sono in primo luogo bruttini. Cioè bruttissimi. E ti spieghi perchè certe giovani cinesine si rivelino così disponibili all'approccio anche nei brevi spostamenti in metropolitana: lo charme, anzi meno, il buon senso nelle relazioni umane non si può ancora impiantare sottopelle.


Però qui vivono tanti giovani expat, e l'atmosfera è decisamente elettrica. Ok Alessandro mette in guardia sul fatto che i più grandi affari sono già sulla via dell'esaurimento e che il sistema di sviluppo metropolitano e nazionale potrà autoalimentarsi ancora soltanto con un tasso di crescita del 7%, che verrà messo a rischio nella previsioni sul 2012.


Però chissenefrega: qui c'è il senso delle opportunità a un palmo, tra bimbi che pisciano allegramente a 5 metri dalle vetrine di Louis Vuitton e canuti settantenni che devolvono le proprie giornate alla gestione dei flussi pedonali lungo le arterie urbane, grandi o piccole che siano, come se i semafori da soli non fossero un avvertimento sufficiente. 


Ci sono i tedeschi che qui hanno venduto tecnologia; americani che garantiscono la partita di giro tra produzione locale e consumo in patria, finché qualcuno azionerà l'invertitore di fase. Ci sono i francesi che hanno posizionato il loro modello distributivo e spruzzato un pò di allure per le loro destinazioni turistiche; inglesi e olandesi che qui ci commerciano da secoli. Ci sono spagnoli che l'hanno capito da un pezzo che senza lavoro anche la gaudente madrepatria può essere tagliente come una lama.
E poi ci sono gli italiani, con le loro caratteristiche inconfondibili e gli occhi che si muovono veloci: sono isolati, rumorosi, eleganti, geniali, arruffoni, arroganti, in ritardo, ammirati, spesso troppo vecchi per poter gestire la mole di stimoli che li colpisce quotidianamente quando sono qui. Ma ci sono, Alessandro con loro. E io con lui, per qualche giorno.


Invito tutti ad andare a Shanghai e a parlare con qualcuno degli expat che ci vivono: allora comprenderete in un attimo tutto ciò che io non riesco a spiegare qui a parole. Quelle espressioni smart, quell'accozzaglia di inglese "mondializzato" e di metalinguaggi che riunisce attorno ad un tavolo ragazzi delle più disparate nazionalità, accorsi qui a gestire la finanza o importare capi di moda, creare una rete distributiva o ampliare il business di una web agency con clienti dall'altro capo del mondo. Contatti veloci che però lasciano il segno, mentre sorseggio Martini nei bar alla moda di fronte allo skyline di Pudong, che Philip Dick quando scrisse "Do Androids dream of electric sheep?" pensava proprio a questo.


La voglia di fare che pervade gli uffici, quelle strade e quei ristoranti inevitabilmente affascina la gente irrequieta come me, per una settimana estraniata dalle dolorose immobili quotidianità, e spinge fino a fantasticare di un breve trasferimento, 1 o 2 anni, prima di cedere all'inevitabilità di una famiglia, ma anche no perchè queste sono chances che non prevedibili. 


Apprendo che Shanghai è inquinata ma accessibile, senza parchi degni di questo nome ma con una metro così maestosa ed efficiente come in Europa non ne vedremo mai.
Realizzo che a Shanghai il costo del lavoro sta salendo (3000 RMB un impiegato) ma per un dipendente in un'agenzia viaggi fare proposte via email alle 22 è normale. Che ne pensano i nostri fautori delle tutele tout court? E ve lo dice uno di sinistra: le email fendono il mondo da un continente all'anno in un secondo, meditate!

Poi comprendo come Shanghai, in relazione alla dimensione, sia un luogo sicurissimo. Certo, mille volte meno affascinante di Buenos Aires o meno ricco di sventolone dalle cosce chilometriche come a San Paolo, però questo è un dato molto importante.



Poi, nei miei brevi spostamenti in metro pigiato a parecchi musi gialli, ho riflettuto sul fatto che a Shanghai ci vivano almeno un milione di expat secondo stime grezze: infatti ne avevo sempre uno a portata di sguardo, anche lui pigiato ad altri piccoletti. Tutti invariabilmente a smanettare con lo smartphone: eccerto, via VPN aggirano regime e utilizzano fb, twitter e youtube: mica per la rivoluzione, semplicemente per alimentare il contatto con i propri cari lontani 9 fusi orari, o più.

Ripensandoci, davvero non sono riuscito a capire come il "comunismo di mercato" possa trionfare in quella maniera: sperequazioni sociali clamorose, con alcuni che trascinano carretti carichi di legna mentre qualcun altro gli sgasa a fianco dall'alto del suo SUV tedesco. Se non ci si ricorda più quali fossero gli status symbol negli anni dell'arricchimento, ad esempio in Italia negli anni '80, beh quì si possono rinfrescare le idee per benino.. i gioielli, le auto, le case e tutto ciò che costa carissimo!
D'altronde, non sono nemmeno riuscito a spiegarmi se gli shanghaiani siano villani poiché troppi, o troppi poiché villani..

Mi sono ritrovato a pensare a questa energia enorme che emana la città e ho immaginato cosa potessero essere NY o Londra nei tempi d'oro, in cui anche loro l'avevano. Anzi proprio loro, che questa energia l'hanno inventata e senza di essa non potrebbero esistere.


