giovedì, maggio 06, 2010

Il calcetto e i sussidi francesi

Durante il mio breve soggiorno a Buenos Aires ho sostenuto tanti incontri per lavoro, qualcun altro extralavorativo e in generale passato delle piacevoli giornate. Mi è rimasto quel senso di possibile, esplorabile che credo meriterà repliche.
Ma una cosa, più di ogni altra, dà il senso della vicinanza culturale e dell'umanità della città.
Da tempo seguivo a debita distanza il blog largentina.org e il suo fantastico collettivo di contastorie, giovani neotanos che per seguire un amore o riappropriarsi del tempo sono fuggiti dal belpaese sulle vie di quella che è stata la più grande emigrazione del secolo scorso, ovvero tra le sponde dell'Atlantico: Stati Uniti certo, ma non esiste alcun luogo in cui l'influenza culturale italiana sia più forte che a Baires.
Questi giovani italiani, ragazzi di Alessandria, Bergamo, Roma (ma anche ragazze di Trieste o Latina..) nei giorni scorsi hanno lanciato una sorta di "convocazione" per un calcetto della miglior tradizione pallonara internazionale, Argentina-Italia.
Stanchi di ricorrere ai "Camoranesi" ossia oriundi naturalizzati per quell'ora e mezza, e consapevoli che di giovani italiani nella capitale portena ne vivono a bizzeffe, chiedevano di raggiungere un campetto per sgranchirsi le gambe e levigare la panza.
Beh, succede che rispondo io, per quanto trapiantato per soli 5 giorni. La disponibilità trovata in quel quarto d'ora di chiacchere pre match, parlando con quei ragazzi, non potrò dimenticarla facilmente. Gente dai sorrisi sereni e teste estremamente acute, che in 5 minuti mi hanno fatto sentire uno di loro e con i quali ho proseguito le presentazioni dopo la partita, tirata e forse additittura vinta (la nebbia al cervello dopo troppe - 4 - corse è per me una conseguenza inevitabile).

Non so, mi è parso che quello che ho vissuto sia molto difficilmente replicabile nelle nostre città, almeno al nord, se si ha più di 15 anni. L'agenda va riempita, il tempo e l'orologio guidano le nostre giornate e un pò di grigio e pioggia continuiamo a portarcelo dentro.
Ecco, quei ragazzi mi son sembrati degli adulti adolescenti, nella sua accezioni più fresca e leggera. Gente che, pur con il lavoro e i pargoli a casa, vive in un contesto sconclusionato ma umano e disponibile, in grado di permetterti di vivere il tempo. Chi di voi riesce a riunire in un giorno feriale qualunque, in poche ore, 10 persone per un calcetto all'ultimo sangue e birretta a seguire?

E poi la solita capatina parigina, a godere del bello e del consapevole che c'è da quelle parti: consapevolezza che le tasse diventano automaticamente servizi, che i sussidi sanitari o per la disoccupazione non sono sussidiarietà ma reale sostegno per una vita comunque di qualità, all'interno di una società impeccabile e sempre ricca di stile e di sé. Ecco, quello forse rimane un problema con il quale avrei difficoltà a mischiarmi, alla lunga.
Là le relazioni diffuse e "lente" paiono più essere più rare, un privilegio tra i privilegi.. ma questo aspetto mi rendo conto rappresentare sempre più, per me, la grande difficile e inestimabile ricchezza da accumulare e di cui godere nei prossimi anni, per non dire decenni.

Chiudete gli occhi per due minuti e mezzo.. e sentite questa:



6 commenti:

sandro ha detto...

...chiedimi se avrei giocato volentieri qlla partita?!?
"Chi di voi riesce a riunire in un giorno feriale qualunque, in poche ore, 10 persone per un calcetto all'ultimo sangue e birretta a seguire?"....mi sono chiesto la stessa cosa l'ultima volta che sono stato a Barcellona..

Tanoka ha detto...

Troppo buono. Ti aspettiamo per la prossima.
un abrazo

Ghedo ha detto...

Mmmmmmh...
Allora, dico questo.
Ti leggo sempre e ti seguo da tempo, oltre che conoscerti personalmente e stimarti da ancora più tempo.
Però...c'è un però.
Il leit motiv dei post, da un po' di tempo a questa parte, verte sulle virtù e sulle magnificenze che caratterizzano alcune (o molte?) realtà presenti oltre i patri confini.
La domanda mi sorge spontanea, e te la giro: e allora?
Cioè, voglio dire, o qui uno si ricrea quelle situazioni oppure, se le reputa migliori, se le va a cercare stabilmente in quei luoghi.
Decantare l'estero e, in parte, denigrare il nostrano, alla lunga non so se ci posa condurre da qualche parte.
Umilissimo quanto personalissimo parere.

ev ha detto...

Finalmente una critica!
Grazie Ghedo.

Un pò è perchè mi viene più facile essere ispirato quando sono in viaggio, ma un pò è innegabile dipende dal fatto che c'è una sofferenza. O sono esterofilo. O sono troppo portato a fare paragoni.

In effetti è così, anche se il mio pensiero non va a qualsiasi posto, ma si concentra su 2, forse solo uno.
Le oggettive difficoltà date da una scelta di cambio sono una faccia della medaglia, la voglia di farlo quell'altra.

l'ideale sarebbe pellegrinare!

Anonimo ha detto...

mi unisco a ghedo..
mi permetto una critica, spero costruttiva, negli intenti lo è..
il tuo post più bello, fra tanti che ho già dichiarato essermi piaciuti moltissimo, è quello un pò snobbato del fare..
mi unisco a ghedo nel senso che essere dappertutto vuole anche dire non essere da nessuna parte..pellegrinare vuol dire non esserci, o esserci per se stessi..
occorre una scelta del fare, occorre passare dall'osservazione alla sperimentazione ed infine alla pratica..
potresti scoprire di avere le caratteristiche per creare qui quello che vedi là..passare da spettatore a protagonista..dal guardare, assaporare, conoscere, parlare e scrivere al fare..
mentre si fantastica su argentina e francia, dall'oriente han conquistato via scandiana..qui c'è bisogno di tutti, soprattuto di chi ha idee, sa concretizzarle e ha voglia di fare..
Saluti,
Ci

ev ha detto...

Ciao Ci!! :))))