mercoledì, maggio 28, 2008

Ci pensavo da un pò, e non solo io.. Che città sei?

Non prendetemi per matto (e scusatemi per l'assenza, ma i cieli d'Europa solcati in orizzontale, verticale e diagonale hanno influito... e poi avevo troppe cose da dire e non mi decidevo), ma questa domanda mi ronzava in testa ormai da anni, soprattutto da quando alcuni amici hanno compiuto la scelta consapevole di cambiare città, nazione e hanno deciso di farlo per la vita.

Perchè accade tutto questo?

Ora, è noto a tutti come Nick Hornby, alcuni amici ed io viviamo di classifiche e guidiamo la nostra vita grazie a loro. Ne ho redatte di ogni genere negli anni, da quella sul miglior terzino sinistro della Fiorentina a quella sul migliore "B side" dei singoli degli Oasis, ma sulle città no, non sono riuscito mai a metterle in aperta comparazione. Troppe cose da buttare sulla bilancia del confronto, dal clima agli intrattenimenti, dalle chance di lavoro a quelle di vita.. e poi il posto in cui si nasce dà un certo tipo di imprinting che non puoi poi "lavare"... anche se molti sembrano stare bene solo lontano dalla propria hometown, oppure dopo un lungo periodo passato all'estero si riscoprono persone nuove.

E dunque?

Una risposta americanocentrica arriva dall'economista visionario Richard Florida, il quale dopo aver enunciato nei suoi precedenti scritti la propria teoria circa l'Economia della "Classe Creatività" e di come essa governerà il mondo del futuro (più idealista che neorealista il ragazzo..), arriva con questo nuovo libro "Who's your city"(chissà mai se arriverà in Europa arricchito di nuove sezioni ad hoc) a indicarci la via del nostro futuro, nel posto più adatto a noi.

"La nuova classe creativa sta rendendo sempre più il luogo in cui vivere la più importante scelta della nostra vita!", questo il suo postulato di partenza. In effetti, per certi versi è lapalissiano: un pubblicitario si troverà meglio a Milano, un broker finanziario a Londra o NY...
Però c'è dell'altro.

C'è la parte non facilmente misurabile, quella offerta dai viaggi, dalle amicizie, dagli amori vissuti in luoghi che rimangono nella mente e poi finiscono con il ritornare. Oppure da casi della vita (I tipping points!) che ci fanno piovere in un posto e non abbandonarlo più.

Fino a un paio di generazioni fa, questi concetti non avrebbero trovato spazio, se non tra gli emigranti. Si nasceva e si cresceva in un posto, e l'eminenza grigia al massimo era il farmacista del paese.

Ma ora no, viviamo nell'economia del trasporto e della multiresidenzialità di vita.
Sarà il prossimo viaggio in Dubai a suggerirmi tutto questo, ma anche pensando a me stesso, pur rimanendo profondamente legato al mio triangolo territoriale emiliano-romagnolo, che rappresenta il germe di tutto quanto sono ora, anche io ho almeno tre città-sogno nelle quali sto vivendo vite parallele ed immaginarie, che magari potranno diventare vite future: Firenze, Londra, San Francisco. Ci sono mille ragioni e nessuna, ma ormai mi considero non un viaggiatore ma un pendolare da e per quei luoghi.

E voi, ci sono luoghi del cuore, città in cui avete vissuto, vivete o vivreste che pensate vi possano rappresentare al meglio, nelle quali tirereste fuori il meglio di voi? O è solo il luogo in cui si nasce la vera città che siamo?

E su questa scia il discorso credo potrebbe allargarsi alle professioni, ma anche al concetto stesso di famiglia. Facile dirsi controcorrente o spiriti liberi, più dira liberarsi degli schemi o delle convenzioni.

Un'amica recentemente mi ha suggerito: "ognuno dovrebbe definire il proprio concetto di famiglia, quindi metterlo in pratica" e mi ha trovato d'accordo. Nelle convenzioni ce n'è una sola, per chi non l'accetta la soluzione è la fuga o l'accettazione dello stato delle cose. Invece si potrebbe cercare di perseguire davvero i propri presupposti di benessere e felicità, soprattutto quando si ha la straordinaria fortuna di riscire a condividerli con qualcuno.

E come si fa, quando si cresce nella convinzione di dover diventare ingegnere, quando invece dentro ci si sente tanto cuoco? Occorre coraggio per essere all'altezza dei sogni che ognuno di noi crea. Nella città giusta, forse è più facile tradurli in realtà.

Quello che davvero ci manca, in misura diversa ma davvero un pò a tutti in Italia, è il coraggio di seguire ciò che davvero si è. Speriamo arrivino presto quei giorni.

While reading this, please listen to:
- Radiohead; Creep
- Red Hot Chili Pepper; Under The Bridge
- Pink Floyd; Any Colour You Like
Vice/Manu

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Senti un po', tipping points.....ma non ti pare strano che tu abbia scritto questo post e la sera stessa si sia parlato di questa cosa? Ognuno dovrebbe avere il coraggio di essere ciò che si sente e di perseguire questo obiettivo. E' un caso che abbia incontrato Carlo di Cattolica dopo 10 anni giusti dalla nostra abilitazione? E' un caso se la punta del compasso sembra voglia spostarsi un po' più a sud? E il fatalismo, è una debolezza dell'essere umano (e dello essere umani)o una convinzione del proprio futuro?

ev ha detto...

Non ho voluto dirtelo per non sembrare troppo telepatico o "paraculo" :)
E la colonna sonora, che ne dici?

Anonimo ha detto...

Colonna sonora di spessore...ci aggiungerei l'ultimo singolo dei Coldplay...acsì, alla cazzo di cane, come devono essree prese certe decisioni, con la spensieratezza e l'incoscienza che non vorremmo mai perdere...