Poi, altri pensieri in libertà che per 5 secondi o 5 minuti mi hanno occupato la testa, in questa epilessia di informazioni e di sensazioni che una visita alle metropoli cinesi oggi provoca: la VolksWagen domina nelle auto, e presto saremo invasi da brand di elettronica a marca cinese, sospinti dalla richiesta interna.
Lo stupore delle chiacchere con sconosciuti in metro lascia sempre con belle sensazioni addosso, e altra voglia di fare.
La vita delle ragazze expat pare essere piuttosto dura: l'offerta è molto ampia e ribassista!

Mi sono sentito apostrofare con sonori "dai! fatti un periodo qua!" da almeno 3 persone, appena conosciute in cene di gruppo, come se fosse una cazzata. Loro, sempre sorridenti e un tantino irriverenti verso ciò che si erano lasciati dietro.

Cose che ho visto: la pubblicità sull'utilizzo degli smartphone a favore della Realtà Aumentata o (Augmented Reality) sugli schermi interattivi della metro, e numerosi touchscreen interattivi al Shanghai New Exhibition Center.
Tutto ciò mi ha confermato ancora una volta come quello non sia un paese in crescita, ma il centro del mondo in divenire. Con queste applicazioni noi al massimo ci giochiamo, e i marketing managers sghignazzano al pensiero di utilizzarli per fare business: là sono in marcia, e questa è esattamente una corsa. 


A Shanghai ho amaramente dedotto che siamo già poveri, Italia e buona parte d'Europa. Nella prossima generazione l'epicentro sarà tutto sul Pacifico, con buona pace dei figli dei miei amici che dovranno armarsi di pazienza e tanta voglia di viaggiare. 
E fra 10 anni, dove sarò io? Nella migliore delle ipotesi ancora impegnato a salire sugli aerei tutti i mesi, perchè sarà inevitabile e perchè ogni viaggio porta esperienze e sensazioni che nessun libro, video o app potrà mai sostituire, ma il sol fatto di saperli utilizzare li fa meglio comprendere.




In quei giorni conosco, tra gli amici di Ale, una producer di CNBC e una giovane italiana che ha aperto il primo ufficio in Cina di un'azienda italiana di strumenti optometrici, le famose multinazionali tascabili di estrema nicchia che ancora ci tengono a galla. 
La vita della producer, di Singapore, è di qualità, tra viaggi e press day all'ambasciata USA, ma pur sempre una vita da controllata. L'italiana si da un sacco da fare, con ritmi di lavoro intensi e un quotidiano elettrico di progetti senza storico.


Due persone brillanti, intelligenti e molto, molto stimolanti. Finisco con l'andare a cena con loro e alla fine non rincasiamo prima delle due. All'inizio della serata avevo chiesto all'italiana quale fosse la cosa, in assoluto, che più stava amando di questa sua esperienza che l'aveva sradicata dalla provincia mantovana e catapultata tra le vie della french concession, e lei aveva titubato nel rispondere.


Finiamo in un fantastico ristorante spagnolo e la serata si rivela decisamente interessante, di quelle incui viene spontaneo fare domande, anche le più indagatrici, perchè non si vede l'ora di sentire le risposte e poterle confrontare con il proprio mindset. Spaziamo dalla geopolitica alla cucina, dai luoghi di villeggiatura alla musica, dai diritti umani alle relazioni di coppia. Bello, raro. Ed è giusto che sia così: serate del genere occorre andarsele a cercare dall'altro capo del mondo.
Ad un tratto l'italiana mi afferra un polso e con il suo sguardo ironico e l'espressione soddisfatta mi fa: "Ecco, questa cosa qua! Mi avevi forse chiesto la cosa che più di ogni altra amo vivendo qui? Eccola! E' questo, le serate come questa, avere la possibilità di mettere tutto ciò in cui credo in discussione perchè mi ritrovo a parlare con persone così interessanti, con background e visioni del mondo così diverse. E gli stimoli che scaturiscono. C'è forse qualcosa di meglio? Per avere questo, ben sopporto tutto ciò che non mi piace!". 
Limpido, incontestabile. Raramente sono stato più d'accordo che con questa affermazione.


Ma la serata non era finita, e così approfondendo l'inesplicabile tema delle relazioni tra gli uomini (che vengono da Marte!) e le donne (che, oh certo!, sono di Venere!!) ed essendo in minoranza, decido che è giunto il momento di attaccare, per potersi difendere. 
"Sentite voi, con amori intercontinentali e desideri di affermazione: me lo volete dire cosa vogliono davvero le donne?!".
A seguire, dopo una fragorosa e infinita risata amplificata dalle coppe di prosecco che teniamo tra le mani, ne sento  davvero di ironiche, affascinanti, corrosive teorie, mentre ci allunghiamo comodi sui divani al piano superiore. 


"Le donne donne vogliono uomini che risolvano il problema, o che almeno diano l'impressione di saperlo fare!", questo il riassunto delle loro risposte.


"Ma guarda che lo sappiamo, che le donne inventano problemi già risolti, per il solo gusto di farci credere che siamo stati noi a farlo: tutto parte da voi!!", e mentre pago il conto, mi conquisto l'ultimo applauso della serata.. alè!


"Count on your blessing my dear!" mi dice una sconosciuta mentre salgo sull'aereo. Macchè, è la mia vicina di posto, 12G. Ha un sorriso bellissimo, un pò di lentiggini e un viso furbo. Mi fa l'occhiolino, poi si gira dall'altra parte. E a me viene una gran voglia di conoscerla, questa straniera della business class. 
Forse tutte queste letture saranno inutili, stavolta. Davvero.

giovedì, novembre 10, 2011

I fondamentali

C'è chi va, chi viene, chi latita.

Io, tutti e tre. E in più, rilancio.

