sabato, dicembre 29, 2012

Quella pallina che vibra sottopelle

Sono reduce da una bella, anzi bellissima serata.
Una cena tra amici, inviti a casa mia a cui rispondono quasi tutti (e portano tutti le loro leccornie) e poi l'idea un pò struggente un pò ribelle un pò crudele e un pò sbruffona di andare a ballare.
Torno a casa ora, alle 3.45, e noto sul tavolo 8 bottiglie stese, quasi tutte di Berlucchi o di Champagne, e mi sento felice.
Poi penso che dovrei essere qualcosa di più di "felice", dovrei sentirmi come l'uomo più felice del mondo, in questo momento. Perchè ho fatto una serata come dico io, perchè conosco belle persone come amici, perchè abbiamo ascoltato della bella musica, perchè la vita è adesso.
E perchè tutto potrebbe finire in un battito di ciglia.

Lo so che non è bello pensarci, che sarebbe più facile persare al capodanno imminente. ma il pensiero va inevitabilmente a quella sera.

Un altro pò di amici intercettati in giro, una cara amica matta e simpatica che vive lontano, alcuni dei residenti che riempiono allegramente parecchi weekend. L'appuntamento è in un bar brit e conosciuto, su cui converge anche Federico, che non vedo da un pò.

Lui arriva e presto ci isoliamo, lui ha voglia di parlare e io di ascoltarlo, stasera.
Mi mostra i tatuaggi, mi parla della sua morosa matta bella e innamoratissima che lo sostiene, mi ammonisce sul fatto che i bei tempi a Bruxelles sono andati, ora è costretto a tre cicli di dialisi a settimana nel nuovo ospedale in periferia, che la cosa lo scoccia e gli fa paura, e che a settimane lo attende l'intervento.

Federico è rimasto vittima di una malattia autoimmune, un organo che prima funziona perfettamente poi smette di farlo, così senza una ragione, e per lui cominciano i casini.

La vita e la sua splendida pulizia lo aiutano: la sua ragazza è una stella caduta dal cielo sul suo cammino, decide di seguirlo e lo fa fino alle estreme conseguenze: lascia anche lei Bruxelles e lo segue a Ferrara, non chiede nulla, gli offre sorrisi e strampalatezza, gli rienpie le giornate e gli dà un pò di ragioni per avere voglia di svegliarsi la mattina.
Poi un giorno gli dicono che dovrà andare a Pisa ad operarsi, i massimi specialisti sono là, e così lui si caga sotto, chiede se è possibile evitarla, questa operazione, ma gli dicono che no non è possibile evitarla, anche se smettesse di bere le sue amate Guinness.
Fede mi confessa a cuore aperto che ha paura, che teme il rigetto, che odia anche il fatto che nella migliore delle ipotesi questo nuovo rene tra 20 anni sarà da sostituie di nuovo, mi dice che certe mattine è proprio dura alzarsi dal letto, tra una nuotata ansimante prima che comincino i corsi e i libri della laurea specialistica che ci vuole davvero troppa voglia per aprirli.

C'è che la provoncia gli sta sulle palle, è sempre scappato da lì ma lì occorre stare ora, vicino alla mano amica della famiglia, con una ragazza meravigliosa e splendida accanto, che non chiede nulla e dà amore. Non credo di credere in Dio, ma a a volte accadono cose che la ragione non può spiegare.

Fede entra nei particolari, mi descrive come avviene il processo della dialisi, cosa avviene al sangue in quei cicli e perchè è obbligato a farli così spesso. Mi parla delle vene, di come occorra averle elastiche. Io annuisco, ma non ho idea di cosa stia parlando.
Lui mi sorride sornione e buono nei suoi 27 anni struggenti e mi allunga l'avambraccio, invitandomi a toccare il suo polso. "Dai, su!" insiste. Allora io lo sfioro con un dito, poi mi fermo con il polpastrello e incrocio il suo sguardo.
Una pallina che vibra, vibra incessantemente, appena sottopelle.
Serve per tenergli la vena "aperta", per lui ormai è una compagna di viaggio, per me è uno shock incredibile, un attimo in cui penso a lui, alle sue pene, a me, alle mie fortune, a tutti quelli che ci stanno attorno, alle loro smanie e alle loro lamentele.
Un rene aspetta Fede, e lui mi sembra un gigante, compreso tra le sue paure e la sua dignità splendida, appariscente come i suoi 3 tatuaggi che si è fatto tutti insieme, lui proprio lui che non li amava, perchè dopo sarà troppo pericoloso farli a causa delle possibili infezioni.

Fede, stanotte penso a te e alle mie fortune.

1 commento:

Ghedo ha detto...

Mi ricordo quando lo raccontasti...ebbene, qui è ancora più toccante, struggente e bellissimo e ansimante ed emotivo e....ben scritto, as usual.