36 anni (ancora per poco), curioso e preoccupato, con ancora quasi tutto da fare.
Iero ho fatto una bella corsa, e ho intuito che decrescere è forse passare dal multitasking al fare una cosa alla volta.
Cercando di comprendere cos'è, per me, quello che è l'acqua per il pesce. E non ditemi l'aria!

a presto

giovedì, settembre 15, 2011

Tracce, presto su Radio Città Fujiko

Ciao ragazzi,
con buona pace del Ciccio e forse altri due lettori che "odiavano" l'inserto della trasmissione radiofonica "Dromomania" invece dei soliti, vecchi, cari post... sono lieto di annunciarvi che sta per partire una nuova avventura radiofonica. Ecco il testo di presentazione:

Ti piace scrivere racconti brevi? Radio Città Fujiko ti sta cercando. Partecipa al concorso!



Tracce - Vite raccontate in tre parole è un nuovo programma della fascia serale che avrà inizio prossimamente. Il tema è semplice: un oggetto, un luogo, un nome. Racconta un oggetto, descrivi un luogo, rivela la storia di qualcuno partendo dal suo nome, dal luogo in cui vive e dall'oggetto che più lo caratterizza.


Inviaci il tuo racconto (massimo 3 pagine!) partendo da queste semplici indicazioni. Puoi scrivere di una persona cara lontana, di tuo nonno. di qualcuno che abbia una storia curiosa. I migliori saranno selezionati e diventeranno protagonisti di una puntata del programma Tracce. A fine stagione, il racconto migliore riceverà un premio. Dopo la stagione di Dromomania - Conoscere le città attraverso la cura del viaggio, con questo nuovo programma Emanuele ti porterà in viaggio dentro le storie quotidiane, le vite di molti di noi.


Mettiti alla prova, diventa protagonista!


Invia il racconto alla e-mail concorsi@radiocittafujiko.it.
Per informazioni puoi chiamare il numero 051 7401371.

Dai non arrabbiatevi, piuttosto fatemi un grosso "in bocca al lupo"!

martedì, agosto 30, 2011

C'è così tanto da fare

Basterebbero dieci minuti per scriverlo, sto post.
Ma c'è così tanto da fare..

C'è da sfogliare tutta la pila di riviste, quotidiani e stampe di articoli raccolti su internet appoggiate su quel ripiano, poi ritagliarli, metterli in un folder, e magari non leggerli mai. C'è da leggere quel fondo sull'ipad, e quel commento su yelp. Il futuro è nel palmo di una mano.

C'è da ripassare l'inglese, leggere il Paìs, ogni tanto. E' davvero l'ora di studiare il francese, che quello sarà il passacondotto per una vecchiaia più onorevole. Parabéns, non devo dimenticarmi del brasiliano!! Nel 2014 c'è da vivere i mondiali e il mondo in ascesa, là.

C'è da visitare tutto il mondo.. c'è da andare in Thailandia e in Provenza, alle Fiji e alle terme, in Mongolia con un'ambulanza e a vela nell'Oceano indiano. C'è da starsene un pò a casa. C'è da capire dov'è la casa, se può avere le ruotine sotto.

C'è da fare una famiglia, figli. Oppure no, c'è da restare solo. C'è da vivere in comunità. C'è da condividere la vita con una persona che non consideravo minimamente, e non mi accorgevo di come fosse meravigliosa.

C'è da diventare un timoniere, o almeno un prodiere. C'è da ricominciare a guadagnare spigliatezza, riprendere l'hobby del teatro, o almeno dell'improvvisazione creativa. C'è da imparare a scrivere creativamente ma con metodo.
C'è da imparare per arrivare a perdere una regata, abbozzare 4 accordi di chitarra, allenare i bambini allo sport. Voglio imparare a cucinare nel retro del Riva Cucina, così perfeziono anche l'inglese; 6 mesi potranno bastare.

C'è da conoscere la prossima persona con cui entrerò in empatia, la prossima ragazza che mi farà sobbalzare, la prossima scoperta sensazionale. C'è da guardare negli occhi la persona che mi salverà la vita, o magari quella a cui la salverò io.

C'è da scrivere il nuovo programma per Radio Fujiko. Magari sarà un successo: mollerò il lavoro e diventerò un curatore e autore di programmi radiofonici e televisivi. Scriverò libri e sarò invitato alle conferenze.
Invece, magari non riuscirò nemmeno a scrivere la prossima prima puntata: la fantasia va coltivata con altra fantasia, io non l'ho fatto e così sono rimasto a piedi.

C'è da vivere una vita in Emilia, sospeso tra Ferrara e Bologna. No, definitivamente a Bologna. Magari invio qualche cv e mi ritrovo a Milano. Oppure litigo col capo, faccio fagotto con i pochi risparmi e vado a Parigi, che lì la sanità è gratuita. C'è una comunità, il mondo sembra girare in spin un pò più velocemente.
Può anche essere che rimanga solo: anche lì ho un piano, il piano BA: vado a Buenos Aires e me la rido da là. Magari mi ritrovo a Montpelleir, o Verona.

C'è da andare a VeDRO', al Festival del Cinema di Venezia, al Montreaux Jazz Festival, a Las Fallas, a Glanstonbury, in quella città ideale costruita da architetti italiani vicino a Phoenix. C'è da andare a vedere tutti i film al BAFICI, poi il superclàsico, The Burning Man. C'è da vedere Noel Gallagher alla Royal Albert Hall, c'è da ascoltare tutte le conferenze del Festival di Internazionale, prender parte al prossimo raduno di Caterpillar e dei programmi di Caccia e Bonini. C'è da rispondere all'invito per la cena della Vittoria della Giraffa.

C'è da rileggere e studiare Keplero e Cartesio; Ricardo, Galileo e Keynes. Che Benini al liceo me li ha fatti odiare, o perlomeno non mi ci ha fatto innamorare, e invece c'è tutto da succhiare dalle loro parole.

C'è da vedere tutti i film dei fratelli Coen, aprire un dibattito dopo la proiezione di Novecento o di 8 e 1/2, rimanere a parlare fino all'alba. E non dimentico I 400 colpi, Bergman, anche Wenders e Altman.

C'è da conoscere Oscar Farinetti e Bonilli, Federico Taddia e Paolo Zito. Capire cosa girava in testa a Olivetti e come mai oggi tutti i dirigenti e gli AD oggi non abbiano un briciolo del suo genio e del suo intuito.

C'è da leggere tutto David Foster Wallace, poi magari Hemingway, indubbiamente "L'uomo senza qualità" di Musil, ma dopo i 40 anni.

C'è da aprire una partita IVA, sviluppare un'idea, assumere almeno una persona. C'è da avere successo, poi recesso. C'è da evadere, fuggire, fallire. Risorgere. Oppure c'è da rimanere dipendenti tutta la vita, qualche lampo ogni tanto e un'infinita attesa di non essere più giovani. C'è da vincere denaro e vivere di rendita, oppure sperperare quel poco e vivere d'inedia.

C'è da scendere in politica e diventare sindaco, o almeno amministratore di condominio. C'è da parlare con la gente, cercare risposte etiche. Faticare, nascondere le preoccupazioni e tentare di portare fiducia. Oppure c'è da connivere con gli inganni e chiudere un occhio per egoismo e umana protezione familiare. C'è da diventare lobbista, non dico diplomatico ma arrivare alle istituzioni europee, quando l'Europa non ci sarà più.

C'è da sorridere ogni mattina, tenere i conti delle uscite e delle entrate, non farsi fregare dai giornali e leggere solo quelli brasiliani.
C'è da organizzare una cena tra amici al mese, c'è da fare da Trait d'Union tra di loro, che magari nascono nuove liasons. C'è da essere diplomatici senza perdere la rotta: credere sempre nella verità.

C'è da rimanere al lavoro fino ai 70 anni, accendere un mutuo per una casa più grande, informarsi sui piani di accumulo perchè quel momento arriva, per tutti. No, invece c'è da dimettersi, fare due conti nelle proprie tasche e fare un gran tour, per conoscere e interpretare il futuro. Nel frattempo, due uragani saranno passati, e le stime di crescita saranno riviste al ribasso.

C'è da trascurarsi e ammalarsi, lottare e curarsi. C'è da avere fiducia.

C'è da onorare un impegno preso con un bambino oltre 25 anni fa, correre lungo un prato con una bandiera in mano. Che poi mi scappa da ridere, la mia disaffezione sa di tradimento. Che poi alla fine magari un bimbo ci sarà davvero, su quel prato.
C'è da dare a Vittoria quei 2, 3 consigli spero giusti, al momento giusto.

C'è questo e molto altro da fare, che mi sa che una vita non basta.
"La Filosofia va studiata non per amore delle risposte precise alle domande che essa pone, perchè nessuna risposta precisa si può conoscere, ma èiuttosto per amore delle domande stesse: esse ampliano la nostra concezione di ciò che è possibile, arricchiscono la nostra immaginazione e intaccano l'arroganza dogmatica che preclude la mente alla speculazione"

Bertrand Russel

martedì, luglio 26, 2011

Ma come! Mancava anche Napoli e Mosca all'appello!

Ok, vale come giustificazione dire che in quel periodo lavoravo 14 ore al giorno girando come una trottola tra padiglioni e sedi di eventi pseudo mondani?!
No, chiaramente.
Mi rendo conto ora di avere omesso i link delle puntate su Napoli (doppia!), Mosca e Caprera.
Per i miei due ascoltatori via blog, la sequenza è Montreal (la trovate sotto), Napoli, Mosca (le trovate qui) poi Stoccolma (il post precedente) quindi Caprera (di nuovo qui) e infine il Gran Final che sta un paio di post sotto.

Insomma un gran delirio!
Intanto qui si ragiona sulla nuova sfida, ispirato dai grandi scopritori di storie e i suoi narratori. Sarà "Oggetto, luogo, nome" oppure "La deriva"?
Chissà. L'importante è avere ancora tempo e ispirazione!







Giuro che poi ho finito!

.. la puntata mancante: Stoccolma!
Marghe, enjoy your voice!


venerdì, luglio 15, 2011

Ah già è vero! Dromomania, anche se non finisce mai, è finito!

Qui trovate le ultime due puntate, o meglio la season's finale che è un puntatone diviso in due, come ogni megaproduzione che si rispetti!
Questo il testo a margine dell'ultima puntata:
Tales-travel radio program "Dromomania", the diary of a trip-sick guy.

That's the last episode, thanks for having been travelled with Dromomania Airlines!

La storia di Emanuele, affetto da Dromomania, il continuo bisogno di spostarsi per non morire. Conoscere le città attraverso la cura del viaggio. Puntata 35, finisce qui.
Il viaggio è verso le persone, non i luoghi!
Grazie per aver viaggiato con Dromomania Airlines!

Bello o brutto che sia, sono felice di averlo fatto, di aver terminato per una volta un progetto pensato, di averne come sempre altri milel in testa.
Rallegratevi perchè per un pò non troverete più quel noioso tasto "play" da schiacciare in mezzo alla scatola di medicinali. Il mio auspicio è di fare un paio di mesi di scrittura a sentimento, come ai vecchi tempi.

martedì, luglio 05, 2011

"lasca la randa daaai!"

Sole Sale Sardegna Sailing.
Quel servizio militare che non ho mai fatto.
Persone con cui entri in empatia, altre con cui in modo naturale ti respingi.

La fatica non ti fa pensare, non ricordi cosa hai lasciato a casa. Non ricordi casa.
Con qualche titubanza, ti tuffi. Scruti gli sguardi degli altri.
Osservi le ragazze e ti chiedi cos'è la seducenza.

Le persone più pazze sono quelle più profonde e serie.
Che bello cantare insieme mentre si risale di bolina cercando l'angolo perfetto

Se non ti metti in gioco, che vivi a fare? Non trovarti mai a farti questa domanda quando sarà troppo tardi!

Vanni, Nicolò, Eccellenza, Mimmo, Vale, i messaggi di quello dello scorso anno, "i frocioni co i'baraccano" di Port Rafael, il mirto e le scoperte. A presto Caprera!

Fabrizio de André - Il pescatore
Francesco Guccini - La locomotiva
Luciano Ligabue - Certe notti
Francesco De Gregori - Rimmel
Lucio Dalla - Disperato erotico stomp
Francesco De Gregori - Buffalo Bill
Eugenio Bennato - Brigante se more
Roberto Vecchioni - Samarcanda
Lucio Battisti - Il mio canto libero

lunedì, maggio 02, 2011

Il racconto che mi racconta

Ancora una volta ci provo, e mando un raccontino alla redazione di "Io sono qui", che poi è un pò il seguito di "Vendo tutto". Sempre Radio 24, sempre Matteo Caccia, Tiziano Bonini, Stefano D'Andrea e gli altri.

C'è un concorso, ci saranno dei selezionati. Io ho già dato l'anno scorso, ma in fondo sono a credito di una borsa, dico bene?

Ditemi che ne pensate.

Dromomania

 
Marta scende dal treno dimenticando il suo libro sul sedile: “le città invisibili".


All’interno, leggo la biografia di Italo Calvino e apprendo che, per un periodo ha condotto una vita itinerante, muovendosi tra Torino, Parigi, Roma e New York in un circolo vizioso. In quella biografia viene definito dromomaniaco, un termine che mai avevo sentito prima.


Mi fermo, ci penso. Penso ai prossimi viaggi che mi attendono: Madrid, Montreal e Mosca.
Allora, questo sono io. Anche io sono così, penso.
Un’amica mi ripete sempre: tu sei malato di viaggio! Poi mi presenta un tale che lavora in una radio locale, suggerendo di trasformare i miei continui spostamenti in un programma. Lui, accetta entusiasta.


Cosi mi ritrovo a inventare uno script, un concetto per dare un senso a quell'appuntamento settimanale in radio: ribalto l’affermazione dell'amica lasciandone inalterato il significato, e comincio a raccontare la storia di un ragazzo che è costretto a viaggiare per non morire, un Dromomaniaco appunto.
Mi invento che la Dromomania è una malattia riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale, che una specialista dromomaniaca mi prescrive viaggi come “cura”. La realtà, un pó diversa, è che viaggio tanto soprattutto per lavoro, ma é questo il modo che ho deciso di utilizzare per trasformare e reinterpretare quel che faccio, con un pizzico di autoanalisi improvvisata. Incredibile, senza quasi accorgermene produco un programma in radio; le cose sono accadute da sole, è bastato solo seguirle con intuito.
Poi, raccontando le avventure di questo malato tra Buenos Aires e Tokyo, Parigi e Londra, mi scontro con il fatto che la sequenza di quelle puntate radio, pur condite da elementi romanzati e altri inventati di sana pianta, dicono di me più di quello che volessi.
Mano a mano, inevitabilmente, mi rendo conto che non sono più solo io a elaborare i racconti che scrivo, ma anche loro influenzano me. Divento sempre più le storie che racconto, creando addirittura falsi miti sul mio conto.


Ormai, per tutti, sono affetto da Dromomania: per questo non posso più derogare dal personaggio, persino nella vita reale. Sono in scacco.
Il programma radio favorisce paradossi che un po’ mi vergogno a raccontare: registro la puntata su Dubai a Londra, ad esempio. Oppure finisco le bozze della puntata su Istanbul alle 6, poi di filata al lavoro.


Ormai é la mia oasi della fantasia, il tentativo maldestro di aiutarmi a comprendere ciò che davvero mi serve a fare pulizia. Dromomania ed io siamo la stessa cosa.
I miei cari amici finiscono con il cascarci tutti dentro, chi con il ruolo della mia specialista presso cui sono in cura, chi leggendomi racconti dal Brasile o dagli USA, chi registrandomi le loro voci o semplicemente mandandomi email alle 4 del mattino con suggerimenti illuminanti.
Oggi, il programma non è finito. Mancano 5 puntate e ancora ignoro il finale. Ma un po’ mi rendo conto che è un’allegoria del mio destino.


Crearmi delle scadenze e poi rincorrerle; pensare al prossimo progetto senza concludere quello in corso; viaggiare senza soste per non correre il rischio di mettere radici; continuare a scegliere di non scegliere, rendersi conto che, in fondo, non si sta per niente male in questo stato d’animo.
Nei momenti difficili, mi basterà prendere un’altra pastiglia dalla scatola di Dromomania, la malattia che poi è anche la cura.


sabato, aprile 30, 2011

Dromomania a Montreal, tra consapevolezza e valore della gentilezza

Ebbena sì, Emanuele arriva a Montreal ed è tempo di separarsi da Violante e andare incontro alle ultime spiegazioni date alla parola viaggio.

Ascoltate...


venerdì, aprile 22, 2011

Dromomania quasi ricostruisce un muro a Berlino: quello dell'incomunicabilità

Ventiseiesima puntata di Dromomania, da Berlino. Tra difficoltà, egoismi, incomprensioni, ricerche di angeli e vite da passeggeri, si va verso la conclusione.

Ma voi l'avete mai visto un posto più brutto di Alexanderplatz?!
Ascoltate qui, e ditemi che ve ne pare di mixcloud. L'importante è rimanere in movimento..


giovedì, aprile 14, 2011

venerdì, aprile 08, 2011

.. a Istanbul

Ebbene sì, la dromomania passa anche da istanbul, città baluardo sacro per le razze e per gli uomini.
Ma soprattutto, una città-set.

Andateci!


giovedì, aprile 07, 2011

Da Porto Alegre

Dromomania ormai sempre più in marcia.
La puntata da Porto Alegre, sede dell'utopia meravigliosa del forum sociale mondiale.


mercoledì, marzo 30, 2011

iPhone, Rayban, Mini e SUV, belle fighe in giro col cane e tempo. Ecco gli indicatori del benessere oggi. E quelli del futuro?

Ero in giro, poche ore fa, finalmente in simpatica compagnia, dopo il lavoro. Davanti a me, il Bosforo. Dietro, le mura di Costantinopoli e il quartiere Bebek.
Fortunatamente ho realizzato che le sinapsi mi funzionano ancora, non sono del tutto inebetito!!

Avevo in mente un'immagine piuttosto chiara di Istanbul. Ora, va bene che si è arricchita, però ero ancora fortemente alla ricerca di bar scalcinati per una shisha su un tappeto, o una corsa in taxi su una eroica FIAT 132... invece le cose qui non è che cambiano, galoppano.

Mi ritrovo a prendere un thé in un quartiere davvero bellissimo, per la sua collocazione e la vista straordinaria dei ponti sul Bosforo. Sa tanto di occidente, di ricchezza codificata. Ci penso poi capisco: dipende dalle cose, quelle che rivelano una ricchezza plastificata, ovunque in tutto il mondo. Sono qui ma potrei essere a Gemmayze, Sausalito, Recoleta, Jardins, Salamanca e tutti i quartieri fighi del mondo.

Sono le cose, che marcano la differenza. Vedo tre belle ragazze, altro nuovo prodotto impiantato nella città baluardo sacro delle razze e degli uomini... ma mi richiama l'attenzione la sua mano. Impugna un iPhone, ultimo modello naturalmente.
Poi, tentiamo di attraversare la strada ma ce lo impedisce il passaggio di auto: SUV, SUV, Mini Cooper color madreperla, SUV.
Seduti al bar, sulla destra mi trattengo dal ridere osservando un gruppo di ragazzi che non si leva gli occhiali anche se non ce n'è assoluto bisogno. Poi stringo gli occhi e cerco di cogliere il particolare: tranne uno, indossano tutti il modello Rayban Wayfarer, dalle mille sfumature di colori.

Ordiniamo il nostro thè e osserviamo il passaggio: un fiume di gente, tra cui spiccano per eccentricità un numero enorme di belle figliole. Tutte vestite fintamente trasandato e tutte con un cane al guinzaglio, meglio se di quelli col pelo color miele.

Infine, la cosa più disarmante. Io sono qui per lavoro, in questo bar per puro caso, solo perchè ho terminato il lavoro in anticipo e sarebbe un delitto fare un breve giro alla scoperta della città. Non so quando mi ricapiterà mai un pomeriggio di un giorno feriale, a casa o in giro che sia, da spendere bellamente seduto al tavolino di un bar a osservare la gente. Invece, attorno a me vedo una moltitudine; tutti questi posti chic traboccano di gente alle 3 di un pomeriggio qualunque. Gente, gente che di martedì pomeriggio invece di lavorare compra i fiori, corre in tuta, conversa, ride, fa inversioni a U col proprio SUV.

Ed ecco che, a descrizione conclusa, mi rendo conto che ho appena trascritto le cinque cose che raccontano la ricchezza oggi. Ci sono tutte, e in grande quantità, in tutte le "vie giuste" del pianeta. Ora, ammetto che costatare che anche Istanbul fa parte i questo club, proprio insensibile non mi ha lasciato. Ma il fatto qui è un altro: possibile che nel 2011 i luoghi cool e tutti i "ricchi" possano somigliarsi così tanto nei costumi e nella propensione alle spese?
So cosa state dicendo: "questa è la globalizzazione, baby!". Sì, ok ok. Ma la fantasia, quella dove la mettiamo?!

Da qui si arriva alla seconda considerazione, molto più interessante: Istanbul è meravigliosa e in certe zone anche decisamente ricca, ma non venitemi a raccontare che detta anche tendenze, che non è vero. Quindi la domanda rimane aperta: quali saranno gli oggetti o le abitudini che definiscono "la ricchezza", in futuro? Dove e quali sono le città incubatrici di questo mutamento?
Intendo dire: ci sarà un posto in cui dire "no, non ho l'auto, ho solo quel trabiccolo elettrico" equivale a dichiarare il proprio C/C milionario. Sei d'accordo? Un posto in cui "fa ricco" avere in mano un giornale, una mela, quella di un figlio.

Sono convinto che, nonostante il nostro essere cazzoni, qualcuno sta costruendo quel futuro. Per ogni classe sociale. Naturalmente, omologato.



lunedì, marzo 28, 2011

Dromomania a San Paolo, tra Garoa e i miti del Brasile

Puntata 22, in Brasile attraverso la porta di servizio di San Paolo.
Uno stato mentale prima ancora che geografico.

Vediamo che succede. Fatemi sapere se vi piace mixcloud, il nuovo arnese per ascoltare le puntate.
Se piace, clicca like.

martedì, marzo 15, 2011

Y vamos pa' Madrriiid....



Eccoci gente!
Ventesima e ventunesima puntata di Dromomania: Violante ed Emanuele a Madrid, soppesando amore e amicizia e affrontando improvvise crisi.
Per chi non ne può davvero più e mi domanda di tornare alla scrittura: portare avanti le cose insieme, visto il tempo risicato, è impossibile. Ma anche a me sta tornando la voglia riflessiva di scrivere.
Da metà giugno, tornerò alla mia consueta attività, non dopo aver sparato le ultime cartucce con Dromomania!




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sabato, febbraio 26, 2011

Deviazioni di cuore: non New York, ma Beirut. La città dove amore e morte fondono gli opposti quotidiani


Nuova tappa di Dromomania, Emanuele disattende la prescrizione della Zimmermann e segue Violante a Beirut.
Le contraddizioni di questo luogo magico, raccontate dagli autori e lette dagli amici.

I primi due racconti degli ascoltatori. La Dromomania, non si ferma mai.

Beirut parte 1


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e Parte 2



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mercoledì, febbraio 09, 2011

Nuova tappa, l'affascinante Lisbona

La cura prosegue..... le scelte si fanno più difficili.



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martedì, febbraio 01, 2011

Il ritorno a Parigi di Emanuele il Dromomaniaco


A volte Dromomania ritorna. Stavolta, a Parigi.
La rassegna Maison & Objet e il significato delle fiere; 
l'incontro a Chez Justine con Julian e la sua storia.
Parigi e il significato di evoluzione.

Emanuele incrocia Violante, e la segue.


martedì, gennaio 25, 2011

Atene e l'immobilismo che ti frega: Dromomania goes on

Emanuele riprende la cura con metodi classici: volo e due giorni random.
Atene è la meta, classica ed immobile.
La scelta di scegliere invece di subire quelle degli altri.
La ragazza giapponese si scioglie in un sorriso.



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mercoledì, gennaio 19, 2011

Dromomania incrocia Dogon Challenge e Wacky Racers: in auto attraversando l'Africa nord occidentale

Ancora Dromomania e ancora Dogon Challenge: seconda e ultima parte di questo rally benefico, insieme alla specialista Dr.ssa Zimmermann e al team Wacky Racers
Teoria delle Relazioni Internazionali e metodologia di attraversamento dei confini: un compendio per la vita!
Dedicato ad Aurore, Stefania, Simona e Teo



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lunedì, gennaio 17, 2011

Dromomania cerca racconti di viaggio e lancia il concorso!

DROMOMANIA LANCIA IL CONCORSO!
Invia il tuo racconto di viaggio (massimo 30 righe, anche come commento qui sotto), riesuma i tuoi vecchi diari o pesca dal tuo blog e dalle tue poesie giovanili!

La redazione di Dromomania sceglierà ogni settimana il migliore, che verrà letto in trasmissione e vincerà la splendida Tshirt Dromomania-Radio Città Fujiko.

LIBERA LA TUA FANTASIA!!

giovedì, gennaio 13, 2011

Dromomania incrocia Dogon Challenge e Wacky Racers: in auto lungo le città del Marocco

La Dromomania di Emanuele non si placa, anzi riparte forte. 
Tenacia, caso e incoscienza lo portano a conoscere il Dogon Challenge e ad iscriversi a questo rally benefico, insieme alla specialista Dr.ssa Zimmermann, come parte del pazzo team Wacky Racers.
"Chi ha fretta, è già morto"



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domenica, gennaio 09, 2011

Dromomania, seconda parte dell'intervista alla specialista



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Riusciranno le parole della Dr.ssa Natasha Zimmermann a offrirci spunti di riflessione su questa ineffabile malattia, la Dromomania?

martedì, gennaio 04, 2011

Laayoune, Casablanca.. il lungo ritorno di un viaggio interrotto.

Il timbro sul passaporto dice 2 JAN 2011, sono passati solo sei giorni da quell'altro timbro sul traghetto da Tarifa a Tangeri, due in più se calcoliamo dal momento della partenza da Milano e da casa.

Cazzo è stato un attimo, un viaggio che ora comprendo essere innanzi tutto interrotto; domani sarò già in ufficio, anche se con la barba trasandata e lo sguardo assente.

Sono stato bene ma ammetto che nulla mi si è rivelato, nessuna visione mistica mi ha fatto intravedere la tanto inseguita svolta.

Non so dire il perchè, ma pur avendolo attraversato in lungo e in largo io l'anima del Marocco temo proprio di non averla compresa. E quel che è peggio, temo di non aver compreso nemmeno i pensieri che hanno occupato la testa, durante l'ultima settimana, forse nemmeno quella dei miei compagni di avventura.

Perché si va a Bamako in macchina, senza darsi il tempo di conoscere adeguatamente i luoghi che si stanno attraversando? Perché si passa il capodanno in un paesino remoto, presidiato solo da pescatori, biscazzieri e presunti biologi naturalisti innamorati dei poteri taumaturgici delle Mangrovie, senza quasi far caso al momento fatidico degli auguri?
Non lo so, solo altro tempo di decantazione forse me lo farà comprendere.

So solo che la compagnia è stata piacevole, anche se non è avvenuta una vera e propria esondazione di empatia. 
Fino a che sono stato parte del team, ognuno in ultima istanza è rimasto nel proprio territorio, anche se sono convinto che ora, negli avventurosi sentieri che collegano la Mauritania al Senegal, sfiorando campi minati e chissà che altro, molti argini comportamentali siano stati travolti, con conseguenze insospettabili.
Ma poi ripenso che la natura ci ha aiutato.. aiutato a condividere certi momenti, ad esempio. Poi strani rumori all'interno delle Medine ci hanno rapito, anche solo per un attimo, ma ancor di più è stato così quando ci siamo fermati di fronte a quel promontorio sulla spiaggia incontaminata, le dune poco dopo, o il tramonto infinito di mille sfumature.

Forse è colpa mia, dovevo forzare la mano e arrivare fino alla fine - fino al Mali - con gli altri, rischiando qualcosa in più di una multa per mancata precedenza. Garantire agli altri Wacky Racers il mio folle e idiota tip quotidiano. Non so.

Ma riesco a farmene una ragione piuttosto velocemente: in fondo sono un Sagittario e pertanto a metà dell'opera, come sempre, sono già con la mente totalmente immerso in quella successiva.
Ad Agadir ho sentito chiaro questo passaggio, sfavorito da notizie che mi giungevano dal nostro primo mondo, e che avrei volentieri rimandato al mittente stampate sulle nocche del mio pugno.

Le mie prossime missioni, tra uno spostamento e l'altro, si chiamano esperienza internazionale ed M.
Se per la seconda mi sento alla stregua di un cavallo bendato che subisced nerbate e corre all'impazzata senza meta, con la bava alla bocca e la testa vuota, per la prima il suo vero nome potrebbe anche essere la "discorso numero 2", dato il tempo dacché l'ho cristallizzata nel cervello.
Prima o poi accennerò anche ai miei personali discorsi numero 3, poi il fatidico numero 1.

Ieri, durante la lunga attesa all'aeroporto di Laayoune, d'un tratto sono stato scosso da uno dei miei momenti rivelatori, uno di quelli in cui tutto appare chiaro e semplice: ma quando ho tentato di codificarlo, naturalmente se ne era già andato, appena in tempo per non essere acciuffato.
Se ho interpretato correttamente, afferiva a qualcosa legato alla fiducia, all'investimento su di me, al soddisfacimento di un mio antico bisogno primario e, in definitiva, ad una terapia d'urto contro il mio eterno viaggiare munito di guinzaglio.

Ammetto di invidiare coloro i quali possono vantare lunghi soggiorni all'estero, nei quali la loro personalità è andata arricchendosi: io no.
Per rimediare, non contrasto ma quasi alimento questa mia dromomania che mi spinge ovunque, ma sempre sotto controllo.
Che siano due giorno o due settimane, faccio sempre ritorno a casa, per poi morire dalla voglia di ripartire.
In questo un pò mi faccio paura: sono sulla via del ritorno ma, al contempo, sento che sarei prontissimo a ripartire domani stesso, per dovunque.
Perché non ho affetti radicati? Perché non ho ancora trovato quel che sto cercando? Perché sono un cretino? Chissà.

Quel che è chiaro, ancora una volta, è che sono dominato da pensieri egoistici e dedicati esclusivamente a me stesso. Chissà se mai migliorerò. un giorno, o la vita mi aiuterà a migliorare.
Il realtà, credo che il diario di questo mio viaggio in Marocco su un'auto conti davvero poco: il cuore non sta nemmeno nei lunghi e difficili chilometri che stanno percorrendo ora Stefania, Aurore, Simona e Teo, compagni viaggiatori verso il Mali.
Il loro coraggio, la loro tenacia e curiosità sono encomiabili, ma sbiadiscono di fronte alle storie delle persone che abbiamo incontrato.

Avrà davvero una famiglia la guida improvvisata di Chefchaouen? 
Riuscirà la cameriera del bar verso Malaga ad andare finalmente a fare visita al fratello, che da sette anni vive e lavora a Roma?
E loro, i bimbi di Bamako, cosa penseranno quando vedranno quei visi pallidi e allegri scendere dalle auto colorate? 
Le loro madri, cosa penseranno?
Davvero, in fondo in fondo, non vogliono i nostri aiuti ma gradirebbero più di ogni altra cosa, in cuor loro, essere lasciati in pace a vivere le dinamiche antropologiche e sociali che li contraddistinguono?

Come cambierà la vita quotidiana, le scelte di ogni giorno di Stefania, Simona, Aurore e Teo dopo aver deciso di guidare una vecchia Punto lungo tutta l'Africa nord occidentale, invece di concedersi alcuni giorni in montagna o nelle grandi e scintillanti capitali europee per capodanno?

Riusciranno a riflettere i loro cambiamenti, se mai ci saranno, nelle loro relazioni con gli altri?
Rallenteranno? Saranno più felici o perlomeno più consapevoli? 
Credo che debbano sentirsi fortunati per il solo fatto di poter vivere questa opportunità.

Il mio proposito per il 2011 è di osservare di più il mondo che mi circonda, tentando di mettermi davvero a disposizione. 
In quel modo, sarà un pò più probabile che possano arrivare le risposte rivelatrici al mio "discorso numero 2", e magari anche al numero 1 e 3.

Volo AT 952 - posto 6F